Teschi, ossa, resti di corpi umani abbandonati in una grotta nascosta in mezzo alla campagna dell’entroterra siciliano. È una scoperta in bianco e nero quella della direzione distrettuale antimafia di Palermo: quei resti umani trovati in fondo ad una grotta potrebbero infatti essere l’ultimo cimitero di mafia. Si tratta di un luogo difficilmente raggiungibile, alla fine di una strada impervia in contrada Casalotto, territorio di Roccamena, comune praticamente attaccato a Corleone.
È lì dentro che i carabinieri del gruppo Monreale hanno ritrovato i resti di almeno sei corpi, tra cui una donna. Gli uomini dei Vigili del Fuoco insieme a quelli del soccorso Alpino sono al momento impegnati nel recupero delle ossa: impossibile capire a quando risalgono né tantomeno avere anche una lontana idea dell’identità dei cadaveri. Domande che potrebbero trovare una risposta soltanto dopo i test di rito, effettuati dagli uomini del Ris dei Carabinieri, mentre sul luogo del ritrovamento si sono recati anche due sostituti procuratori della Dda palermitana.
L’indagine è coordinata direttamente da Francesco Lo Voi, capo dell’ufficio inquirente siciliano, e dall’aggiunto Leonardo Agueci. Massimo riserbo da parte degli investigatori sull’input che ha poi fatto giungere alla scoperta della grotta. In un primo momento si era ipotizzato un possibile collegamento con la collaborazione di Nino Pipitone, il boss di Carini che ha recentemente deciso di “saltare il fosso” e farsi pentito: circostanza questa che è stata esclusa dagli inquirenti.
La zona però è impervia e difficilmente raggiungibile: è per questo motivo che una scoperta casuale della grotta sembra impossibile. Al contrario è molto probabile che agli inquirenti sia arrivata la soffiata giusta da parte di una fonte confidenziale, una persona molto ben informata su quella che è probabilmente una delle tante foibe di Cosa nostra. Per decenni, infatti, la zona è stata utilizzata dagli uomini della piovra per occultare i cadaveri delle persone che dovevano semplicemente sparire nel nulla. L’elenco è sterminato e comincia proprio da queste parti con Placido Rizzotto, il sindacalista ucciso nel 1948 da Luciano Liggio, gettato in una foiba a Rocca Busambra, nei dintorni di Corleone: i suoi resti furono ritrovati soltanto nel 2009, più di 60 anni dopo. Una pratica, quella di fare completamente sparire i corpi delle vittime da parte di Cosa nostra, talmente comune da meritarsi una definizione a parte, fatta da due semplici parole: lupara bianca. È dunque molto probabile che anche i resti ritrovati nella grotta di contrada Casalotto appartengano proprio a vittime della lupara bianca. Resta da capire soltanto chi: gli elenchi dei morti ammazzati che Cosa nostra ha fatto svanire nel nulla sono ancora lunghi.