Con 116 richieste di archiviazione la Procura di Roma ha dato un colpo di forbice ai rami considerati secchi dei tanti filoni d’inchiesta nati dopo gli arresti del 2014. Sarà ora il Gip romano a valutare la richiesta dei magistrati. Il processo madre contro l'organizzazione resta ovviamente in piedi
Con 116 richieste di archiviazione la Procura di Roma arriva ad un punto di svolta nelle indagini sul “mondo di mezzo” di Massimo Carminati. Il processo madre – quello contro l’organizzazione “Mafia capitale”, con capi d’imputazione aggravati dalle modalità mafiose – rimane ovviamente in piedi, in attesa del verdetto di primo grado che potrebbe arrivare entro pochi mesi. Il provvedimento che chiude le indagini su poco più di un centinaio di indagati è in buona parte un colpo di forbice ai rami ritenuti secchi dei tanti filoni d’inchiesta nati dopo gli arresti del 2014. Ci sono i politici, con nomi eccellenti, come quello del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, tirato in ballo da Buzzi durante i suoi primi interrogatori. Ci sono i neri, quel gruppo di neofascisti di Roma Nord che avevano attirato l’attenzione del Ros all’inizio delle indagini su Mafia Capitale. E poi piccoli e grandi imprenditori, come il costruttore Parnasi: tutti inseriti nella mega richiesta di archiviazione firmata dal procuratore Pignatone, dagli aggiunti Prestipino e Ielo e dei pm Tescaroli e Cascini. Sarà ora il Gip romano a valutare la richiesta.
Nell’aula bunker di Rebibbia intanto le udienze del processo Mafia capitale iniziano ad avviarsi alle battute finali. E’ questa la sede dove vengono giudicati i due principali protagonisti dell’indagine più nota della procura romana, Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Sono loro, per l’accusa, i capi di quella organizzazione che anche la Cassazione – in sede di valutazione dei provvedimenti cautelari eseguiti il 5 dicembre di due anni fa – ha definito fino ad oggi mafiosa, tanto da far scattare l’imputazione per la violazione dell’articolo 416 bis. La battaglia in aula corre ormai da un anno sul binario giuridico del riconoscimento del gruppo nato e cresciuto attorno a Buzzi e Carminati – quel “mondo di mezzo” in grado di mettere in contatto la politica e le paranze criminali della capitale – che ha condizionato buona parte della politica capitolina degli ultimi anni. Ci sono poi, tra gli imputati, i tecnici, i manager delle municipalizzate romane, come Giovanni Fiscon e Franco Panzironi, che sono accusati di aver avuto rapporti troppo stretti con quel mondo criminale. E poi i politici, come Luca Gramazio, figlio rampante della destra romana, e Luca Odevaine, già vice capo di gabinetto nella giunta Veltroni e nome di spicco della sinistra della capitale. I neri, i rossi, tutti uniti nel nome di Carminati e Buzzi.
La richiesta di archiviazione chiude alcuni capitoli, salvo decisioni contrarie del Gip. Prima di tutto pone la parola fine alla pista iniziale dei carabinieri del Ros, che, alla fine del 2009, iniziarono ad approfondire le attività di un gruppo di neofascisti romani. Fu l’atto d’inizio del filone investigativo che – due anni dopo – portò ad aprire il fascicolo su “Mafia capitale”. La procura ha chiesto al Gip di archiviare le posizioni di Luigi Ciavardini, già esponente dei Nar e di Terza Posizione, condannato per la strage di Bologna, di Laura Marchini, di Matteo Costacurta, di Fabrizio Pollak, di Massimo Carminati (esclusivamente per questo filone d’indagine), di Maurizio Caracciolo, di Angela Maria Monaco, di Stefano Massimo e di Gianluca Ius. L’ipotesi accusatoria era di aver fatto parte di un gruppo “operante sul territorio romano, volta a pianificare delitti di rapina per finanziare azioni criminali di tipo eversivo”.
Si chiude anche il filone investigativo che puntava a collegare alcuni personaggi ben noti alle cronache giudiziarie romane con Cosa nostra. Si tratta di Ernesto e Leonardo Diotallevi e Giovanni De Carlo, che le indagini svolte dal Ros avevano ipotizzato essere i terminali della mafia siciliana nella capitale: “Sebbene intercettazioni telefoniche accreditassero l’ipotesi investigativa – scrivono i magistrati delle procura romana nella richiesta di archiviazione – le risultanze tecniche esperite non hanno, tuttavia, consentito di acquisire decisivi elementi di conferma a tali affermazioni”. Due archiviazioni, queste ultime, che probabilmente indeboliscono alcuni aspetti del mondo di Massimo Carminati: da una parte c’era l’ipotesi che a Roma le batterie criminali dei neri, pronte a finanziare l’eversione, continuassero ad essere attive; e dall’altra il link con Ernesto Diotallevi – nome legato alla storia della banda della Magliana – che portava fino a Cosa nostra. Si sono poi altre archiviazioni che pesano, soprattutto quella che riguarda l’ipotesi di favoreggiamento esterno contestata all’avvocato Paolo Dell’Anno, legale di riferimento per molti personaggi vicini allo stesso Carminati: anche per lui la Procura ha oggi chiesto di archiviare il procedimento, per non aver trovato nessun riscontro all’ipotesi investigativa iniziale.
Nella richiesta depositata dalla Procura di Roma si leggono anche i nomi di politici della capitale, come il presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Per l’esponente del Pd cadono le accuse nate da un interrogatorio di Salvatore Buzzi del giugno 2015, che lo aveva indicato come beneficiario di una serie di tangenti destinate a sostenere la campagna elettorale. Per i magistrati della Procura di Roma “il fatto che le erogazioni in campagna elettorale non siano finalizzate ad atti o attività dell’ufficio, già secondo il tenore delle dichiarazioni di Buzzi, sono elementi che impongono l’archiviazione”. Buzzi in un secondo interrogatorio del giugno 2016 aveva poi raccontato di “un accordo a monte” tra Storace e Zingaretti per la spartizione del mega appalto sul Cup, il sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie. Anche in questo caso i magistrati hanno riscontrato “l’assenza di riscontri”, chiedendo l’archiviazione del fascicolo per il presidente della regione Lazio.
Nel caso di Alemanno viene meno l’ipotesi di reato di aver favorito l’associazione mafiosa Mafia capitale, anche se rimane in piedi il processo per corruzione, tutt’ora in corso. I magistrati nel suo caso evidenziano però come sia “certa la curvatura di Alemanno nella direzione degli interessi dell’associazione”. Insomma c’era vicinanza, ma “non sussistono elementi idonei a delineare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato”.
Escono dalle indagini anche altri indagati, sospettati di aver compiuto una serie di reati contro la pubblica amministrazione: tra gli altri Angelo Marinelli, della segreteria dell’allora assessore Ozzimo, Patrizia Cologgi, legata al filone Odevaine, già funzionaria della protezione civile, l’ex direttrice del dipartimento del patrimonio di Roma Capitale Mirella Di Giovane, che si era occupata dell’emergenza alloggiativa, l’ex segretaria di Panzironi Patrizia Caracuzzi, Salvatore Forlenza, dirigente del Consorzio nazionale servizi (area Legacoop), Giampiero Monti, delegato all’epoca di Alemanno alla gestione dei campi nomadi.
La richiesta di archiviazione fa riferimento ad un procedimento penale iscritto solo lo scorso 22 luglio. Un dato tecnico, probabilmente dovuto all’esigenza di creare un fascicolo dove far confluire le posizioni dei 116 indagati per i quali la procura ha chiesto l’archiviazione. Passaggio, questo, che potrebbe “coprire” le indagini ancora in corso su altri filoni, con altri nomi d’indagati, che sarebbero poi emersi con l’invio della richiesta di archiviazione al Gip.