C’è un No “a prescindere” che Renzi ha sottovalutato fin dall’inizio e che rende la data del 4 dicembre la data dell’incubo. Quel No cileno, dei giorni dell’arcobaleno, film che è diventato l’ossessione del premier. Quel No che si traduce in libertà! Le sue notti insonni, saranno tempestate da orridi suoni ed echi che ripetono come in un film già visto: “Stai serenooo, stai serenooo e ancora ciaoneee, ciaoneee”. Ma lui, che continua a dire che il voto è spersonalizzato, conosce i meccanismi degli echi digitali e l’etica della memoria, e si rifugia dietro una trovata: la scheda con il quesito pro, abbastanza ingannevole, senza tener conto di una cosa fondamentale, ben nota agli esperti di comunicazione.
Quando un cittadino entra nell’urna ha ben chiaro dove metterà la croce. La percentuale di coloro i quali si decidono all’ultimo momento e solo dopo aver letto nell’urna la scheda è irrilevante. E quindi si parte per i due mesi più importanti nella personale storia politica del fiorentino, lottatore indomito. Deve fare molte cose in questi due mesi: farci dimenticare gli sgarbi, i dispetti, gli inganni del periodo referendario sulle trivelle, ipnotizzarci per stabilizzare l’idea che lui e la Boschi non hanno mai detto “se perdiamo andiamo via”, provocare un oblio di massa sulle condizioni economiche del Paese, e infine inanellare una serie di successi politici da qui a dicembre per convincerci che lui, Matteo, è l’unica soluzione per l’Italia.
Inoltre deve ridiventare simpatico come si mostrava all’epoca delle primarie, vendere l’aereo che ha appena acquistato, restituire i soldi ai clienti dell’Etruria, rifare le elezioni a Roma e Torino, mostrare una foto con Hollande e la Merkel in ginocchio davanti a lui in una stanza di Palazzo Chigi, quella di Obama che beve disperato whisky chiedendogli: “Dear Matteo, my friend… come ne esco… help me”, una in kimono con Putin da lui atterrato con una mossa di karate, una copertina su Chi mentre batte Emiliano in una gara su chi mangia più panzerotti baresi senza ustionarsi, e alla fine quella con la stretta di mano a Zurckerberg che si impegna a comprare il Paese ripianando il debito pubblico attraverso la tassazione dei profili facebook dei suoi cittadini con aliquota calcolata sul numero di amici e sui follower.
Queste le notti di Matteo che fino a dicembre lo vedranno impegnato in una campagna elettorale senza precedenti, lunga estenuante, e piena di effetti speciali, e con il premier costretto a dormire in hotel di bassa categoria perché il termine 5 stelle deve essere completamente oscurato.
Anzi se vince, pare abbia promesso ai suoi, “Cambiamo le categorie e poiché la materia del turismo sarà materia accentrata, eliminiamo la dicitura stelle per gli hotel trasformando il termine in gigli. Hotel a 4 gigli etc, così si eliminano anche le interferenze subliminali. E poi togliamo i cartelli sala travaglio negli ospedali mettendoci l’icona della cicogna, come nel film Dumbo“. Ne vedremo delle belle!