Ancora un processo a Bologna per Zoia Veronesi, segretaria storica di Pierluigi Bersani, e ancora un proscioglimento. Per lei il pm Giuseppe Di Giorgio aveva chiesto un nuovo rinvio a giudizio per una truffa ai danni della Regione, di cui è stata dirigente, e il gup Rita Zaccariello ha pronunciato un non doversi procedere, perché l’imputata era stata già giudicata per gli stessi fatti, e assolta a luglio 2014, sentenza irrevocabile. Nelle motivazioni di assoluzione il Tribunale aveva scritto che non c’erano le prove.
Nel primo caso Veronesi, difesa dagli avvocati Paolo e Simone Trombetti, era accusata di aver percepito indebitamente dalla Regione circa 140mila euro di stipendio per svolgere a Roma l’incarico di raccordo con il Parlamento dal 2008 al 2010. Questa volta le veniva contestato di aver attestato lo svolgimento di un orario di lavoro pari o superiore alle 8 ore nella capitale, in realtà non facendolo integralmente e inducendo in errore i funzionari che provvedevano ai rimborsi. Ma gli addebiti erano già stati mossi nel precedente giudizio e giudicati privi di valenza penale. Secondo l’accusa Veronesi avrebbe attestato per cinque giornate il lavoro a Roma, mentre era simultaneamente impegnata al comitato di sorveglianza di un lanificio; e ancora lo avrebbe fatto per altri 53 giorni, tra il 2008 e il 2010, mentre invece era in parte presente in una casa di cura; avrebbe inoltre così facendo violato le norme per i lavoratori alle dipendenze dell’amministrazione pubblica.
Ma il giudice, nella sentenza, cita le motivazioni della decisione del 2014 firmata dal gup Letizio Magliaro, sostenendo che “nelle contestazioni viene reiterata la medesima accusa con elementi di specificazione del tutto inidonei a mutare l’identica natura giuridica e fattuale della condotta contestata”. Proprio la motivazione assolutoria “fa perno sul fatto che l’imputata, diversamente da quanto ritenuto nell’originaria ipotesi di accusa e in quelle ora riproposte, non fosse vincolata, in forza del proprio ruolo dirigenziale, a svolgere un orario minimo pari a 8 ore per poter percepire i compensi e i rimborsi in contestazione”. Anche la difesa, in una memoria, aveva fatto notare “l’oggetto del presente procedimento rappresenta una porzione degli addebiti mossi alla Veronesi nel giudizio già definitivamente concluso”. Recentemente Veronesi è stata assolta anche da un processo davanti alla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna