L'ex sindaco scatenato: "Al presidente del Pd facevo comodo ai tempi di Mafia Capitale, poi mi hanno fatto battaglia su Olimpiadi e monopolio di Cerroni". Affondo anche contro la Raggi: "Ha riaperto un impianto del re dei rifiuti che noi avevamo chiuso"
Orfini si dovrebbe dimettere perché “ha portato alla più grave disfatta del partito a Roma dagli ultimi 30 anni e invece resta attaccato alla poltrona”. Luca Lotti “si deve vergognare, chiudersi a casa e non uscire mai più” per le sue parole su D’Alema. Renzi come minimo è “mal informato”. Al Pd è convenuto sostenerlo quando c’era Mafia Capitale, ma poi non gli è convenuto quando ha fatto la battaglia sulle Olimpiadi e contro il monopolio sui rifiuti di Cerroni. Siccome l’arietta nel Pd non è abbastanza pesante, ecco anche l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino. Assolto nel processo sugli scontrini e sulle consulenze della sua onlus, l’ex primo cittadino – intervistato da Lucia Annunziata a In Mezz’ora – ha mandato più di un messaggio ai vertici del Partito democratico, senza dimenticarsi comunque della sua successora: “La prima azione della sindaca Raggi” ha ricordato, è stata chiedere la riapertura di un tritovagliatore di proprietà di Manlio Cerroni che trattava 1000 tonnellate di rifiuti”, un impianto “che noi avevamo chiuso”: “Penso che questo parli da sé”.
Una delle prime azioni @virginiaraggi riaprire tritovagliatore di proprietà Cerroni. @ignaziomarino #inmezzora
— In 1/2 Ora (@Inmezzora_Rai3) 9 ottobre 2016
L’obiettivo preferito di Marino, in ogni caso, resta Matteo Orfini, presidente nazionale del Pd e commissario a Roma. L’ex sindaco lo definisce “uno che non ha mai amministrato nulla, ha chiuso circoli, ha lasciato debiti con le morosità delle sezioni, ha portato alla più grave disfatta del partito a Roma dagli ultimi 30 anni: in un’azienda uno così si dimetteva e invece resta attaccato alla poltrona”. Marino si sente tradito per essere stato “espulso” dal Campidoglio per volere in particolare di Orfini. “Mi ha difeso in un primo momento perché c’era Mafia Capitale e il Pd aveva arrestati e indagati e dunque gli conveniva sostenermi. Poi però non convenivo più”. “Non convenivo – aggiunge – quando volevo scegliere i manager di Acea e delle partecipate e volevo gente selezionata sul mercato. Non convenivo quando ho detto che volevo Olimpiadi che lasciassero un lascito alla città e invece il presidente del Coni e di Roma 2024 volevano costruire a Tor Vergata, in un’area incolta e lontana da tutto. Non convenivo quando ho sospeso il monopolio di Cerroni“.
Non ho dovuto lasciare per percorso giudiziario ma per atti di @orfini. @ignaziomarino #inmezzora
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L’ex sindaco ha detto di aver ricevuto messaggi e telefonate, dopo l’assoluzione, da Veltroni, Legnini, Bassolino, D’Alema, Cuperlo, Bersani, Speranza. “Oggi il vicepresidente del Csm Legnini, uno dei primi a telefonarmi dopo la mia assoluzione, spiega come bisogna condurre le indagini quando si accusa persona: vanno cercate prove a carico ma anche a discolpa dell’indagato”. Marino aggiunge di aver sempre creduto nella giustizia e di non essere decaduto “a causa della Procura di Roma”, ma perché “Orfini ha convocato gli assessori prima e i consiglieri poi dicendo che dovevano dimettersi violentando la volontà di 700mila elettori“.
E Renzi? “Renzi ha fatto un errore gravissimo perché ha allontanato un sindaco che stava facendo ciò per cui lui era piaciuto al Paese, un programma di liberalizzazioni per recuperare denaro per il debito. Credo che il presidente del Consiglio, che è scaltro e intelligente, è stato molto malconsigliato. Diversamente mi avrebbe sostenuto”.
Tra i consiglieri di fiducia del presidente del Consiglio c’è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti: “Trovo disgustoso chi accusa un ex presidente del Consiglio (D’Alema, ndr) di essersi impegnato per il No al Referendum per una poltroncina: chi dice questo si deve vergognare, chiudersi a casa e non uscire mai più”.
Primo a mettere in discussione proprio ruolo con referendum è stato proprio @matteorenzi. @ignaziomarino #inmezzora
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Marino ribadisce che questa riforma è “un pasticcio” e conferma che non andrà alla direzione del Pd, in programma domani, dove si parlerà anche dell’Italicum. “Non sono mai stato uomo di partito, sono entrato due o tre volte nella sede di Pd, io sono proprio l’antitesi dell’uomo di partito” dice, così ritagliandosi un vestito che può tornare utile quando tornerà a fare politica. “Ora devo recuperare serenità”, dice, ma aggiunge che vorrà dare il suo contributo influenzando le scelte soprattutto nel settore al quale è più vicino, la sanità. “Se il Pd sopravviverà? Penso e spero di sì, credo in un paese moderno in cui ci sia un gruppo che rappresenta il riformismo e cambiamento, e penso che possa essere il Pd”.
Non ho nessuna intenzione di recuperare ruolo politico. @ignaziomarino #inmezzora
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