La sentenza è arrivata a pochi giorni dalla prescrizione che sarebbe caduta il prossimo 6 ottobre a 7 anni e mezzo dal terremo de L'Aquila del 6 aprile 2009. Il pg aveva chiesto tre anni di reclusione. L'avvocato dei familiari delle vittime: "Il giudice non ha avuto coraggio"
“Assolto per non aver commesso il fatto”. Con questa formula, e perché il fatto non sussiste come scritto in precedenza, il giudice del tribunale dell’Aquila, Giuseppe Grieco, ha assolto l’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso al processo Grandi Rischi bis. La sentenza è arrivata a pochi giorni dalla prescrizione che sarebbe caduta il prossimo 6 ottobre per i reati contestati a Bertolaso. Prescrizione che si porterà via anche gli altri filoni legati alle inchieste sul terremoto che colpì L’Aquila il 6 aprile 2009. Bertolaso è accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni, in particolare per aver organizzato una “operazione mediatica perché vogliamo rassicurare la gente”, come disse, intercettato, convocando la riunione di esperti del 31 marzo 2009, cinque giorni prima del sisma. Leggi le intercettazioni. Bertolaso esulta, ma le parti civili protestano: “Cadono le braccia” dice l’avvocato Angelo Colagrande.
Bertolaso: “È stata fatta giustizia, mio pensiero per vittime”
“È un’assoluzione con formula piena perché il fatto non sussiste: mi pare sia stata fatta giustizia” dice all’Adnkronos Bertolaso. “Da questo punto di vista devo dire che non posso non pensare, come ho fatto sempre in questi anni, alle vittime che ci sono state negli ultimi terremoti, a L’Aquila, in Emilia, ad Amatrice, provocati dal fatto che in questo Paese non si è mai pensato alla sicurezza degli edifici in cui si vive, si studia e si lavora. Forse questo processo poteva pure non essere fatto ma è stato fatto. E chi diceva che avrei accettato la prescrizione si deve ricredere, c’è stata una sentenza e spero che tutti la vogliano rispettare. Mi inchino di fronte a un magistrato coraggioso che, in un clima difficile, ha saputo decidere in modo indipendente e sulla base dei fatti”, sottolinea Bertolaso. “Io sono sempre stato molto tranquillo sapevo di aver fatto il mio dovere e di essere dalla parte giusta. Mi sento soddisfatto per tutto il mondo della protezione civile, che ha lavorato a L’Aquilla ed era stato, in qualche modo, infangato”.
L’avvocato di parte civile: “Il giudice non ha avuto coraggio”
“Cadono le braccia a chi, da sette anni e mezzo segue, queste cause e ha visto nascondere questo soggetto da tutti, da Berlusconi in poi” dice l’avvocato di parte civile Angelo Colagrande, visibilmente emozionato, al termine dell’udienza. Il legale ha contestato il giudice per non aver avuto “il coraggio di dire sia pure per un giorno, ma Bertolaso va condannato. Invece siamo alla vecchia insufficienza di prove, davanti a un fatto del genere nel 2016 ti cadono le braccia. Siamo partiti da una richiesta di archiviazione e siamo arrivati a una sentenza in tempo utile. C’è comunque delusione perché la procura aveva chiesto 3 anni”, aggiunge il legale sottolineando che Bertolaso è stato assolto per non aver commesso il fatto e ciò, secondo Colagrande “fa emergere che c’erano dei dubbi”.
Colagrande è stato, assieme al collega Stefano Parretta, l’autore della doppia opposizione alla richiesta di archiviazione della procura della Repubblica nei confronti di Bertolaso negli anni scorsi, oltre che dell’istanza che ha portato la procura generale presso la Corte d’Appello ad avocare a sé il procedimento che poi è sfociato nel rinvio a giudizio e nel processo cominciato il 20 novembre 2015 e terminato oggi. Parretta si dice “ancora convinto delle opposizioni alle richieste di archiviazione e dell’avocazione, noi legali abbiamo fatto tutto quello che si potesse fare e non abbiamo remore”.
La delusione delle parti civili: “Andava condannato”
“Per la poca esperienza che ho avuto, la giustizia in Italia non funziona: non solo nel nostro processo ma in tutti quelli in cui c’è qualcuno di forte contro qualcuno di debole” dice Così Federico Vittorini, 21 anni, che nel sisma ha perso la madre Claudia e la sorella Fabrizia, era in compagnia del padre Vincenzo, chirurgo e consigliere comunale, che dopo il verdetto del giudice Giuseppe Grieco si è accasciato su una sedia. Così è stato lui a parlare. “Siamo un Paese civilizzato solo sulla carta, perché c’è troppa disparità e la bilancia pende troppo da una parte – ha detto – Non so se dire che sono fiducioso che si possa cambiare il sistema un domani, perché non so in che modo sia possibile farlo. Ci si proverà se qualcuno avrà questo sogno abbastanza utopico. Per il resto, tanta amarezza per l’ennesima presa per i fondelli della giustizia”.
Secondo il giovane la sola condanna per Bernardo De Bernardinis “è troppo poco e, soprattutto, se è stato condannato lui per conseguenza ovvia e logica andava condannato anche Bertolaso, leggendo le carte e sapendo com’è andata la storia”. “Per com’è andata questa vicenda, dal filone principale della Grandi Rischi a oggi, mi sembra una sentenza già scritta”, ha aggiunto Antonietta Centofanti, portavoce del Comitato familiari delle vittime del crollo della Casa dello studente. “Restano i morti e resta la vita dei sopravvissuti che è cambiata per sempre – ha aggiunto – si accettano le regole della democrazia e questo è”. Secondo Centofanti, che nel sisma ha perso il nipote Davide, dopo la fine delle vicende giudiziarie “ognuno risponderà alla propria coscienza, soprattutto Bertolaso, perché credo che un minimo di dubbio rispetto al comportamento che ha avuto sulla vicenda L’Aquila lo debba avere e lo abbia. A ogni modo la città sa bene come sono andate le cose”.
L’avvocato Dinacci: “Giustizia dice che Bertolaso è innocente”
“Le parti civili devono avere giustizia, non ingiustizia, e la giustizia ha ormai affermato che Bertolaso è innocente, quindi non credo che debbano avere amarezza” dice l’avvocato Filippo Dinacci che ha difeso anche De Bernardinis: “Un atto di giustizia, mi sembra dimostrato che questo processo forse non dovesse neanche cominciare. In ogni caso è un bene che si sia fatto abbiamo potuto verificare tutte le situazioni probatorie ed è terminato con l’assoluzione”.
L’imputato disse che avrebbe rinunciato alla prescrizione
Il pg Romolo Como durante la requisitoria aveva chiesto tre anni. Nei mesi scorsi Bertolaso disse che avrebbe rinunciato alla prescrizione appena la legge glielo avesse consentito ma nell’udienza precedente l’avvocato Dinacci aveva ufficializzato il contrario (rinunciando, però, alla lunga lista dei testi difensivi), per accelerare le tappe e portare comunque il processo prima del termine a una sentenza che, se fosse di condanna, manterrebbe effetti validi sul piano civile ovvero del risarcimento danni ai famigliari delle vittime.
Nel procedimento principale i sette esperti della Commissione Grandi Rischi sono stati processati per aver rassicurato la gente e sottovalutato il rischio sismico che c’era, condannati in primo grado e assolti in Appello e Cassazione, ad eccezione dell’allora numero due di Bertolaso, Bernardo De Bernardinis, condannato in via definitiva a due anni di reclusione. Furono le sue parole, motivarono i giudici d’appello nella sentenza, furono “negligenti” e “imprudenti”, in un’intervista concessa, peraltro, prima e non dopo la riunione della commissione che poi finì sotto accusa.
Commissione sotto inchiesta, un unico condannato
L’accusa era quella di aver dato rassicurazioni infondate alla popolazione, dopo la riunione della Grandi rischi del 31 marzo 2009: il 6 aprile il terremoto fece 309 vittime distruggendo il centro storico dell’Aquila e danni e vittime si registrarono anche in altri piccoli centri abruzzesi. Inizialmente dunque l’inchiesta coinvolse tutta la commissione della quale erano componenti Franco Barberi, all’epoca vicepresidente vicario della commissione ed ex capo della Protezione Civile, Enzo Boschi, allora presidente dell’Istituto nazionale di geofisica, Giulio Selvaggi, capo del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre, Claudio Eva, docente di fisica all’Università di Genova, e Matteo Dolce, direttore dell’Ufficio rischio sismico della Protezione Civile.
In primo grado i sette (i sei della commissione più De Bernardinis) furono condannati dal giudice monocratico Marco Billi a sei anni di reclusione (una pena maggiore delle richieste della Procura). Billi nelle quasi mille pagine di motivazioni aveva esteso a tutti la responsabilità di quelle che aveva definito affermazioni “assolutamente approssimative, generiche e inefficaci in relazione ai doveri di previsione e prevenzione”. Le motivazioni fecero il giro del mondo perché mal interpretate. In appello la sentenza fu riformata (assolti da Barberi e a Dolce, condannato De Bernardinis) e infine la Cassazione. Che, nel caso ci fosse ricorso da parte dell’accusa, potrebbero doversi pronunciare ancora per l’ultimo imputato.