Scuola

Scuola, il diritto allo studio non vale per gli studenti con disabilità. Le storie: “Mi hanno detto di lasciare a casa mio figlio”

L'orario di frequenza - in teoria - non ha distinzioni, ma per gli alunni disabili si devono tener conto anche delle ore necessarie per il sostegno. Eppure la campanella non suona per tutti. Maia, 6 anni, bambina con tetraparesi spastica, a Milano non ha neanche il banco. Stefano è un 16enne sordo senza assistenza alla comunicazione nel Casertano. A Catania una mamma denuncia: "Nessuno vuole portare in bagno mio figlio", che ha una malformazione anorettale. Da Nord a Sud, storie di disagio e discriminazione

“Un dirigente scolastico mi ha detto di lasciare a casa mio figlio fino all’arrivo del sostegno”. “Nessuno vuole portare mio figlio in bagno quando ha bisogno”. Le storie raccolte da ilfattoquotidiano.it dimostrano che il diritto a frequentare la scuola in Italia non vale per tutti. Sono migliaia gli alunni e studenti con disabilità, sia fisica che psichica, che a un mese dall’inizio dell’anno scolastico non possono ancora partecipare alle lezioni insieme ai loro compagni di classe. In totale gli studenti disabili quest’anno sono aumentati di 8.057, passando da 216.452 a 224.509. Questa crescita, che è un elemento positivo in vista di una piena inclusione scolastica di tutti i giovani con disabilità, in mancanza di investimenti adeguati per aumentare di pari passo anche il numero dei docenti di sostegno, rischia di peggiorare la situazione che danneggia chi non ha nessuna colpa. L’assenza di assistenza personale in classe e di un trasporto adeguato purtroppo non è una sorpresa. Non c’è solo il caso, già noto, della Lombardia, con la difficoltà di centinaia di famiglie con una figlia o un figlio disabile iscritto a scuola. I disagi si estendono su tutto il territorio nazionale, con criticità diverse sia a livello geografico, sia dei singoli istituti scolastici. L’orario di frequenza in teoria è uguale per tutti, ma per i tanti alunni e studenti con disabilità si devono poi tener conto anche delle ore necessarie per il sostegno, delle ore che effettivamente vengono assegnate e che possono essere “coperte” da insegnanti specializzati e da educatori personali.

MILANO. Iniziare la prima elementare senza insegnante di sostegno, né un banco funzionale  La storia di Maia è come quella di tanti altri bambini con bisogni “speciali” che si ritrovano all’inizio dell’anno scolastico senza sapere per quante ore al giorno potranno frequentare le lezioni insieme ai propri compagni di classe. “Mia figlia – spiega Barbara Brusati a ilfattoquotidiano.it – si aspettava un appuntamento importante, denso di attese e tante emozioni. Come genitori, eravamo consapevoli che sarebbe stata una nuova sfida, perché per noi è tutto un po’ complicato”. Maia è una bambina di sei anni e mezzo, con un grave ritardo neuromotorio, tetraparesi spastica, e uno del linguaggio dovuto a un evento di anossia cerebrale (mancanza di ossigeno al cervello per qualche minuto, ndr) avvenuto a circa un anno di età per aver ingerito “in modo sbagliato” un pezzetto di mela. “Già al primo giorno di scuola elementare, dopo le iniziali emozioni comuni a tutti gli altri genitori, è subentrata in noi tanta amarezza. Ci siamo ritrovati a dover gestire una situazione di disagio e difficoltà: la mancanza di tutte le ore di sostegno per coprire la frequenza scolastica di Maia (al momento sono state assegnate solo 12 ore di sostegno a settimana). Perché non è possibile far frequentare in ugual modo tutti i bambini?” si chiede amareggiata la madre. “A questo poi si è aggiunto il ritardo nell’assegnazione degli educatori, in quanto il Comune di Milano elargisce i fondi alle scuole successivamente all’inizio delle lezioni”, con la conseguente mancanza di assistenza alla persona, aiuto durante il pasto (Maia deve essere imboccata) e alla comunicazione (Maia non riesce a parlare, ma si esprime attraverso i simboli della Comunicazione Aumentativa Alternativa). “Dove sono tutelati i suoi diritti essenziali?”. La frequenza a scuola di Maia si riduce notevolmente non potendo fermarsi per il pranzo, momento riconosciuto come importante per la socializzazione. Cosa ancora più grave è l’assenza di un banco funzionale alle esigenze e ai bisogni della bambina con tetraparesi spastica, peraltro richiesto dai suoi genitori alla scuola già a maggio scorso, ben prima dell’inizio delle lezioni. “Insomma, ogni anno, si ripropone la solita storia: la mancanza di fondi per garantire uguale diritti ai nostri figli con bisogni speciali ma proprio per questo più urgenti”.

“Maia nonostante tutto – racconta la madre – ci sembra serena e contenta di andare a scuola, è un’esperienza unica per favorire la relazione, l’autonomia, la conoscenza di cose nuove, di socializzare con figure nuove e con i compagni, che le offrono la possibilità di progredire, di acquisire nuove competenze. L’accoglienza da parte degli insegnanti nell’insieme è buona, cercano di compensare come possono le carenze che il Sistema scuola impone soprattutto nei confronti di queste situazioni. Tuttavia appare meno felice quando deve lasciare la sua classe prima del tempo, perché per lei è finito il tempo a disposizione”. Barbara riconosce di trovarsi sempre più in difficoltà a gestire queste situazioni che richiedono spesso di assentarsi dal lavoro per poter “assistere ai figli, fare salti mortali, arrabbiarsi per ottenere ciò che è di diritto, sentirsi abbandonati invece che accolti da un sistema che fatica a funzionare come dovrebbe. Vorremmo che non ci fossero più distinzioni tra bambini di serie A e di serie B, ma solo bambini, tutti con gli stessi diritti. E che non ci fosse più un Paese nel suo complesso che non investe nell’istruzione dei propri figli”.

CATANIA. “Il dirigente scolastico ha detto di lasciare a casa mio figlio fino all’arrivo del sostegno” – La campanella della scuola non suona per tutti. Un’altra situazione di forte disagio è quella di un ragazzo disabile quindicenne che frequenta un Istituto tecnico industriale a Catania. “La vita dei disabili che desiderano frequentare la scuola in Sicilia è difficilissima. Ogni anno vediamo un diritto sacrosanto negato ai tanti ragazzi, compreso mio figlio, la cui unica colpa è avere bisogno di servizi indispensabili per stare a scuola come tutti”. Queste sono le parole di Angela Rendo, madre del giovane (il cui nome ha chiesto di non divulgare, ndr) e vicepresidente dell’associazione 20 Novembre 1989, che ha lo scopo sociale di tutela dei diritti dei minori con disabilità, dei minori in condizioni di rischio sociale ed emarginazione e delle persone maggiorenni con disabilità, lavorando in particolare nelle città di Catania, Palermo Messina. “Le istituzioni continuano a parlare di inclusione scolastica e diritto allo studio, ma rimangono solo le parole. Sembra quasi che sia un favore elargire i diritti dovuti ai nostri ragazzi, come il sostegno a scuola, e sembra quasi che ciò che a loro è dovuto sia un privilegio concesso. Ma come si può tollerare tutto questo ancora?”. Il figlio di Angela è nato con una malformazione anorettale, schisi sacrale (mancata saldatura di una o più vertebre) e problemi vescicali con un un solo rene. E’ anche affetto da una sindrome da regressione caudale e di recente gli è stata anche diagnosticata un’altra malattia genetica rara, la distrofia muscolare di Becker. “Sono chiamata a spiegare a mio figlio – racconta Angela a ilfattoquotidiano.it – perché deve rimanere a scuola solo poche ore e questo significa rimarcare la sua diversità, dopo anni che lotto per convincerlo che lui potrà avere una vita come tutti”.

Per il ragazzo, oltre a subire il problema più diffuso che riguarda l’assenza di un docente di sostegno fisso che possa garantirgli la continuità didattica negli anni, deve subire anche la mancanza di un assistente igienico personale, che lo porti in bagno almeno 1-2 volte al giorno. “Qui in Sicilia il servizio di accompagnamento ai servizi per ragazzi non autonomi è svolto da Operatori socio-assistenziali (Osa) formati e retribuiti tramite cooperative sociali, servizio peraltro effettuato bene e con possibilità di scelta da parte delle famiglie. Il problema principale è però l’assenza di risorse economiche e fondi specifici per tanti servizi che stentano a partire. Questa mansione dice la Regione dovrebbe essere svolta dal personale ATA come da legge nazionale con 40 ore di formazione, che però viene spesso disattesa. Ma a scuola, in realtà, se mio figlio ne avesse necessità non c’è nessuno in grado di poterlo ‘svuotare’, il personale ATA – che dicono debba essere formato – non è disposto neppure ad accompagnarlo alla porta del bagno. Purtroppo in Sicilia manca quasi tutto, dal materiale didattico per i non vedenti agli educatori domiciliari. Solo chi ha possibilità economiche vede riconosciuti i propri diritti”.

CASERTA. 16enne sordo senza assistenza alla comunicazione. “Così può perdere l’anno” Stefano vive a Mignano Monte Lungo, in provincia di Caserta, e frequenta il terzo anno dell’Istituto Alberghiero di Vairano Scalo. Nato con una malformazione cardiaca, è stato operato alla nascita d’urgenza e ha subito vari interventi durante i suoi primi giorni di vita. All’età di un anno i suoi genitori vengono a conoscenza anche di una perdita dell’udito e a 7 anni è stato operato all’orecchio dove gli è stato applicato un impianto cocleare. Attualmente Stefano riesce a parlare solo attraverso il linguaggio mimico-gestuale. “Gli specialisti ci hanno sempre detto di fare richiesta alla scuola per avere a disposizione un assistente alla comunicazione, oltre all’insegnante di sostegno, che purtroppo però – spiega sua madre Lucia Forgetta – tutt’oggi anche dopo diversi solleciti e richieste formali, tale figura non è ancora stata assegnata”.

“Le istituzioni mandano gli insegnanti di sostegno, i quali potrebbero essere anche i più bravi, (e sono ben pochi – precisa Lucia), ma se non hanno la specializzazione non riusciranno mai a svolgere bene il proprio lavoro, soprattutto con delle particolari disabilità si rischia soltanto di peggiorare la situazione e di non agevolare il difficile percorso di inserimento scolastico. Mi sono rivolta personalmente agli enti competenti, ma mi hanno sempre risposto che non hanno i fondi necessari, o addirittura “questo non è un problema nostro!” racconta la madre. “Sono stanca, lotto da 16 anni per i diritti che spettano per legge a mio figlio, le norme ci sono ma non vengono messe in pratica. Il problema fondamentale è che senza la figura richiesta, e a causa di una programmazione differenziata che Stefano non dovrebbe svolgere, quest’anno rischia di non prendere l’attestato di qualifica e di non diplomarsi nemmeno in futuro”.

MILANO. “Il passaggio dalle medie alle superiori? Un disastro, ripartiamo da zero” – Un’altra vicenda di non adeguata inclusione scolastica nel capoluogo lombardo è quella di Matias Bonfrisco, ragazzo di 17 anni, che è diventato disabile il 30 novembre 2009 dopo che un “pirata” della strada gli ha rubato la vista e anche un pezzetto di cervello. Mesi di coma e anni di ricovero a Bosisio Parini, provincia di Lecco, alla Nostra Famiglia Istituto E. Medea e in tanti ospedali, 42 interventi chirurgici di tutti tipi, mezzo cranio di titanio e una valvola lombo-peritonale. Mati – dice la madre Maria Bonfrisco – viene riconsegnato alla società, molto diverso di prima e con tanti handicap non solo fisici ma anche cognitivi. La famiglia decide di trasferirsi a Milano per iscrivere Matias ad un Istituto Professionale per il commercio e il turismo, in cerca di un futuro migliore e di una possibilità di terminare il percorso di studio. “Abbiamo scelto questa scuola soprattutto perché garantiva alta qualità per il sostegno, con quasi 30 insegnanti dedicati in totale. Il numero, però, l’anno scorso è diminuito a 28 per seguire quasi 50 disabili, e quest’anno i docenti di sostegno sono stati tagliati a circa un terzo per 68 ragazzi con disabilità”. “Adesso mio figlio non ha un assistente personale che lo segue quotidianamente. In questo periodo i professori si sono organizzati per sistemare gran parte degli alunni con disabilità in una sala, cercando di seguirli tutti insieme, ma con un numero troppo esiguo di docenti. Ma questo non è certo inclusione scolastica e rispetto delle norme vigenti”.