Non c’è una disparità di trattamento tra politici locali e parlamentari che vengono sospesi in base alla legge Severino dopo essere stati condannati. È il principio che fissa la Corte Costituzionale che ha dichiarato infondata la questione sollevata in merito alla sospensione dalle cariche di consigliere regionale, di presidente della Regione e di consigliere comunale. Perdono ogni speranza quindi quegli amministratori sospesi, per una condanna non passata in giudicato, che avrebbero potuto tornare in sella se i giudici avessero accolto le questioni sollevate dai Tribunali di Napoli e Bari. La Consulta ha ritenuto, in particolare, che non vi è stato un eccesso di delega, che il carattere non sanzionatorio della sospensione esclude che sia stato leso il divieto di retroattività, e che la oggettiva diversità di status e di funzioni dei parlamentari rispetto ai consiglieri e agli amministratori degli enti territoriali quindi non consente di configurare una disparità di trattamento.
Le questioni sollevate da Tribunali di Bari e Napoli
I magistrati erano stati chiamati per l’ennesima volta ad occuparsi dei profili di incerta interpretazione sollevati dal Tribunale di Napoli, ancora una volta sulla vicenda De Luca, e dalla corte di Appello di Bari sulla sospensione del consigliere regionale dem della Puglia Fabiano Amati dopo la condanna in primo grado a un anno e otto mesi per tentato abuso d’ufficio e falso. Questa sospensione era stata congelata dalla Corte barese in attesa della Consulta.
Il caso di Vincenzo De Luca
Una vicenda, quella di De Luca, che aveva innescato polemiche ma che è arrivata alla Corte praticamente disinnescata perché il governatore della Campania, che era stato condannato a un anno per abuso d’ufficio per la nomina di un project manager per la realizzazione del termovalorizzatore di Salerno, in appello è stato assolto “perché il fatto non sussiste”. Assoluzione confermata lo scorso 14 settembre dalla Cassazione. Di conseguenza anche la sua sospensione ha perso senso. Sospensione che, per altro, non è mai scattata perché De Luca impugnò il provvedimento di fronte al tribunale civile, che bloccò tutto in attesa che la Corte Costituzionale si pronunciasse. Quella pronuncia è arrivata e chiude anche la partita ancora formalmente aperta di fronte al tribunale civile.
Poco più di un anno fa, il 20 ottobre 2015, la Corte aveva già esaminato la legge sulla scorta di un ricorso che coinvolgeva il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio nel processo Why Not. Quel ricorso fu rigettato e la legge Severino dichiarata legittima. Ma il giorno dopo de Magistris fu assolto in appello per Why Not e per lui lo spettro della Severino si allontanò. Come avvenuto per il presidente della Campania.
Riflessi indiretti su Silvio Berlusconi
Ma la decisione potrebbe avere dei riflessi indiretti sulla questione che riguarda invece Silvio Berlusconi e il giudizio pendente alla Corte di Strasburgo, che fa leva soprattutto sulla presunta retroattività della legge. Anche con la decisione appena assunta, infatti, la Corte Costituzionale ha escluso che nell’applicazione della Severino sia stato leso il divieto di retroattività. Poco più di un anno fa, il 20 ottobre 2015, la Corte aveva già esaminato la legge sulla scorta di un ricorso che coinvolgeva il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e la sua condanna in primo grado per abuso d’ufficio nel processo Why Not. Quel ricorso fu rigettato e la legge Severino dichiarata legittima. Ma il giorno dopo de Magistris fu assolto in appello per Why Not e per lui lo spettro della Severino si allontanò. La sospensione dalla carica, quindi, praticamente non era più applicabile, ma di fronte alla Consulta de Magistris perse, perché – disse la sentenza – la sospensione non è una sanzione penale e quindi non vale il divieto di applicarla per fatti antecedenti alla legge. Ora i giudici costituzionali ribadiscono questo principio. Per lo meno per la sospensione. Il 27 novembre 2013, invece, Berlusconi, in base alla legge Severino, fu dichiarato decaduto dalla carica di senatore per la condanna Mediaset. Condanna definitiva. La prospettiva quindi è diversa e spetterà a Strasburgo stabilire se la decadenza possa essere ritenuta, diversamente dalla sospensione, una sanzione di natura penale, e quindi non retroattiva, o valga lo stesso principio applicato alla sospensione.