Ripartire del mare nostrum facendo tesoro della posizione strategica italiana di molo piazzato nel Mediterraneo, significa anche (o soprattutto) tessere tele e saper leggere le contingenze che si concretizzano a 80 miglia nautiche dalle nostre coste. Su due argomenti l’Italia potrà dire la sua e dare uno slancio diverso e differente al suo futuro euromediterraneo: la logistica e l’ecumenismo.
Una delle maggiori società di logistica del pianeta, la Cosco Cina (con 174 navi porta-container operanti in 162 porti di 49 paesi), ha appena privatizzato il porto greco del Pireo, di cui utilizzava già il 30% dei moli container. Per cui a stretto giro giungeranno nel Mediterraneo, e a due passi dall’Italia, ancora più container a settimana, che i cinesi scaricherebbro in Grecia anziché nella più lontana Rotterdam: con un vantaggio per Pechino (ma non solo) in termini di tempi e di costi.
Il Pireo è il più grande porto della Grecia e uno dei più importanti del Mediterraneo orientale, meno dei grandi porti del nord Europa, ma rispetto a questi molto più facilmente alla portata dei container cinesi, attraverso il Canale di Suez. Inoltre la Grecia è vicina a mercati emergenti come quelli della Turchia, dell’Europa orientale e dei Balcani. A quel punto l’Italia, in quanto Stato-ponte più in prossimità e in qualità di “molo naturale” piazzato nel Mediterraneo, sarebbe pronta a ricevere quella valanga di container per poi farli transitare, su rotaia, sulla dorsale adriatica o tirrenica, con destinazione centro Europa?
Il profitto per l’Italia sarebbe doppio: non solo si tradurrebbe in un trasbordo di merci e pedaggio di transito della merce su territorio italiano, ma si potrebbe immaginare anche la creazione di un relativo indotto e la possibilità di diventare il vero hub mediterraneo per merci provenienza Brics che, in prospettiva, non potranno che aumentare di volume.
La logica indica due scali che potrebbero essere interessati: Gioia Tauro e Taranto. Il primo, zavorrato dagli interrogativi legati alle infrastrutture connesse, ha come vantaggio la sperimentazione del sistema di sdoganamento anticipato delle merci, chiamato pre-clearing. Tale sistema consente di condurre le operazioni doganali delle merci prima dell’attracco della nave in banchina. Uno strumento in grado di abbattere i tempi e ottenerne di certi per l’uscita della nave dal porto.
Lo svantaggio è tutto politico: al momento è stato scelto di preferire il semplice trasbordo di merci a un armonico e ampio sviluppo commerciale dell’intera area. Taranto invece dispone di un fondale già dragato, da abbinare a infrastrutture ferroviarie che, tramite la dorsale adriatica, consentano di raggiungere il confine settentrionale dell’Italia. Ma il tutto può essere vanificato dalla grana giudiziaria relative al caso Ilva.
Ma ecco che accanto a dinamiche legate alla geopolitica e alle infrastrutture materiali, si inserisce l’ecumenismo a dare all’Italia un potenziale ruolo, nuovo e significativo. Il prossimo 6 dicembre, in occasione della festa di San Nicola, la città di Bari ospiterà il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, “ricambiando” la visita di Papa Francesco sull’isola di Lesbo lo scorso aprile. Già pronto il regalo che la Curia sta confezionando per la comunità locale ortodossa: la Chiesa del Sacro Cuore in dono dai cattolici agli ortodossi.
L’occasione sarà utile in chiave ecumenica (San Nicola di Bari è l’unica chiesa d’Italia dal doppio culto, cattolico e ortodosso) e contingente, si veda il tema migranti (in Salento continuano a sbarcare da vip yacht e non più su gommoni). Se l’Italia, culturalmente prima che politicamente, saprà comprendere e gestire queste due opportunità, allora potrà recitare un ruolo arioso e primario nel Mare Nostrum.