Lampedusa. “Per quanto possano essere limitate, le isole non sono prive di drammi di portata universale. La storia non le ignora e in esse trova talvolta il suo epilogo. Altre volte invece la storia vi comincia”. Questa frase dello scrittore Predrag Matvejević autore, tra gli altri, di ‘Breviario Mediterraneo (edito per la prima volta da Garzanti nel 1991) – racchiude il senso più profondo della Giornata nazionale della memoria e dell’accoglienza”, riconosciuta tale il 16 marzo 2016 grazie anche all’impegno di un’organizzazione senza scopo di lucro, riunitasi nel ‘Comitato 3 ottobre‘, data in cui nel naufragio al largo di Lampedusa – era il 2013 – persero la vita 368 migranti.

Qui la storia non finisce, ma si rinnova attraverso una richiesta fondamentale lanciata dal Comitato: bisogna proteggere le persone e non i confini. Una questione centrale per la politica europea: accogliere o respingere? Ecco che Lampedusa diventa una palestra formidabile per capire quale possa essere la rotta giusta. Quest’isola che negli ultimi sedici anni ha accolto 217. 591 immigrati e che lo ha fatto mantenendo la sua forte identità, la sua bellezza, il suo spirito, continuando ad alimentare quel seme dell’accoglienza che aveva già inciso nel proprio Dna. L’isola avrebbe potuto reagire diversamente?

Avrebbe potuto alzare muri o erigere barricate per respingere, quel 3 ottobre del 2013, i 368 corpi restituiti dal mare alla terra lampedusana? Le spoglie di giovani eritrei, ventenni scappati dalla feroce dittatura di Isaias Afewerki. E come avrebbe potuto non diventare la casa di tutti quegli altri corpi? I cadaveri arrivarono a 600 tanto che ci vollero due navi militari per portare via tutte quelle bare.

Il Comitato 3 ottobre ha voluto trasfondere nella Carta di Lampedusa questo spirito di accoglienza insito nell’isola stessa: è necessario abbattere ogni forma di confine, di visto, per affermare il libero diritto di cittadinanza di ciascuno. Un ordine umano diverso, fondato su valori differenti da quelli che governano il nostro quotidiano, ma l’unico capace di riempire di senso la storia di Lampedusa e permetterle di cominciare, di nuovo, a vivere, dopo l’orrore di tanta morte.

E non poteva che cambiare anche il modo di comunicare e rappresentare quell’immane tragedia. Così, per la ricorrenza del 3 ottobre si tiene a Lampedusa il ‘Prix Italia’, un premio internazionale organizzato dalla Rai che quest’anno si è concentrato sul tema delle migrazioni.

Tante le anteprime, a partire dall’ultima fatica di Marco Pontecorvo che qui presenta “Il coraggio di vincere”, storia di un giovane pugile senegalese. Di rilievo anche lo speciale del giornalista Domenico Iannacone, “Lontano dagli occhi”, che raccogliendo e riallacciando una serie di storie di migranti senza nome, fa così riacquistare loro un’identità. Il lavoro viene reso ancor più prezioso dalle parole di Andrea Camilleri: lo scrittore siciliano ci ricorda che un’isola non è mai chiusa dal mare, anzi, è proprio il mare ad allargare i suoi orizzonti; i muri non servono a nulla se non a ingabbiare le nostre paure rendendoci incapaci di immaginare e vivere nuove forme di convivenza.

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