I 20mila dipendenti andavano ricollocati e le funzioni degli enti soppressi da Delrio trasferiti alle Regioni. Ma, oltre ai lavoratori ancora nel limbo, ne stanno risentendo i servizi. In Sicilia l'assistenza ai disabili e la manutenzione di scuole e strade sono in stand by. Nei Tribunali di Milano, Roma, Brescia, Bari ex personale della Croce Rossa con la sola licenza media è stato inquadrato come funzionario. E i Centri per l'impiego non hanno "nemmeno i soldi per la carta igienica"
Personale che vaga senza sapere cosa fare, fascicoli che prendono polvere, interi settori amministrativi finiti nel caos e barellieri che con la licenza media diventano cancellieri del tribunale. Facendo arrabbiare i dipendenti del ministero. Sono solo alcuni dei disagi causati dal trasferimento del personale delle ex province italiane. Nel corso di una recente audizione sullo stato di attuazione della legge Delrio in commissione Affari costituzionali, in Senato, il sottosegretario per gli Affari regionali Gianclaudio Bressa ha ricordato che “la riforma è stata più volte definita la più grande opera di mobilità della pubblica amministrazione nella storia della Repubblica, avendo coinvolto circa 20mila dipendenti delle vecchie province”. Ma dietro le migliaia di nomi delle graduatorie pubblicate negli ultimi mesi sul Portale per la gestione dei processi di mobilità c’è davvero di tutto. Intanto la lista delle funzioni (tra quelle definite non fondamentali) la cui competenza è passata a un ente diverso o i cui settori sono stati smantellati cambia a seconda del territorio. Tra queste, in linea generale, ci sono Politiche comunitarie, Cultura, Turismo, Edilizia pubblica, Trasporti, Politiche sociali e anche Caccia e Pesca, l’ufficio tanto caro all’impiegato Checco Zalone nel film Quo Vadis. Ma non sempre il passaggio di una funzione dalla Provincia alla Regione ha significato anche il trasferimento del dipendente che di quel settore si è sempre occupato. Così in tutto il Paese si moltiplicano le proteste dei lavoratori. Da un lato preoccupati per il loro futuro, dall’altro consapevoli che qualcosa è cambiato sul fronte dell’offerta dei servizi e della velocità della macchina amministrativa. A questa situazione si aggiungeranno poi le conseguenze del taglio da un miliardo previsto per il 2017 per il comparto delle Province. E per strada potrebbero perdersi altre opportunità.
IL PASTICCIACCIO DELLE POLITICHE COMUNITARIE – Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Teresa Bucci, funzionario della Provincia di Lecce presso il servizio Politiche comunitarie. “Qui la Provincia ha deciso di mantenere il settore, ma non c’è alcuna garanzia di poter gestire i progetti, né tanto meno di poter anticipare finanziamenti in attesa di rimborsi da parte dell’Unione europea”. Insomma, si è deciso di ‘salvare’ il servizio, per poi sottoporlo a lenta agonia. “Questo è un settore strategico per quanto riguarda i fondi europei e la volontà di non smantellarlo sarebbe un segno positivo, se ci fossero le condizioni per gestirlo”, commenta Bucci. Il problema è a monte: “Senza personale specializzato e competente è diventato difficile presentare progetti che abbiano tutte le carte in regola. I progetti si nutrono di saperi”. E poi c’è la fase finale: “Quando un progetto ottiene un finanziamento bisogna avere una potenzialità di anticipo, che in questo momento non abbiamo”.
A BARI PROTESTANO 225 LAVORATORI: “COME FANTASMI” – In alcuni territori i problemi nuovi si sono sommati a quelli di vecchia data. È quanto avvenuto a Bari, per esempio, dove qualche giorno fa 225 ex dipendenti della Provincia, trasferiti alla Regione Puglia e tuttora senza un ruolo ben definito, hanno protestato davanti alla presidenza della giunta regionale, con l’appoggio di Cgil, Cisl e Uil. “Questi lavoratori oggi sono come fantasmi – hanno denunciato i sindacati – che vagano senza sapere cosa fare”. Dalla provincia di Foggia al Salento, tra di loro i dipendenti della ex polizia provinciale (che non ha più neppure i mezzi per i controlli sul territorio) e quelli di biblioteche, musei e pinacoteche, della formazione professionale e del turismo. Una risposta, a dire il vero, c’è stata. Il presidente della Regione Michele Emiliano ha dichiarato che entro tre settimane avvierà le attività di vigilanza per il personale della polizia provinciale e che a breve convocherà “un tavolo per completare l’assetto organizzativo che attiene a responsabilità, funzioni ed organizzazione di tutto il personale arrivato dalla Provincia agli uffici regionali”. Non solo. Il governatore, di fronte alla protesta degli alunni disabili e delle loro famiglie per la mancanza di educatori e scuolabus a due settimane dall’inizio delle lezioni, ha assicurato che il servizio di trasporto partirà il 3 ottobre e che entro novembre sarà coperta anche l’assistenza specialistica. Tutto ciò non prima di aver sottolineato che i ritardi “sono la conseguenza di una riforma delle province che ci ha trasferito competenze e che fa schifo”.
SICILIA NEL CAOS: “BLOCCATI ASSISTENZA AI DISABILI E MANUTENZIONE” – In Sicilia una delle situazioni più complesse, tanto che a inizio mese decine di lavoratori precari dell’ex Provincia di Enna, hanno protestato sui tetti di un edificio. Sulla questione è intervenuto anche il vice presidente vicario dell’Assemblea regionale siciliana (Ars) Antonio Venturino: “La legge di riforma avrebbe dovuto costituire una vera svolta sociale, politica ed economica per diversi territori della nostra Isola – ha dichiarato – e invece si sta rivelando un vero e proprio boomerang soprattutto per le zone interne della Sicilia come Enna e Caltanissetta, che sono state del tutto abbandonate”. Oltre al nodo dei dipendenti “che rischiano andare sul lastrico assieme alle loro famiglie”, “servizi fondamentali come l’assistenza ai disabili, la manutenzione di scuole e strade siano bloccati”. Per le nove ex Province siciliane sull’orlo del baratro è stata un’estate nera. Nell’ex Provincia di Siracusa i dipendenti non percepivano lo stipendio da quattro mesi e mezzo e solo due settimane fa è stato sbloccato un milione di euro per i pagamenti delle mensilità di giugno.
NEI CENTRI PER L’IMPIEGO NEPPURE I SOLDI PER LA CARTA IGIENICA – Diversa la situazione dei Centri per l’impiego, formalmente ancora nell’ambito delle funzioni delle province, in attesa di passare sotto la gestione della nuova Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro). Paradossale quanto sta accadendo in questi giorni a Lecce. La denuncia arriva dallo Sportello dei Diritti: “La pseudoriforma Delrio mette in ginocchio i Centri per l’impiego”. A cui non arrivano le risorse da Stato e Regioni. Il risultato? Nel capoluogo salentino non ci sono più soldi neanche per la carta igienica. In assenza di copertura finanziaria a breve verrà sospesa, nell’ordine, la fornitura di carta, cancelleria, materiale igienico sanitario e di pulizia. Dal prossimo 1 ottobre non saranno garantiti il servizio di noleggio dei fotocopiatori, la fornitura dei toner, il servizio postale. E si prevede la sospensione dell’erogazione dei buoni pasto. “È un’ulteriore mazzata al sistema gestionale del mercato del lavoro già piegato da un’offerta sempre più limitata a fronte della disoccupazione dilagante”, ha segnalato Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, sottolineando come “la riforma delle Province dimostri la sua decontestualizzazione ed estraneità ai reali bisogni del Paese”.
LA TUTELA AMBIENTALE: CACCIA SENZA CONTROLLORI – Un altro settore in allarme è quello della tutela ambientale. Con l’apertura della stagione della caccia, non si sono fatte attendere le proteste in tutta Italia per le gravi carenze di organico delle polizie provinciali. Chi sta controllando in questi giorni i cacciatori? Il grido d’allarme era già stato lanciato nei mesi scorsi dal Wwf, in particolare in Abruzzo: “Si rischia la paralisi della vigilanza ambientale che finora veniva garantita dalle polizie provinciali”. Buona parte del personale è stato destinato ad altri settori di altri enti locali, come polizia municipale o settore manutenzione strade. “Gli agenti sono chiamati a svolgere quindi mestieri diversi da quello finora svolto – è la denuncia – con una inaccettabile dispersione di professionalità e competenze acquisite negli anni”. E se c’è un problema per la caccia, figuriamoci per settori ancora più delicati, come quello dell’inquinamento.
I BARELLIERI DIVENTANO CANCELLIERI – Nel frattempo in diversi Tribunali d’Italia accade l’inimmaginabile. La prima segnalazione l’ha fatta il Comitato lavoratori della giustizia, associazione di dipendenti del ministero competente: “Negli uffici giudiziari sono arrivate con mobilità obbligatoria 359 unità provenienti da enti in esubero come le Province e la Croce Rossa italiana”. Come d’altronde aveva auspicato il ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia. Ebbene, sottolinea il Comitato, si tratta di personale “inspiegabilmente inquadrato nei ruoli dell’amministrazione giudiziaria che prevedono collaborazione qualificata al magistrato, ruoli che vanno dal cancelliere all’assistente e al funzionario giudiziario”. La denuncia è pesante: “Il personale arrivato è già inquadrato nella Croce Rossa italiana con mansioni di autista/barelliere”. Nei Tribunali di Milano, Roma, Brescia, Bari e altri ancora, i barellieri (anche con la licenza media) sono diventati cancellieri. “Una scandalosa operazione – secondo i dipendenti del ministero – finalizzata a colmare i vuoti nell’organico degli uffici giudiziari, che non tiene conto assolutamente delle competenze specifiche che si richiedono agli ausiliari della magistratura”. I lavoratori indignati evidenziano che i cancellieri “hanno superato un regolare concorso pubblico per titolo e esami” e che “il ruolo di ausiliari della magistratura non è frutto di improvvisazione”. Chissà cosa ne pensa l’impiegato Zalone.