Le condanne per peculato sono dieci. Ma le “mutande verdi” di Roberto Cota non costituiscono reato perché “il fatto non sussiste”. Per questo l’ex presidente leghista della Regione Piemonte è stato assolto dall’accusa. E insieme a lui altri quattordici ex consiglieri regionali e la figlia di uno di loro sono stati riconosciuti innocenti dalla terza sezione penale del Tribunale di Torino nel processo per le “spese pazze” e i presunti rimborsi illeciti. “Sono stato fatto oggetto di attacchi ignobili, e ho sofferto tanto, ma ho fatto bene ad avere fiducia perché qualcosa nelle istituzioni funziona” dice Cota. “Renzi ha perso una occasione per stare zitto. Avrebbe dovuto mostrare altra sensibilità istituzionale, che non ha…”.
Dunque dieci condanne. La più alta, tre anni e dieci mesi, è per Michele Giovine, l’esponente dei “Pensionati per Cota” già condannato per le firme false a sostegno della sua lista in occasione delle elezioni regionali del 2010, annullate per questa ragione dalla giustizia amministrativa. Per i giudici è colpevole di aver ottenuto rimborsi illeciti per 14mila euro. Andrea Stara, esponente del Pd, è stato condannato a tre anni e quattro mesi per spese illecite da 29mila euro. Molti dei condannati militavano nel Pdl. Come Michele Formagnana, due anni e otto mesi. E poi due anni e sei mesi per Angiolino Mastrullo, ritenuto responsabile per spese da 9.300 euro. Due anni e cinque mesi per Roberto Tentoni (3.760 euro le spese contestate), due anni e un mese per Rosa Anna Costa (4.900 euro), stessa pena per Alberto Cortopassi (2.800 euro), un anno e otto mesi per Daniele Cantore. E poi un anno e quattro per Giovanni Negro (Udc) per rimborsi illeciti da 1.250 euro. La pena più bassa, quattro mesi, per l’esponente di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli. Sette di loro saranno interdetti dai pubblici uffici per la durata della pena, mentre per il dem Stara e Giovine l’interdizione è “perpetua”. Giovine dovrà anche risarcire la Regione Piemonte 15mila euro. Assolti tutti gli imputati leghisti e legati ad altre liste.
È un verdetto a metà quello del tribunale, che non accoglie tutte le richieste della procura torinese e che farà discutere. Ad aprile i sostituti procuratori Giancarlo Avenati Bassi ed Enrica Gabetta avevano chiesto 25 condanne per peculato e alcuni casi di truffa contestati a un numero esiguo di consiglieri. Lo facevano sulla base delle prove raccolte nella complessa indagine della Guardia di finanza scattata nel settembre 2012 sull’onda dello scandalo Fiorito in Lazio. Il consigliere regionale del M5S Davide Bono aveva fatto alcune segnalazioni alla procura e a queste si unì le dichiarazioni di Roberto Rosso, ex vicepresidente del consiglio regionale per il Pdl, il quale affermò in un’intervista televisiva il rimborso ottenuto da un suo collega per una vacanza a Sestrière.
Dall’incrocio degli scontrini, delle agende e dei tabulati telefonici dei consiglieri emersero così rimborsi di “spese pazze” per quasi 1,4 milioni di euro in due anni: un’infinità di pasti consumati nei ristoranti, borse di lusso, il catering di un battesimo e un vassoio d’argento da regalare per il matrimonio di un politico, massaggi da tremila euro, qualche elettrodomestico, un giogo da bue e un paio di bermuda color kiwi, le famigerate “mutande verdi” acquistate da Cota durante un viaggio negli Stati Uniti.
A dar forza alle ragioni dei pm, inoltre, le sentenze della Cassazione sui patteggiamenti di altri due ex consiglieri, fra cui Andrea Buquicchio (Idv) e Tullio Ponso, una parte dei 14 che decisero di concordare la pena coi magistrati. A dare sicurezza all’accusa c’erano anche le quattro condanne in abbreviato di altri ex consiglieri. Non è bastato. Possibile, come accaduto in altre regioni, che i giudici del collegio abbia valutato in maniera diversa il comportamento dei capigruppo e quello dei singoli consiglieri.
Nel frattempo, però, nel corso dell’indagine molti consiglieri, anche quelli inizialmente indagati e poi assolti, hanno restituito allo Stato 2,4 milioni di euro, una cifra a cui si aggiungono i 764mila euro recuperati grazie all’azione della Corte dei conti, dove tredici politici sono stati condannati, mentre altri sono stati prosciolti dopo aver risarcito il danno erariale.
L’inchiesta era scoppiata nell’aprile del 2013. Anche i consiglieri regionali del Piemonte, 52 in particolare, secondo la Procura di Torino, con i soldi dei rimborsi compravano un po’ di tutto: briglie per il cavallo e spumante inclusi. Il 14 luglio 2014 c’erano stati 14 patteggiamenti, quattro condanne e 25 rinvii a giudizio per la Rimborsopoli. Oggi quegli imputati che avevano scelto il rito ordinario sono stati giudicati. Ad aprile 2014 Cota aveva restituito al consiglio regionale 32mila euro di rimborsi, ovvero la cifra che gli veniva contestata dalla procura con un’aggiunta del 30 per cento come “compensazione del danno di immagine”. Come lui anche altri esponenti del partito come Elena Maccanti, Giovanna Quaglia, Alessandro Mattioda e l’esponente Ncd Valerio Cattaneo.
Oltre a Cota sono stati assolti Michele Dell’Utri (Moderati), Federico Gregorio, Massimo Giordano, Riccardo Molinari, Paolo Tiramani (Lega Nord), Alberto Goffi (ex Udc), Maurizio Lupi (dei Verdi Verdi, accusato di truffa, ma ha patteggiato per il peculato) e la figlia Sara. Ritenuti innocenti anche Roberto De Magistris, Rosanna Valle, Girolamo La Rocca, Lorenzo Leardi, Massimiliano Motta e Angelo Burzi, ex consiglieri del Pdl e della formazione di centrodestra Progett’azione. Il collegio ha anche accolto la richiesta dei pm di procedere per falsa testimonianza contro alcune collaboratrici di Giovine, Stara, Giordano e Tentoni.