Il vecchio adagio secondo cui “cattiva moneta scaccia la buona” potrebbe fungere da epigrafe del confronto televisivo tra Renzi e Zagrebelsky, mentre ormai a notte inoltrata andavano configurandosi spiacevoli sensazioni: la brutale spregiudicatezza rischia davvero di farcela, se il bon ton finisce per farsi confinare nella flebilità.
Lo pensavo affranto, constatando per l’ennesima volta l’improntitudine di uno stimato esponente della nobilissima tradizione democratico-azionista che si presenta sul set di un reality sottovalutando autolesionisticamente gli arsenali della comunicazione imbonitoria; senza essersi neppure posto il problema di predisporre contromisure. Nella convinzione illusoria che la pacata argomentazione possa sedare il buzz, il ronzio dell’effettaccio. Forse una parte della platea televisiva avrà drizzato antenne speranzose quando “il professore” si addentrava nelle raffinatezze delle “due camere parlamentari che attualmente hanno uguali poteri e funzioni diverse”, di certo facendo sorridere il barone di Montesquieu dalla nuvola nell’alto dei cieli laici alla sottolineatura di quanto essenziale sia il check&balance (controllo e bilanciamento) nella veneranda costruzione del costituzionalismo. Quella stessa parte di platea sarebbe inorridita all’ingenuità con cui il distinto intellettuale torinese cadeva nelle trappole predisposte dagli spin-doctor del “signor primo ministro”: “Lei si è contraddetto qui e qui”, “Non ricordo, però a una certa età è naturale contraddirsi”. Certo che sì, specie se la presunta contraddizione è una delle mille dichiarazioni frettolose al quotidiano in chiusura e ora (perfidamente) estrapolata dal contesto. Ma la risposta era – secondo adagio popolare – “un tacon peso del buso”: l’ammissione anagrafica come riconoscimento di una sostanziale inaffidabilità. Lo smantellamento dell’autorevolezza che procedeva nell’attacco alla credibilità del proprio deuteroagonista, condotta dal Renzi attingendo a tutta la gamma di trucchi e marchingegni predisposti dalla mediatizzazione-canaglia:
In sostanza, l’uso bullesco della parola da parte del “signor primo ministro” tende a sommergere la civiltà delle buone maniere incarnata dal “caro professore”. E non è davvero una buona notizia. A meno che la petulanza che traspare dall’intermittente sguardo sottecchi del Renzi, spia di una pervicace arroganza tenuta malapena a bada dalla sua maschera di gomma, non funga da insperato e rudimentale anticorpo fisiognomico delle tecnicalità manipolatorie con cui si è aggredito il civile discutere.