Il presidente del Consiglio apre a Firenze la campagna per il sì. E poche ore prima, da Perugia, si dice disposto a cambiare l'Italicum: "E' una legge perfetta, ma è meno importante del referendum". Minoranza Pd contro le sue dichiarazioni sulla ricerca dei voti a destra. Cuperlo: "Rischio di un Paese più diviso"
Lo scontro all’interno del partito si consuma a distanza e su un punto dirimente per l’esito del referendum: i voti. Che per Matteo Renzi, come ha spiegato al Foglio, bisogna prendere a destra, perché sono “necessari” per la vittoria. Lo ripete anche a Perugia, poche ore prima di aprire la campagna per il sì a Firenze, dove otto anni fa lanciò la candidatura alle primarie da sindaco. “Sì è vero: voglio prendere i voti della destra. E forse per questo lui si chiama minoranza. Io invece vorrei chiamarmi maggioranza. Se non prendi i voti degli altri ti chiami minoranza. Se prendi quelli degli altri ti chiami maggioranza. E io voglio prenderli per cambiare le cose”. E nella sua città ribadisce: “Se vogliono la palude si prendano altri. Non so se toccherà ancora a noi ma finché toccherà a noi noi vogliamo cambiare”. E da Perugia si dice disposto anche a cambiare l’Italicum: crede che sia “la legge elettorale perfetta”, dice, “ma sono pronto a fare una discussione vera e anche a cambiarla. Perché la legge elettorale è meno importante del referendum, così come la mia carriera personale è meno importante del referendum. Mi va bene trovare le ragioni che ci uniscono”.
Ma l’obiettivo del consenso accende l’ex segretario Pierluigi Bersani. “Cerca il supporto degli elettori di destra? Uno va’ dove lo porta il cuore. Lui – prosegue riferendosi al presidente del Consiglio – ritiene che noi bisogna andar di là, bisogna prenderli di là”, i voti, anche perché a sinistra i consensi “non bastano, soprattutto se li perdi”. Poi ha ricordato che “sta governando con una vittoria nostra di un pelo”, spiega e lo attacca sul dietrofront del governo rispetto alle posizioni del Pd nella campagna elettorale del 2013. “Noi dicevamo non andare con Berlusconi, di non andare con Verdini, di tenersi l’articolo 18 e di non fare il ponte sullo stretto“.
Ma non c’è solo Bersani: sulla ricerca dei voti a destra interviene anche Gianni Cuperlo. Per lui “‘il referendum si vince a destra’ non è una bella frase detta dal segretario del Pd, e non è una bella frase detta dal presidente del Consiglio, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta costituzionale, e io – continua Cuperlo – ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese”.
Per l’esponente della minoranza il rischio è di far svegliare le istituzioni il giorno dopo il referendum “non più solide ma più fragili, con un Paese più diviso. E anche con una sinistra più divisa”. Critico anche Roberto Speranza: “Renzi dice che il Referendum si vince a destra. Io incontro tante persone di sinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori“.