Lo sciopero non è stato proclamato, dice Piercamillo Davigo. Prima i magistrati vogliono un incontro con il presidente del Consiglio Matteo Renzi. In mezzo, tra Anm e governo, non c’è solo la riforma del processo penale e della prescrizione, “prigioniera” del Senato da un mese per rinvii quasi tutti strategici dovuti alle divisioni dentro la maggioranza. Ma c’è anche lo stato del settore della giustizia, a partire – come sempre, da decenni – dalle carenze del personale amministrativo. Davigo, presidente dell’Associazione magistrati, ha ribadito la richiesta di un incontro con Renzi durante In Mezz’ora, dove si è confrontato con il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Davigo ha avuto per Orlando parole di stima. “Non solo mia personale – ha precisato l’ex pm di Mani Pulite ora consigliere di Cassazione – ma anche di tutti gli organi dirigenti dell’Anm, perché si comporta in modo diverso dai suoi predecessori. Ma i problemi, nonostante i suoi molti sforzi, restano, a partire dalle carenze dell’organico, ma anche della mobilità che crea più problemi che soluzioni. Per questo lo sforzo del ministro non basta. Noi chiediamo quindi di estendere l’interlocuzione al presidente del Consiglio“. E questo non vuol dire che, nel caso, lo sciopero sarebbe “contro Renzi“.
L’ipotesi di uno sciopero è emersa durante le ultime riunioni dell’Anm. Uno sciopero che “sarebbe un atto incomprensibile più che devastante: si sciopera contro il primo governo che mette mano al personale amministrativo” ha detto il ministro guardasigilli durante la trasmissione condotta da Lucia Annunziata. In un anno e mezzo, ha ricordato Orlando, il personale amministrativo aumenterà di 4mila unità, mentre mille impiegati sono già arrivati (700 di questi dalle Province). Davigo dal canto suo ha replicato che 4mila sono importanti, ma la necessità per riequilibrare la pianta organica sarebbe di 9mila. E il personale, aggiunge il presidente dell’Anm, non è secondario, “perché sennò sembra che la colpa sia sempre tutta dei magistrati”.
Questioni che si intrecciano con la riforma che la maggioranza dovrebbe votare al Senato, dopo l’ok in commissione: i partiti di governo, però, sembrano non fidarsi l’uno dell’altro e non hanno ancora deciso cosa faranno tra le due opzioni, cioè la blindatura della questione di fiducia sulla legge oppure il voto punto per punto con l’iter ordinario. In entrambi i casi il provvedimento e la sorte del governo possono essere esposti a dei rischi. Da una parte, come dice il ministro Orlando, il rischio di votare “punto per punto” presenta la possibilità che ci siano voti segreti con i quali il testo – risultato di un difficile accordo tra Pd e Ncd – sarebbe modificato. Proprio il partito di Angelino Alfano ha detto apertamente che teme un asse in Aula – col voto segreto – tra M5s e i “giustizialisti del Pd“. Dall’altra parte, però, un voto di fiducia è un passaggio strettissimo, quasi un’intercapedine: i verdiniani di Ala non votano non vota la legge in coerenza con il loro passato berlusconiano-garantista e molti dentro Area Popolare (Ncd e Udc) non sono d’accordo con tutta la riforma. “Qual è la strada migliore per approvare la legge lo decideremo nelle prossime ore”, spiega Orlando.
Renzi aveva negato a Alfano e a Orlando di porre la questione di fiducia, per via della posizione critica dell’Anm. Ribadita da Davigo, secondo il quale “se la fanno così com’è non va bene, aggrava i problemi e non li risolve”. I punti di dissenso restano due. Il primo: a petto dell’allungamento della prescrizione (rospo ingoiato dai centristi di governo), si introduce nella legge una norma per la quale se il pm non esercita l’azione penale una volta scaduti i termini delle indagini preliminari la Procura generale della Corte d’appello può avocare l’inchiesta. “Una stravaganza” la definisce Davigo, perché “migliaia di processi saranno avocati dalle Procure generali che però non hanno abbastanza magistrati. Si tratta di una soluzione stucchevole. Si continua a pensare che basta dare un termine per ottenere i risultati. Mentre invece se il pm non ha ancora operato una scelta per quell’inchiesta, magari è perché non è stato possibile”. Il secondo punto contestato dall’Anm riguarda l’illecito disciplinare previsto dalla riforma per i pm che violino le disposizione sull’iscrizione nel fascicolo. “E’ sufficiente la colpa – aggiunge Davigo – Vuol dire che potremmo avere migliaia di pm sotto procedimento disciplinare”.
Per Orlando, tuttavia, è un atteggiamento sbagliato limitarsi a pochi aspetti: “In questa riforma vengono toccati 40 elementi diversi. Per esempio per i reati contro la Pubblica amministrazione c’è un notevole allungamento della prescrizione. Alcuni reati diventano quasi imprescrittibili”. Il motivo per cui il dialogo “fruttuoso” è difficile è perché Davigo – afferma il ministro della Giustizia “non può dire mai su cosa è d’accordo, quando lo è”. E questo succede perché altrimenti verrebbe “preso a insulti“. Un clima dovuto al fatto che i magistrati hanno elezioni “troppo spesso per troppe cose”: Csm, Consigli di giustizia, Anm. “Una volta ogni 3 mesi, anche con competizioni serrate”. Orlando precisa di essere “a favore dell’elezione del Csm, dell’associazione e anche delle correnti. Accorciate i tempi delle votazioni, magari avremo un’interlocuzione più serena e meno gridata”.