Com'è andato il passaggio di mano del controllo della società che gestisce i dati sulla raccolta differenziata con piene garanzie sulle commesse future
Sono riservati, sensibili e di interesse pubblico. Eppure oggi i dati sulla raccolta differenziata dei Comuni, alla base delle politiche locali sui rifiuti, vengono gestiti con affidamento diretto da un’azienda privata al 90 per cento. Che si vede garantita l’esclusiva su questa e altre commesse, senza limiti temporali, addirittura da un documento ufficiale. L’atto notarile, cioè, con cui il grosso delle quote dell’impresa in questione, la Ancitel Energia & Ambiente fino al 2013 controllata dall’Associazione dei Comuni (Anci) tramite la società per l’innovazione negli enti locali Ancitel, è passato in mani private. Il tutto in un quadro in cui l’Anci, pur non essendo sottoposta al controllo della Corte dei Conti, è finanziata con soldi pubblici. Rientra altresì nella lista delle pubbliche amministrazioni stilata ogni anno dall’Istat e, come ha stabilito il Tar del Lazio nel 2012, è sottoposta agli obblighi di revisione della spesa. Per questo, come rivelato da il Fatto ad aprile scorso, l’Autorità anticorruzione sta già indagando su un altro affidamento diretto di una commessa da parte di Ancitel, in questo caso alla società di software SkyMedia.
Un regalo di Natale – Il 23 dicembre 2013 è il giorno in cui Ae&a inizia a cambiare pelle. Per 250mila euro, infatti, Ancitel decide di vendere alla Chp Roma, società di “consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica” costituita pochi mesi prima, non solo il controllo della società (Chp si compra oltre l’80 per cento delle quote), ma anche piene garanzie sulle commesse future. È il prezzo da pagare per assicurarsi la partecipazione del nuovo socio: l’esclusiva è “condizione essenziale, anche pro futuro, per l’acquisto della partecipazione”, si legge nell’atto notarile di vendita che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Nonostante la quasi totale privatizzazione, Ae&a rimane “unico soggetto attuatore di Ancitel spa” e si vede garantita da quest’ultima “la possibilità di continuare a svolgere in esclusiva le seguenti attività – gestione della banca dati Anci-Conai ed esecuzione dei progetti speciali relativi agli accordi quadro con i Consorzi che si occupano del riciclo dei rifiuti”.
Guerre intestine – Sono alcune delle principali attività svolte anche oggi dall’impresa, sulla base dall’accordo quadro quinquennale tra Anci e il Conai (il Consorzio degli imballaggi) sulla raccolta differenziata nei Comuni. Della banca dati, in particolare, si parla per la prima volta nell’accordo 2009-13 e il progetto viene poi riconfermato dall’accordo siglato ad aprile 2014 e valido fino al 2019. Si tratta in sostanza della gestione dei numeri preziosi e sensibili sulla qualità e la quantità della raccolta, ma soprattutto sui flussi finanziari generati da questa per i Comuni. La commessa, assegnata da Anci, vale circa 200mila euro all’anno per cinque anni, pagati da Conai. Durante le trattative per l’ultimo patto sulla raccolta differenziata, che coincidono con la vendita dell’80 per cento di Ae&a a Chp, in Anci si consuma una guerra intestina. Da una parte ci sono coloro che vorrebbero portare maggiore trasparenza sull’affidamento del servizio con una gara pubblica, nello schieramento opposto quelli che invece sono per lasciare le cose come stanno, forti della legittimazione che Ae&a ha proprio grazie all’atto notarile di dicembre 2013.
Così, la prima versione del testo del nuovo accordo quadro, datata aprile 2014, mette nero su bianco che “il servizio di gestione della Banca dati sarà affidato dal Conai mediante gara”. Ma è bastato sostituire la frase con un’altra nel documento stampato a ottobre 2015 e messo on line da Conai solo dopo la segnalazione de ilfattoquotidiano.it per lasciare tutto com’è: “Il servizio di gestione della banca dati è affidato ad Anci, che lo gestisce in autonomia, con la possibilità di affidamento ad altri soggetti, dandone comunicazione al Conai”, recita ora il testo. E così, anche se chi ha lavorato sull’argomento racconta, dietro garanzia di anonimato, che “quest’ultima modifica doveva servire in realtà a rendere temporanea la situazione poco chiara e affidare la gestione dei dati a un soggetto pubblico”, oggi la gestione della banca dati è regolata da una convenzione tra Anci e Ae&a. Firmata nell’autunno 2014 e prorogabile fino al 31 dicembre 2016. “Per fare un’infrastruttura del genere ex novo Anci avrebbe dovuto spendere qualche milione, invece così, visto che è stata già fatta, c’è solo il costo di gestione. Se il servizio fosse andato a gara non ci sarebbe stata nessuna garanzia della pubblicità della banca dati, perché la commessa la poteva vincere chiunque”, replica oggi a ilfattoquotidiano.it Filippo Bernocchi, Forza Italia, da oltre dieci anni delegato Anci per le politiche ambientali (e quindi anche dei rifiuti) e presidente del cda di Ae&a dalla sua creazione nel 2007 fino a febbraio 2016, quando, ci spiega, “mi sono dimesso perché mi ero stufato di ricevere telefonate come la sua”.
Le responsabilità dei vertici – Difficile capire che ruolo hanno in tutto questo i vertici dell’associazione dei Comuni visto che il presidente dell’Anci, Piero Fassino, interpellato in merito da ilfattoquotidiano.it non ha voluto rilasciare dichiarazioni. La banca dati non è però l’unico elemento poco chiaro di Ae&a, sulla cui gestione esistono anche una serie di interrogazioni parlamentari presentate dai deputati pentastellati Alberto Zolezzi, Riccardo Nuti e Stefano Vignaroli. Nel passato della società c’è anche una partecipazione di quasi il 15 per cento targata Daneco Impianti spa, azienda attiva nel settore della gestione dei rifiuti. Già prima di acquisire le quote l’impresa aveva avuto guai con la giustizia: i suoi vertici erano stati condannati in primo grado nel 2012 dal tribunale di Verona perché ritenuti responsabili dell’inquinamento della falda freatica sotto la discarica di Pescantina gestita dalla società. In attesa della sentenza di appello è scattata la prescrizione, ma intanto rimane la domanda sull’opportunità di accettare questa partecipazione. “Della condanna in primo grado nel 2012 apprendo adesso”, dice Bernocchi a ilfattoquotidiano.it. “La selezione dei soci fu fatta da una commissione, e visto che la società non aveva misure interdittive a suo carico non c’erano motivi per escluderla. Il problema di opportunità si pose dopo, con l’arresto dei suoi vertici, poi prosciolti. A quel punto Ae&a riacquistò le quote”.
In affari con i renziani – Oggi Ae&a, che nel frattempo ha quasi raddoppiato il suo capitale sociale portandolo a circa 245mila euro, è controllata al 65,5 per cento da Chp Roma. Il resto è suddiviso tra la stessa Ae&a (14,7 per cento), l’ex unico proprietario Ancitel (10 per cento), Eprcomunicazione srl, che si occupa di pubbliche relazioni (5), Fenit spa (4,8), società di servizi. A sua volta la maggioranza delle quote della società romana è in mano alla Logo srl, di proprietà della moglie e dei figli dell’industriale pratese Carlo Longo, oggi presidente dell’Interporto della Toscana centrale e in passato vice presidente di Confindustria Toscana, nonché presidente della Camera di commercio di Prato, vicino al concittadino Bernocchi. La Logo, attraverso la partecipata Cki è in affari con nomi noti vicini al premier Matteo Renzi. Socio di maggioranza della Cki è infatti la Kontact srl, amministrata da Giorgio Moretti, renziano, presidente della multiservizi dei rifiuti fiorentina Quadrifoglio. Il restante 9 per cento è nelle mani di un altro renziano di ferro, Marco Carrai.