L'istituzione di Washington, nel World Economic Outlook, lima le previsioni sul prodotto rispettivamente di 0,1 punti percentuali rispetto a luglio e 0,2 punti rispetto ad aprile. E aggiunge che il rapporto debito/pil continuerà a salire. Inoltre il sistema bancario resta il più debole dell'Eurozona insieme a quello portoghese
Mentre il governo conferma gli obiettivi “ambiziosi” messi nero su bianco nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, il Fondo monetario internazionale torna a tagliare le stime di crescita per la Penisola, limando il progresso del pil nel 2017 a +0,9% contro il +1% previsto dall’esecutivo. Non solo: l’istituzione di Washington, nel World Economic Outlook diffuso martedì, aggiunge la previsione di un ulteriore rialzo del rapporto debito/pil, non solo quest’anno (al 133,2% dal 132,7% del 2015) ma anche il prossimo, quando è dato al 133,4% del prodotto interno lordo. Stime peggiori, anche in questo caso, rispetto a quelle di Roma: nella Nota di aggiornamento al Def il debito è previsto al 132,8% del pil nel 2016 e al 132,2% nel 2017.
Per quest’anno l’Fmi vede un pil in crescita dello 0,8%. Le stime sono state tagliate rispettivamente di 0,1 punti percentuali rispetto a luglio e 0,2 punti rispetto ad aprile. La disoccupazione è data per quest’anno in calo all’11,5%, dall’11,9% del 2015, mentre nel 2017 dovrebbe scendere ulteriormente all’11,2%. L’Italia, insieme al Portogallo, è il Paese “con il sistemi bancario più debole“, aggiunge il Fondo.
Che, ampliando lo sguardo, ha confermato che nel 2016 la crescita globale dovrebbe restare “debole e precaria” attestandosi al 3,1% per poi salire al 3,4% il prossimo anno, con le economie avanzate a +1,7 per cento e i mercati emergenti e in via di sviluppo in progresso del 4,2 per cento nel 2016. Per la zona euro il Fondo prevede una crescita dell’1,6 per cento per il 2016, con una revisione al rialzo per il Pil della Germania rispetto alle stime di luglio e una al ribasso per la Francia e l’Italia. Su questo scenario pesano però i rischi legati a politiche populiste che spingono in direzione del protezionismo. “Il voto sulla Brexit e la campagna elettorale presidenziale in corso degli Stati Uniti hanno messo in evidenza un indebolimento del consenso circa i benefici dell’integrazione economica” internazionale, si legge nel World economic outlook.
“Le preoccupazioni circa l’impatto della concorrenza straniera sui posti di lavoro e sui salari in un contesto di crescita debole hanno rafforzato la presa di politiche protezionistiche, con potenziali implicazioni per i flussi commerciali globali e l’integrazione in senso più ampio” continua l’analisi del Fondo. Non a caso la previsione crescita degli Stati Uniti è stata tagliata di 0,6 punti percentuali, a +1,6 per cento. L’incertezza politica, spiegano gli analisti, ostacola gli investimenti delle imprese e l’attività economica a breve termine. Ma soprattutto, ammonisce il Fondo, il rischio è di una crescita globale che si “autoalimenta” nella sua debolezza.