Che gli Zen Circus siano una delle realtà più politicamente scorrette nel panorama musicale italico è fuor di dubbio. Dai tempi di Andate tutti affanculo, il trio toscano non ha mai lasciato nulla all’immaginazione e ha sempre mostrato un’ironia sarcastica creata appositamente per disturbare i benpensanti. E non si astiene dal farlo neppure in questo nuovo capitolo della loro discografia, il nono, intitolato La terza guerra mondiale.
Composto da 10 brani dal sound prevalentemente punk-rock e con testi dai toni aspri, a tratti violenti come Zingara (che rischia seriamente di esser preso come inno xenofobo, ideale da mandare in trasmissioni come La Zanzara su Radio24) e beffardi come Pisa merda, hanno tutti una propensione alla provocazione. E la copertina che ritrae i tre intenti a scattarsi un selfie seduti a un tavolino di un bar mentre sullo sfondo il mondo cade a pezzi, è la fotografia perfetta di questo nuovo album del quale abbiamo parlato con il cantante della band, Andrea Appino.
Andrea, partiamo dal titolo La Terza Guerra Mondiale.
Alla base c’è questa nostra provocazione: cosa succederebbe se scoppiasse davvero una terza guerra mondiale e quali sarebbero i risvolti? Non siamo più quelli della Seconda guerra mondiale, abbiamo tutt’altri valori e abbiamo tutt’altra identità. Viviamo tempi in cui non esistono più amici e nemici, è difficile distinguerli veramente. L’amicizia è ormai un concetto utilitaristico e la guerra è invocata a gran voce da un sacco di persone.
Un verso della canzone che apre il disco parla di “una guerra mondiale vera” e non fatta “su una tastiera”.
C’è molta gente che vorrebbe una guerra e noi glielo auguriamo. La canzone Zingara è completamente scritta dagli italiani: per la stesura del brano non ho fatto altro che ricopiare i commenti ai vari video sui Rom caricati su Youtube e mi sono reso conto che gl’italiani hanno proprio voglia di sangue!
Un brano come Zingara – corredato nel finale dal monologo del Colonnello Kurtz interpretato da Marlon Brando in Apocalypse Now – rischia di esser preso come inno da chi vorrebbe vedere scorrere il sangue.
Sarebbe meraviglioso, è una cosa che abbiamo pensato anche noi, anche se il video che uscirà tra poco, aiuterà a evitarlo. Ciò non toglie, però, che l’idea possa essere anche questa. Sarebbe come dire: ‘Prendetevi l’inno sulle mostruosità che scrivete!’. Penso che sia un’autocertificazione di idiozia e in quel caso si potrebbe dare un foglio da portare nel portafoglio con scritto ‘io sono scemo’.
Rischiate anche di diventare i paladini dei leghisti.
Ahahah. Ne abbiamo fatte talmente tante contro i leghisti negli anni che non penso ci sia il rischio. Però quando uscì Andate tutti affanculo nel 2009, alcune canzoni ebbero presa su gruppi di estrema destra, che si presentarono ai nostri concerti, perché avevano travisato quello che cantavamo. Fu una cosa meravigliosa.
Un’altra canzone politicamente scorretta è quella intitolata Pisa merda.
Partendo dal fatto che noi siamo pisani, il ‘Pisa merda’, ti assicuro, ci ha seguito ovunque in capo al mondo, e per in capo al mondo intendo dire in Tasmania, quando dopo un tour che facemmo lì, da un taxi qualcuno ci vide e ci urlò ‘Pisa merda!’. Uno slogan che abbiamo trovato sulla Torre Eiffel, sul Muro di Berlino… dovunque. È un pezzo che parla di amore/odio per la propria provincia ma contemporaneamente è una provocazione. Il titolo è autodenigratorio, visto che gettiamo merda sulla nostra città, ma confesso che ci piace giocare con i bassi istinti degl’italiani.
Che rapporto avete con Pisa, la vostra città?
Ce ne siamo andati tutti, tranne Ufo (il bassista, nda), che però vive sui monti. Io ho tradito e sono andato a vivere a Livorno perché amo il mare. In generale, abbiamo tutti un rapporto burrascoso con la nostra città natale. Pisa è ormai una città che si è votata completamente agli universitari, si è svuotata dei suoi stessi abitanti e si venduta completamente, perdendo l’identità culturale con la quale sono cresciuto e che ho adorato. Livorno, invece, non avendo università ed essendo un porto perlopiù commerciale, è una città che sembra rimasta al ’77, e ha delle velleità di cui io necessito facendo il lavoro che faccio.
A Livorno c’è un folto gruppo di artisti, letterati e cantanti che qui risiede. Sei uno che frequenta il giro?
Ne conosco tanti, se non tutti. Uno di questi è Bobo Rondelli con il quale sto lavorando alle sue nuove canzoni, e per me è un grande onore perché è un artista che ho visto suonare ovunque in Toscana dove è considerato un messia. È un mio carissimo amico Bobo, che stimo molto. Poi ci sono altre band e realtà che sono tantissime se si tiene conto della piccolezza della città.
Musicalmente Terza guerra mondiale è un album punk rock, che sembra essere uscito dagli anni 90.
La scelta di registrare con voce, basso, batteria e chitarra, con effetti fatti solo con le chitarre e senza tastiere va proprio in questa direzione. È sicuramente un disco concettualmente punk rock, finalmente qualcuno lo dice!!! È meno folk di tutti quelli che abbiamo fatto finora, quindi è un album elettrico, rock e volevamo farlo proprio così. Vorremmo che ci riconoscessero come entità rock. Siamo cresciuti negli anni 90 e nonostante ascoltiamo tutt’altro, certe cose rimangono nel nostro dna. E perché negarlo?
Esclusa una traccia però, L’anima non conta, che è un pezzo più alla Tiziano Ferro…
Ma non è vero! (ride) Direi che è più un brano alla Otis Redding, ma senza i fiati e in italiano. In Italia siamo abituati che quel mood è pop ed solo per quelle persone lì. Qualcuno ha detto addirittura che è un pezzo alla Negrita e io, con tutto il rispetto che ho per i Negrita, dico ‘mi piacerebbe!’. È una ballata che si rifà al soul degli anni 60, è volutamente citazionista e non è una roba tipica per noi.
Comunque se uno vi paragona a Tiziano Ferro non è un insulto.
In questo momento tutti fanno a gara a essere più pop, nel senso popular. E poi, figurati, Tiziano Ferro è un mostro di bravura, l’ho visto dal vivo, è una cosa incredibile. Semplicemente noi non facciamo quelle cose lì, non ci interessa accrescere il seguito, non è il nostro obiettivo quando scriviamo una canzone o facciamo un album.
In Italia se non parli di sentimenti raramente finisci in radio.
Beh se ci si fa caso, ¾ delle canzoni parlano di litigi o elogi, di molla e rimolla tra coppie.
Nel brano Andrà tutto bene canti “I miei cantanti sono bugiardi, falsi, infantili e arroganti”. Di chi parli?
Parlo di me! Nel brano racconto quel che mi succede spesso: di camminare per le strade della mia città, con giramento di palle annesso, e sentire un forte disagio per tutto quello che ho intorno. Andrà tutto bene è uno sfogo di chi ha sentito sempre e soltanto dirsi dalla radio che tutto andrà bene, che l’amore vincerà sempre. Mi fa schifo ghettizzare certi sentimenti, quindi in questa canzone canto il disagio, il lato oscuro della vita. Nel pop di cui si parlava prima, invece, si parla sempre dell’altro lato.