La buccia di banana sulla quale la prima candidata donna alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe scivolare non sono le email segrete inviate da un server privato quando Hillary Clinton era Segretario di stato, ma il ruolo che la Fondazione Clinton ha avuto nella ricostruzione di Haiti all’indomani del terremoto. Da mesi volano le accuse riguardo all’uso che i Clinton fanno del braccio caritatevole del loro impero. Un braccio che è allo stesso tempo imprenditoriale, sostengono in molti, specialmente quando ci si trova di fronte a disastri come il terremoto di Haiti. Tra costoro c’è Charles Ortel, ex analista finanziario a Wall Street ed esperto in frodi finanziarie per mano di fondazioni e istituti caritatevoli, che ho intervistato un paio di settimane fa a New York.
Secondo Ortel, “il matrimonio tra filantropia e business, di cui tanto si vantano i Clinton, fa si che la fondazione sia uno strumento di potere politico e finanziario nelle loro mani. La fondazione cerca nel mondo nazioni disperate, con infrastrutture limitate, o che sono vittime di disastri naturali per poi inserirsi nei flussi di aiuti in arrivo e gestirli. Lo ha fatto in Mozambico, in Papua Nuova Guinea, ad Haiti, e subito dopo l’uragano Katrina a New Orleans. Una volta raggiunta questa posizione è facile deviare i fondi, ad esempio a favore dei grossi donatori della Fondazione”.
All’indomani del terremoto di Haiti, ad esempio, i Clinton si adoperarono affinchè la Dalberg Global Development Advisors, una società di consulenza che ha sede a New York, ottenesse appalti immobiliari per la ricostruzione di Haiti. L’impresa ricevette un contratto di 1,5 milioni di dollari dalla Usaid, soldi che servivano a identificare abitazioni dove trasferire le vittime del terremoto rimaste senza tetto.
La Dalberg è una grossa sostenitrice finanziaria del Clinton Global Initiative, il braccio commerciale dell’opera filantropica dei Clinton che ha lo scopo di aiutare le imprese private a investire in attività legate all’opera filantropica e caritatevole della Fondazione, quali appunto Haiti dopo il terremoto. Una revisione condotta dall’ispettore generale della Usaid riguardo ai finanziamenti concessi ha scoperto che la Dalberg ad Haiti ha fatto un lavoro terribile, selezionando zone montagnose inospitali e gole ripide quali possibili siti per la ricostruzione delle comunità urbane di Haiti.
Altra area grigia è quella delle donazioni alla Fondazione. “Incredibile ma vero, la Fondazione Clinton non ha mai presentato un bilancio dettagliato degli aiuti ricevuti dai donatori per Haiti, e per altre nazioni”, spiega Ortel. “Dal lontano ottobre del 1997, quanto fu costituita, nessuna revisione fiscale o finanziaria è stata mai condotta, non c’è stato un singolo controllo riguardo ai flussi di entrata e uscita o all’identità dei donatori. Un trattamento speciale riservato ai Clinton grazie alla fitta rete di contatti che i due hanno tessuto negli ultimi 25 anni. In un modo o nell’altro sono riusciti a ubicare i loro compari in posizioni chiave da dove costoro li proteggono”.
Le finanze della Fondazione non sono state controllate dai revisori neppure dopo la scoperta di alcune irregolarità. Lo scorso mese il Washington Post ha denunciato che i donatori della Fondazione comprendono sette governi stranieri, tra cui l’Arabia Saudita, che hanno contribuito milioni di dollari durante il mandato di Hillary Clinton come Segretario di Stato. Tra queste donazioni c’è quella di 500.000 dollari da parte del governo algerino per il terremoto di Haiti che la fondazione ha riconosciuto ha violato i termini dell’accordo di etica stipulato dall’amministrazione Obama.
Secondo Ortel, la scelta di nazioni particolarmente povere, dove inserirsi per intercettare e deviare gli aiuti, è voluta. Il fallimento della ricostruzione, infatti, non crea alcun sospetto. “Se Haiti fosse stata una nazione perfettamente funzionante, ci si domanderebbe come mai dopo sei anni e decine e decine di miliardi di dollari in aiuti la situazione è ancora drammatica? Ma dato che l’isola è tra le economie più povere del mondo, nessuno si pone questa domanda”.
In effetti gran parte dei progetti perseguiti dai Clinton, come ad esempio la costruzione di parchi industriali e di alberghi di lusso ad Haiti, sono costati molti soldi gestiti da grosse imprese straniere, tutte appartenenti ai donatori della fondazione Clinton, ma non hanno prodotto alcun beneficio alla popolazione o all’economia dell’isola. Port-au-Prince avrebbe dovuto essere ricostruita e invece non è stato così. I progetti volti a creare posti di lavoro hanno dato risultati molto deludenti. La disoccupazione ad Haiti è rimasta elevata, e i fondi che avrebbero dovuto ridurla non sono mai arrivati nelle mani giuste. La carestia e le malattie hanno continuato a devastare l’isola. Ma nessuno ne parla.
Un bilancio particolarmente negativo che giustifica aggettivi come “diabolico” per descrivere il comportamento della Fondazione Clinton. Tuttavia, l’arrivo dell’uragano Mattew, che ha devastato l’isola, a un mese dall’elezione del presidente degli Stati Uniti, sta riaccendendo la polemica riguardo agli aiuti elargiti per il terremoto e la campagna di denuncia della Fondazione Clinton da parte della comunità di Haiti negli Stati Uniti ha ripreso quota. Hillary deve stare molto attenta dove mette i piedi, sull’ultimo chilometro che la separa dalla casa Bianca c’e’ una buccia di banana che continua a crescere.