L'imprenditore avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 7 ottobre. Per espressa volontà di Caprotti le esequie avverranno in forma strettamente privata e per suo desiderio non dovranno seguire necrologi
“Non posso permettermi il lusso di immaginare. Devo muovermi, ogni giorno. Con i tempi della burocrazia italiana, devo progettare adesso i negozi del 2050. A 89 anni devo pensare come un giovane”. Così diceva due anni fa in una intervista Bernardo Caprotti. Il fondatore di Esselunga, che avrebbe compiuto 91 anni il prossimo 7 ottobre, non dovrà fare i conti più con nessuno: né con la burocrazia, né con i figli (con cui ha condotto una infinita battaglia legale), né con la Coop (cui non ha mai risparmiato critiche e comportamenti che gli sono costati anche una condanna). È morto oggi il patron della catena di supermercati più conosciuta e per sua espressa volontà, come fa sapere la moglie Giuliana, le esequie avverranno in forma strettamente privata e per suo desiderio non dovranno seguire necrologi. “Siamo commossi e costernati” scrive l’azienda sui suoi canali social.
Al Fatto disse “rimpiango di non aver visitato Istanbul”
Subito dopo l’annuncio su Twitter sono stati postati molti commenti che ricordano la “genialità” e la “tenacia” ma anche “il cattivo carattere” di questo milanese che negli anni ’50 aveva dato vita a un’impresa che è diventata uno dei maggiori gruppi nel settore. Meno taciturno con la stampa di quanto si credesse e da tutti riconosciuto come un “gran lavoratore” aveva portato la sua azienda a occupare oltre 21mila dipendenti nel 2014.
Morto Bernardo #Caprotti il re di #Esselunga. Ne dà la triste notizia la moglie Giuliana.https://t.co/rBGeZ3ioZZ pic.twitter.com/9pIJkFrSTz
— TuttoEsselunga (@TuttoEsselunga) 30 settembre 2016
Una leggenda vuole che Caprotti visitasse i supermercati per verificare di persona come venissero trattati i clienti. In un colloquio con Repubblica disse della classica busta gialla per la spesa: “È la mia ventiquattrore, non è una busta normale, l’ho fatta fare con plastica più pesante, più ricca”. Al Fatto Quotidiano in una intervista, aveva confessato la sua passione per l’arte e le donne. E aveva negato di avere simpatie a destra: “Sbagliato, sono di buon senso, sono un incrocio tra un bavarese, uno svizzero e la cultura inglese”. Mussolini? “Mi ha sempre fatto ribrezzo”. Rimpianti? “Ne ho tanti e diversi. Pensi, non ho mai visto Istanbul, mai Gerusalemme, mai stato a Cracovia”. Cui aveva rinunciato per visitare il sabato i suoi negozi.
Laurea in Giurisprudenza e poi il Texas
Figlio del proprietario di un’azienda cotoniera della Brianza, dopo essersi laureato in Giurisprudenza, Caprotti andò in Texas, dove lavorò come montatore meccanico, per rientrare in Italia a 26 anni e assumere la direzione della ditta di famiglia. Poi il salto nel mondo della grande distribuzione. Il primo supermercato italiano, all’epoca targato Rockefeller, in viale Regina Giovanna a Milano, veniva inaugurato nel 1957. Il nome della catena deriva da un modo di dire. A 40 anni, Caprotti riuscì a scalare la società che aveva costruito a Milano quel primo negozio di grande distribuzione, la Supermarkets, e la chiamò Esselunga quando si accorse che i clienti indicavano i suoi negozi con un articolato giro di parole: “Il supermercato con la esse lunga“. Oggi Esselunga è valutata fra i 4 e i 6 miliardi di euro, a seconda che vengano considerati o meno immobili e aree di sviluppo. Nel 2015 aveva una rete di 152 supermarket in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e Lazio, e un fatturato di 7,3 miliardi di euro.
La guerra contro i figli
L’imprenditore era stato protagonista di una lunga guerra per il controllo della società. Scontri in famiglia che si stavano avviando alle battute finali nonostante una sentenza della Cassazione dello scorso febbraio che gli aveva dato ragione. In concomitanza con le voci di una possibile cessione della catena dei supermercati italiani – solo due settimane negli ambienti finanziari si parlava anche di Walmart come candidato – , i primi due figli, poco più di un mese fa avevano presentato un ricorso in Cassazione dopo aver perso lo scorso 19 maggio il giudizio in appello che aveva confermato l’esclusiva presa del capostipite sul Gruppo.
Violetta e Giuseppe si erano rivolti agli ermellini intorno a metà luglio. A questo la proprietà di Esselunga non dovrebbe essere decisa dai giudici della Suprema corte. Gli eredi si erano rivolti alla giustizia perché l’imprenditore li aveva esclusi nel febbraio del 2011. E da allora era stata battaglia. Nel frattempo Caprotti non era più presidente rimanendo però nel consiglio di Supermarkets Italiani, con diverse deleghe operative.
Dalla fine degli anni Novanta fino al febbraio del 2011, prima della rottura col primogenito Giuseppe, allontanato dall’azienda all’inizio del 2005 dopo due anni da amministratore delegato, Caprotti senior aveva tenuto per sé solo una quota poco superiore all’8% di Supermarkets Italiani, la holding che
controlla il 100% di Esselunga Spa. Il restante 92% circa era stato assegnato, attraverso Unione Fiduciaria, in tre parti uguali ai figli di primo letto, Giuseppe e Violetta, e a Marina, avuta dalla seconda moglie, con l’usufrutto del padre su circa un terzo delle quote.
Poi Caprotti si intestò tutto senza dire nulla e soprattutto senza versare alcun corrispettivo ai figli, offrendo il destro per ricorrere ad un arbitrato. Da allora è proseguita una guerra a suon di carte bollate senza soluzione di continuità. L’ultimo atto quindi non sarà celebrato dai giudici. E pochi giorni fa l’argomento principale era la cessaione con alcuni fondi di private equity in lizza. I nomi più recenti erano stati Walmart, Cvc e Blackstone, ma in passato si erano fatti anche quelli di Tpg e Advent. I figli potranno anche vincere, ma rischiano di restare soci solo per poco.
E la guerra contro la Coop
Il 15 marzo scorso Caprotti era stato condannato a 6 mesi per diffamazione per la querelle con la Coop. Al centro della vicenda, un servizio giornalistico con il quale, nel 2010, l’autore degli articoli Gianluigi Nuzzi e il direttore di Libero Maurizio Belpietro avevano svelato l’esistenza di presunte intercettazioni illecite ai danni dei dipendenti (datate 2004) di un punto vendita di Coop Lombardia. Secondo il giudice l’imputato aveva voluto la pubblicazione di quegli articoli “diffamanti per Coop”. Nel 2007 aveva scritto il libro “Falce e carrello” in cui non risparmiava critiche al sistema della cooperative e ai supermercati Coop.
Bersani: “Addio a un uomo che emozionava”
“Se ne va un uomo particolare, un uomo che emozionava. Se ne va uno dei più grandi imprenditori italiani. Ma il Dottore vivrà ancora nella sua straordinaria impresa” dice Pier Luigi Bersani. “Buon viaggio Bernardo Caprotti, genio di Esselunga, grande uomo, grande imprenditore e amico del Made in Italy, mai servo di nessuno. Grazie” scrive su su Facebook il segretario della Lega Nord Matteo Salvini.