Il sasso lanciato nello stagno, nondimeno, di cerchi concentrici ne ha fatti diversi. Al missile di Ghosn si sono accodati in tanti, seppur con toni più diplomatici. A cominciare dal gruppo Jaguar-Land Rover, che anche dopo l’acquisizione nel 2008 da parte degli indiani di Tata ha mantenuto la gran parte della attività di ricerca e produzione in Inghilterra, che per bocca del suo amministratore delegato Ralph Spieth ha invocato “parità di condizioni” per tutti. E non è una voce di poco conto, visto che proprio la sua azienda pesa per circa un terzo delle 1,6 milioni di auto fabbricate nel Regno Unito lo scorso anno.
Si sono fatti sentire anche i tedeschi del lusso: Ian Robertson, responsabile del board Bmw per vendite e marketing, ha nuovamente messo su tavolo la questione del free trade, auspicando che nelle trattative tra Eu e GB “vengano mantenuti gli accordi di libero scambio“. E sottolineando come, in mancanza di questi, a essere penalizzati sarebbero “i flussi di lavoratori tra Germania e Inghilterra, per cui conviene a tutti trovare una soluzione che non scontenti nessuno”.