Inchiesta della Dda. Tra le persone finite in manette anche un dirigente di una società controllata da Ferrovie Nord. Associazione formata da "imprenditori bergamaschi e calabresi", alcuni dei quali "contigui alla 'ndrangheta"
Erano riusciti ad ottenere in subappalto i lavori, dal valore di circa 5 milioni di euro, per il collegamento ferroviario tra il Terminal 1 e il Terminal 2 di Malpensa versando mazzette a Davide Lonardoni, dirigente di Nord_Ing, (che progetta e coordina la realizzazione di tutti gli interventi di potenziamento infrastrutturale e di ammodernamento della rete ferroviaria e degli impianti di Ferrovie Nord) gli imprenditori, tra cui alcuni ritenuti vicini alla ‘ndrangheta, arrestati oggi assieme allo stesso manager e ad altre persone nell’ambito dell’inchiesta della Dda milanese e condotta dalla Guardia di Finanza. È quanto ha ricostruito l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Alessandra Simion che ha firmato un ordine di arresto per 14 persone.
Secondo l’indagine, le diverse società operative nel settore dell’edilizia, sebbene apparentemente prive di legami tra lor facevano parte di un vero e proprio “sistema” utilizzato per alternarsi nell’aggiudicazione di subappalti con cadenza biennale, “Sistema” che ruotava attorno all’imprenditore bergamasco, ora in carcere, Pierino Zanga (definito il “dominus“), e che aveva lo scopo di eludere eventuali controlli di natura fiscale. In manette Salvatore Piccoli, imprenditore nato a Catanzaro, per le due presunte “teste di legno”, Pierluigi Antonioli e Giuseppe Colelli, per l’imprenditore bergamasco Venturino Austoni, e poi ancora per Antonio Stefano e Graziano Macrì, ritenuti dagli investigatori vicini a clan della ‘ndrangheta. E poi ancora per l’imprenditore Giuseppe Gentile, originario di Reggio Calabria, per il commercialista Giuseppe Tarantini e Alessandro Raineri, presunto “faccendiere bresciano” accusato anche di diversi episodi di millantato credito. Agli arresti domiciliari, invece, sono finiti il dipendente della Nord_Ing, Massimo Martinelli, Gianluca Binato, dipendente di della società Itinera, e l’imprenditore Livio Peloso.
La corruzione era il solito scambio a suon di mazzette “a favore di dirigenti e responsabili di cantiere di importanti società appaltatrici di dazioni in denaro, beni e utilità varie” per ottenere “agevolazioni” nell’aggiudicazione dei lavori. La Gdf ha anche accertato “violazioni penali e tributarie”, tra fatture false e “indebite compensazioni per crediti inesistenti”, per “oltre 20 milioni di euro” dal 2010 in poi. Il Tribunale ha dichiarato il fallimento di tre delle società coinvolte nell’inchiesta.
Raineri avrebbe millantato alcuni contatti e conoscenze “anche a livello romano” nei suoi rapporti con imprenditori. L’indagine avrebbe svelato una rete di “complicità e relazioni con soggetti operanti nel settore finanziario, economico ed imprenditoriale” che si sarebbe sviluppata a seguito dell’attività di Raineri, “uomo a libro paga degli imprenditori, ed in contatto con numerosi esponenti di diverse amministrazioni ed enti pubblici”. L’indagato, secondo la Procura di Milano, intascava soldi “a fronte del suo asserito interessamento a livello istituzionale” per la “risoluzione di loro problemi di varia natura”.