di Giorgio Frabetti

Si può rovesciare la “narrazione” renziana del referendum costituzionale come scontro tra “l’Italia del Sì, cioè del cambiamento” e “l’Italia del No, dei rosiconi? “Se voti No, non cambi nulla”, dice la vecchietta dell’irritante spot pro-Sì? Io non sono un esperto di marketing, ma da uomo della strada e tenace sostenitore del NO, ne sono convinto. Bisogna capire il target di quei messaggi, capire cioè il profilo dell’elettore-tipo cui Matteo Renzi e il fronte del Sì rivolgono la loro attenzione. Se vi interessa, io ho una teoria.

Secondo me tutta questa narrazione parla al tipo di elettore che potremmo classificare col noto stereotipo della “casalinga di Voghera”: Renzi presuppone che si annidi qui quel 50% di indecisi rilevato dai sondaggi, forse è questo un elettorato orfano del centro-destra (di qui, forse, le dichiarazioni del premier: “Bisogna prendere voti a destra!”).

Il tipo di elettore cui Renzi si rivolge è un elettore molto sensibile al richiamo del “Fare” (con pochi pruriti per i temi dei diritti civili e dello Stato di diritto). Questo tipo di elettore non può che aderire con entusiasmo, se mobilitato a votare una riforma istituzionale che renda il Paese più semplice. E del resto, guardiamoci in faccia: chi non sognerebbe che l’Italia portasse il segno, l’impronta della buona amministrazione che tutti ammiriamo nelle nostre casalinghe? Chi non vorrebbe vivere in un Paese dove le decisioni (come “racconta” Renzi) siano più rapide, più pratiche, quindi benefiche per l’economia di tutti?

Il guaio è che anche le casalinghe (come tutti gli umani) prendono, a volte, delle terribili cantonate: anche le migliori massaie, qualche volta, cadono vittime di untuosi venditori che rifilano loro aspirapolveri-catorci per € 2.000 (a rate!), e sono convinte di aver fatto l’affare del secolo! Allo stesso modo, possono credere in Matteo Renzi.

Ma come arrivare alle orecchie della casalinga di Voghera? Più che intellettuali e costituzionalisti, serve il garbo e la preparazione del bravo commercialista o dell’onesto avvocato di famiglia, che abbia l’autorevolezza di dire:

“Signora, immagini di essere una grande azienda in crisi, una Spa, che rischia il fallimento: Lei, in questa situazione, metterebbe mano allo Statuto della Società per introdurre regole più complesse, che rendano le decisioni della direzione più lente e difficoltose? Facendo così, manderebbe senz’altro a picco l’azienda… Chi, sano di mente, si sognerebbe di fare una cosa del genere? Ebbene, proprio questo fa la riforma Boschi, appesantisce le istituzioni! Perché dobbiamo perdere tempo, denaro in una fase difficile di “rodaggio” delle istituzioni? Perché perdere tempo e denaro, quando ci sono di mezzo dossier ben più urgenti come banche, lavoro etc. O vogliamo perdere altri punti di Pil? Ma lo sa che, con la riforma, ci guadagneranno, non il Paese, ma i soliti Azzeccagarbugli, felici di poter sguazzare nei cavilli di una normativa tanto complicata? E’ già stato così con la riforma del Titolo V del 2011… Del resto, lo ha detto anche il ‘Financial Times’ il 4 ottobre, ‘la riforma costituzionale di Renzi non giova all’economia’…”.

Ecco come ti demolisco la narrazione renziana dell’“Italia che cambia”: la riforma, invece di semplificare, rende più difficile fare le leggi e decidere (anche per l’economia); quando la casalinga di Voghera capisce che il Sì a Renzi è il classico “pacco”, vota No, senza esitazione.

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