In aula la deposizione di Stefano Tomarelli, manager di Condotte, che con l'ingegnere Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, ha avuto una lunga frequentazione. L'importante era non lasciare fuori nessuno, in particolare il futuro sindaco di Venezia. A Orsoni, poi finito ai domiciliari, anche pagamenti in nero. Brunetta incassò soldi "secondo quanto prescritto dalla legge"
Il finanziamento bipartisan, quintessenza non ideologica dei rapporti di potere pubblico a fini di interesse privato, fa la sua irruzione nel processo per lo scandalo Mose in corso a Venezia. In una udienza riservata a testimoni non di primo piano, ecco materializzarsi il Mazzacurati-pensiero, ovvero la filosofia che il presidente del Consorzio Venezia Nuova aveva elaborato e raffinato negli anni. Pagare tutti, di centro, di destra e di sinistra. Non cambiava se fossero già al potere o dovessero ancora essere eletti. L’importante era non lasciare fuori nessuno, in particolare il futuro sindaco di Venezia. Il Consorzio, concessionario del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna, distribuiva quindi soldi pubblici.
È in questa cornice che si colloca la deposizione di Stefano Tomarelli, manager di Condotte, che con l’ingegnere Giovanni Mazzacurati ha avuto una lunga frequentazione. Lo scenario è quello delle elezioni del marzo 2010 in laguna, dove l’avvocato Giorgio Orsoni, candidato del centrosinistra, se la giocava con Renato Brunetta, ministro nel governo Berlusconi. Così ha raccontato Tomarelli: “Il presidente Mazzacurati mi disse che non si fidava di Brunetta, perché era imprevedibile. Avrebbe preferito come sindaco, invece, Orsoni, che era un suo caro amico. Ma non voleva inimicarsi Brunetta, in quanto vicino a Silvio Berlusconi”. Ecco spuntare il finanziamento-omnibus. “E dunque mi spiegò che i contributi elettorali ufficiali per i due candidati sarebbero stati analoghi. Poi disse però che a Orsoni avrebbe aggiunto un finanziamento in nero. Con lui gli era più facile parlare, mentre per difficoltà caratteriali era molto meno facile farlo con Brunetta”. Tomarelli ha detto di non aver saputo le cifre, né tantomeno se poi i versamenti ci furono. Ma ha aggiunto di aver avuto successivamente una confidenza da Mazzacurati, secondo cui Orsoni era diventato sindaco grazie a lui. Al primo turno l’avvocato aveva trionfato al primo turno on il 51,1%, staccando di 8 punti e mezzo percentuali Brunetta (42,6%) che se l’era presa con gli alleati della Lega Nord, colpevoli a suo dire di non averlo sostenuto e votato un ministro di Berlusconi. L’ingegnere era rimasto alquanto contrariato quando, tempo dopo, Orsoni aveva messo il bastone tra le ruote del Consorzio Venezia Nuova che voleva accaparrarsi l’Arsenale per le proprie attività. “Mazzacurati pretendeva riconoscenza da parte di chi aveva aiutato“, ha concluso Tomarelli.
Interpellato da ilfattoquotidiano.it, l’ex ministro Brunetta non ha dato molta importanza alle dichiarazioni di Tomarelli. “Non lo conosco, non so chi sia… Adesso sono impegnato in altre faccende”. Ma i soldi li ha ricevuti? “Quelli che ho ricevuto erano versati secondo quanto prescritto dalla legge. Questo è il sale della democrazia”.
Furono tanti, nell’arco di due decenni, i beneficiati del sistema Mazzacurati. Sul banco degli imputati del processo ci sono, oltre ad Orsoni, anche l’ex ministro Altero Matteoli, l’ex presidente del Magistrato alle acque Maria Giovanna Piva e l’ex eurodeputato Lia Sartori di Forza Italia. Proprio di Matteoli ha parlato Tomarelli, riferendo come fonte sempre Mazzacurati. Gli avrebbe spiegato che somme di denaro avrebbero avuto come destinatario il ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture, ovvero sia funzionari che il ministro in persona. Matteoli è infatti imputato perché nei lavori di marginamento a Porto Marghera fu coinvolta la società romana Socostramo di Erasmo Cinque, un imprenditore vicino ad Alleanza Nazionale. Il manager di Condotte ha spiegato che i pagamenti illeciti avvenivano sia a Venezia che a Roma.
L’udienza è servita per mettere a fuoco il sistema dell’illecito e della corruzione. I pubblici ministeri Carlo Nordio, Stefano Ancillotto e Stefano Buccini, hanno chiamato a deporre Gianfranco Boscolo della cooperativa Coedmar che si occupava dei lavori in laguna. L’imprenditore ha ammesso: “Per lavorare bisognava pagare”. E ha quantificato le dazioni totali in quattro, cinque milioni di euro, con quote di 400mila euro l’anno in contati. “Era il 50 per cento di quanto il Consorzio ci dava”. Mazzacurati non spiegava le ragioni dei versamenti illeciti. “Tu lavora e paga mi diceva Mazzacurati, al resto ci penso io” ha messo a verbale Boscolo.