Internet ha cambiato e sta continuando ad evolvere il modo in cui viviamo, forse l’invenzione più importante della fine del secolo scorso e di gran lunga quella socialmente più di impatto in questo scorcio del ventunesimo. Al punto che, sul web, si prova a cercarvi di tutto, e con successo: non manca proprio nulla. Ricambi d’automobile compresi, grazie allo sviluppo verticale dell’e-commerce che permette di accedere a risorse impensabili soltanto fino a pochi anni addietro. Senza scordare il vantaggio di poter confrontare i prezzi e spuntare il miglior rapporto costo/contenuto.
C’è però più di un ma, specie quando si parla di ricambi per l’usato non originali: la rete non è esente da rischi di contraffazioni e può capitare di… caderci dentro. Infatti, dietro ad alcune convenienze d’acquisto sfacciatamente accattivanti per il prezzo stracciato, potrebbe nascondersi un pezzo contraffatto, con il relativo acquisto che comporta conseguenze diverse per acquirente e rivenditore se la merce in transito dovesse essere intercettata dalla Polizia.
Secondo una sentenza della Cassazione (22225/12 dell’8.06.2012), infatti, l’utilizzatore finale – anche nella consapevolezza che si tratti di prodotti non originali – non incorre in realtà in alcuna responsabilità di tipo penale, rischiando al più una sanzione amministrativa (una multa). C’è da aggiungere che se l’oggetto non risponde ai requisiti imposti dalla casa costruttrice, il pericolo è che l’auto non passi la revisione periodica.
La posizione del rivenditore è invece più delicata, qualora si approvvigioni su internet di prodotti non originali rivendendoli ed installandoli sulle auto dei propri clienti: in questo caso, si configurerebbe il reato di ricettazione. A patto, tuttavia, che il commerciante abbia totale consapevolezza di essere entrato in possesso di un prodotto contraffatto. La stessa circostanza si verifica anche in caso che un sito metta in vendita parti originali ma di provenienza illecita (ad esempio rubati).
Se invece l’acquisto del meccanico sul web avviene comunque in buona fede, anche se si tratta di una parte contraffatta o rubata, resta comunque la base del procedimento penale ma configurando un reato di minor gravità (si tratta tecnicamente di una contravvenzione e non di un delitto), vale a dire in questo caso “incauto acquisto”, come spiega il sito laleggepertutti.it.