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Brexit, ministro dell’Interno: “Aziende compilino le liste dei lavoratori stranieri”

Lo scrive in prima pagina il Times di Londra, riportando le parole del ministro dell'Interno Amber Rudd che martedì ha parlato alla Conferenza annuale di Birmingham del Partito Conservatore. L'obiettivo: "evitare che migranti vengano assunti in posti di lavoro che potrebbero essere affidati ai cittadini britannici". Poche ore dopo la stessa Home Secretary ha corretto il tiro

Il primo risultato tangibile della Brexit potrebbero essere le liste di proscrizione dei lavoratori stranieri: “Le aziende saranno obbligate a rivelare quanti lavoratori stranieri hanno in organico”. E’ una delle principali misure contenute nel piano del governo di Londra per “svergognare le società che assumono poco personale britannico”. Lo scrive in prima pagina il Times di Londra, riportando le parole del ministro dell’Interno Amber Rudd che martedì ha parlato alla Conferenza annuale di Birmingham del Partito Conservatore. L’obiettivo: “evitare che migranti vengano assunti in posti di lavoro che potrebbero essere affidati ai cittadini britannici”. Nel suo discorso Rudd ha promesso anche di rendere più stringenti le norme alla base della concessione di visti agli studenti provenienti da Paesi extra-europei, allo scopo di ridurre il numero dei migranti da 327mila a 100mila l’anno.

Poche ore dopo la stessa ministra ha corretto il tiro. Rudd ha dapprima precisato che lei non ha mai fatto riferimento a liste nominative, precisando che però “ci deve essere un dibattito su quali competenze vogliamo avere nel Regno Unito”. L’iniziativa abbozzata martedì aveva scatenato una reazione molto negativa delle aziende, che vedevano nella proposta un grosso limite alla loro capacità di assunzione. A storcere il naso sono stati anche diversi esperti legali, secondo cui misure del genere andrebbero contro la normativa anti-discriminazione britannica.

Rudd ha detto di voler “stanare” le compagnie che non rispettano le regole per “spingerle ad un miglior comportamento“. A suo giudizio, le società non formano abbastanza dipendenti britannici e le regole che impongono di pubblicizzare le offerte di lavoro per 28 giorni in Gran Bretagna prima di rivolgersi all’estero vanno rafforzate. Fra le proposte prese in esame dalla Rudd, si prevede che le compagnie che reclutano dipendenti all’estero dovranno dimostrare di aver cercato anche in Gran Bretagna e “chiarire quale proporzione della loro forza lavoro è internazionale”. Secondo la titolare dell’interno del governo May, l’attuale sistema non fornisce “chiari incentivi” a considerare propriamente i meriti dei candidati locali o a impegnarsi nella loro formazione.

Le proposte della titolare degli Interni non sono piaciute al suo compagno di partito Neil Carmichael. “Questa inquietante politica porterà persone, imprese e compassione fuori dalla società britannica e non dovrebbe essere portata avanti – ha detto il deputato conservatore – le persone che arrivano in Gran Bretagna per lavorare duro, pagare le tasse e contribuire alla nostra società dovrebbero essere celebrate, non svergognate. Penso che questa politica divisiva non può avere posto nella gran Bretagna del XXI secolo”. Il laburista Andy Burnham, ministro ombra del Lavoro, ha accusato la Rudd di xenofobia.