Un nuovo attentato insanguina la Turchia. Un’autobomba è esplosa domenica mattina a un checkpoint davanti a una stazione della gendarmeria nel distretto di Semdinli, nella provincia sudorientale di Hakkari, al confine con Iraq e Iran. L’esplosione ha ucciso 18 persone, tra cui 8 civili, e ne ha ferite 27. Secondo il governo di Ankara, la strage – che avviene alla vigilia dell’attesa visita di Vladimir Putin a Istanbul – è opera del Pkk.
Il numero dei morti dell’ennesimo attentato in un’area della Turchia che da oltre un anno è di fatto in stato di guerra si è aggravato nel corso delle ore. A fornire quello definitivo – riferisce l’Ansa – è stato il premier Binali Yildirim, parlando di un attacco così potente da provocare un cratere di 6-7 metri di profondità e 15 di larghezza.
Quelli che secondo le autorità erano ribelli curdi hanno prima aperto il fuoco contro i soldati per distrarli e avvicinare il veicolo, poi lo hanno fatto saltare in aria. L’ordigno da 5 tonnellate è esploso durante un controllo di documenti al posto di blocco, causando probabilmente per questo anche vittime civili. La deflagrazione, indicano fonti militari, ha danneggiato anche parte della stazione della gendarmeria.
L’obiettivo degli attentatori era l’esercito di Ankara, che dal luglio del 2015 è impegnato nell’offensiva militare più pesante dell’ultimo ventennio nelle zone curde della Turchia, con centinaia di morti su entrambi i fronti. Secondo le Forze armate, sono 387 i combattenti del Pkk uccisi negli ultimi due mesi solo nella provincia attaccata oggi. Nell’area è stata lanciata un’operazione su vasta scala, con supporto aereo, per colpire i militanti del Partito dei lavoratori curdi.
L’attacco è giunto mentre la Turchia si prepara ad accogliere il presidente russo Putin, che lunedì sarà a Istanbul per la sua prima visita nel Paese a quasi un anno dall’abbattimento del jet di Mosca al confine con la Siria. Segnale, questo, di una distensione dei rapporti che ad Ankara sperano definitiva. Ad accoglierlo sarà il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan. I due leader si erano già incontrati in Russia due mesi fa e di nuovo al G20 cinese di inizio settembre. Dalla visita, che arriva in occasione del 23/mo World Energy Congress, si attende il disgelo definitivo. La stampa di Ankara ipotizza che potrebbe persino arrivare la firma ufficiale sull’accordo per il gasdotto Turkish Stream, che attraverso il mar Nero porterebbe il gas russo in Turchia e poi, forse, in Europa. Un progetto strategico, per cui Ankara ha già dato i primi permessi, destinato a saldare a lungo termine i preziosi legami con Mosca.