Secondo il premier, si legge nell'editoriale, il bicameralismo paritario "produce ritardi inutili che fanno zoppicare anche i governi benintenzionati come il suo. Eppure nel dopoguerra il Parlamento italiano ha approvato un numero maggiore di leggi di quelle passate in Francia, Germania, Regno Unito e Usa", scrive Tony Barber sottolineando i pericolo di vittoria del No al referendum. Ma "dall'altro lato una vittoria (del Sì, ndr) potrebbe rivelare la follia di voler anteporre l'obiettivo tattico della sopravvivenza del governo alla necessità strategica di una democrazia robusta"
Le riforme costituzionali del governo Renzi sono “un ponte verso il nulla“. E sarebbe meglio che il governo Renzi facesse “meno leggi, ma di migliore qualità“. E’ il consiglio che il Financial Times rivolge al capo dell’esecutivo.
“Per quale motivo – domanda Tony Barber, autore dell’editoriale – Matteo Renzi, che nel 2002 criticò” la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, ora propone di costruirlo e “ne tesse gli elogi?”. La risposta: “Ventilando al rilancio di un progetto caro a Silvio Berlusconi, Renzi punta a ridurre la propensione dei lealisti di Berlusconi e delle altre forze di centrodestra a farlo cadere nel caso in cui dovesse perdere il referendum“. Ma “contrariamente a quanto pensa lo stesso Renzi, le riforme costituzionali che propone faranno poco per migliorare la qualità del governo, del processo legislativo e della politica” italiana.
Secondo il premier, prosegue Barber attaccando alle basi la dottrina renziana, il bicameralismo paritario “produce ritardi inutili che fanno zoppicare anche i governi benintenzionati come il suo, che vogliono mettere in atto riforme in grado di modernizzare il Paese. Eppure la storia dei governi del dopoguerra, compresa quella dello stesso esecutivo Renzi, smentisce la sua teoria. Il Parlamento italiano ha approvato anno dopo anno un numero maggiore di leggi di quelle passate in Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti. Nonostante la mancanza di una maggioranza in Senato, il Partito Democratico di Renzi è riuscito a far passare i tagli delle tasse e la riforma del mercato del lavoro su cui si basa il suo programma”.
“L’Italia – si legge ancora – non ha bisogno di leggi approvate più rapidamente, ma di un numero minore di provvedimenti e di migliore qualità“. Leggi che “dovrebbero essere scritte con cura e applicate davvero, piuttosto che essere bloccate o aggirate da pubblica amministrazione, interessi privati e pubblici”. Le riforme, poi, “sono legate a una legge elettorale che garantirà un premio al partito vincente, garantendogli la maggioranza per 5 anni. Elaborata nel 2014 da Renzi e Berlusconi, anche questa è davvero una cattiva riforma“.
Tony Barber ha cambiato idea sull’ex sindaco di Firenze, dirà chi ricorda un editoriale del 2015 in cui il giornalista definiva Renzi come “l’ultima speranza per l’Italia”. Ma nell’ultimo paragrafo dell’articolo, Barber riprende il concetto. Con un distinguo: “Nelle capitali europee si ha la sensazione che Renzi meriti di essere sostenuto. Un’Italia senza timone, esposta a una crisi delle banche e al Movimento 5 Stelle, comporterebbe guai”, continua il Financial Times sottolineando i pericolo che una vittoria del No al referendum del 4 dicembre comporterebbe. Ma “dall’altro lato una vittoria (del Sì, ndr) potrebbe rivelare la follia di voler anteporre l’obiettivo tattico della sopravvivenza del governo alla necessità strategica di una democrazia robusta“.