Un braccio di ferro iniziato il 6 aprile e che si concluderà giovedì prossimo davanti ai giudici del Consiglio di Stato. Da una parte la Hacking Team (HT), produttrice del software spia Rcs Galileo, un sofisticato sistema in grado di monitorare a distanza dati e informazioni che transitano su computer e smartphone. Dall’altra il ministero dello Sviluppo economico (Mise) che, il 31 marzo scorso, con atto della Direzione generale per la politica commerciale internazionale ha revocato, due anni prima della scadenza, l’autorizzazione globale all’export in 46 Paesi stranieri concessa il 3 aprile 2015 alla società milanese fondata e guidata da David Vincenzetti.
TUTTI IN TRIBUNALE – Un provvedimento motivato “alla luce di mutate situazioni politiche” in alcuni degli Stati esteri ai quali HT aveva ottenuto il permesso di vendere il suo prodotto. Compreso l’Egitto – dove Galileo è stato fornito al National Defense Council cui fanno capo i servizi segreti egiziani – finito al centro di tensioni internazionali ancora irrisolte con l’Italia, innescate dal barbaro assassinio nel febbraio scorso di Giulio Regeni ritrovato senza vita nei pressi del Cairo. E’ proprio contro la revoca dell’autorizzazione globale che Hacking Team ha deciso di presentare ricorso. E, dopo aver perso il primo round dinanzi al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, che il 15 luglio scorso ha respinto l’istanza cautelare di sospensione contro la revoca disposta dal Mise, ha proposto appello al Consiglio di Stato. “Se il problema era l’Egitto non si capisce perché ci è stato vietato l’export anche negli altri 45 Paesi per i quali eravamo stati regolarmente autorizzati – si sfoga con ilfattoquotidiano.it, l’ad di HT Vincenzetti –. Dal 31 marzo la nostra attività, che deve l’80% del suo business alle commesse dall’estero, è praticamente ferma. Così si uccide un’azienda che da dodici anni serve l’Italia: grazie al nostro software sono stati risolti importantissimi casi e sgominate attività criminali di ogni genere. Omicidi e reati di ogni tipo, dalla P4 a Mafia Capitale, per non parlare della prevenzione di attacchi terroristici all’interno del nostro Paese”. Come nell’operazione di Merano del novembre 2015: proprio l’impiego di Galileo avrebbe permesso di sgominare un’organizzazione con base in Alto Adige che reclutava sul web aspiranti jihadisti.
BOTTA E RISPOSTA – Parole che al Mise, oggi guidato dal ministro Carlo Calenda, non sembrano aver preso in particolare considerazione. Nella memoria difensiva presentata al Tar del Lazio il ministero ha difeso a spada tratta (e con successo), come farà di nuovo giovedì dinanzi al Consiglio di Stato, le ragioni della revoca. Con quali argomentazioni? “Nel luglio 2015 la ricorrente ha subito un attacco hacker di particolare intensità che ha sollevato forti dubbi sull’efficacia del suo sistema di sicurezza essendo paradossale che una società denominata hacking sia essa stessa vulnerabile alle incursioni degli hacker”, scrive innanzitutto l’avvocato dello Stato che ha patrocinato la causa dinanzi al Tar. “Premesso che da questo attacco non è derivato alcun nocumento né ai nostri clienti né tantomeno alle indagini in corso, se fosse stato davvero causa di così forti dubbi sulla nostra affidabilità come mai l’Autorità ha atteso ben otto mesi prima di revocarci l’autorizzazione globale?”, replica Vincenzetti. “V’è stata una campagna di stampa interna ed internazionale che ha accusato l’azienda di aver intrattenuto rapporti commerciali con alcuni governi autoritari che avrebbero utilizzato il prodotto in questione come strumento di spionaggio per la repressione antidemocratica e la violazione di diritti dell’uomo”, prosegue la memoria del Mise. “Un rilievo basato unicamente sulle illazioni della stampa – ribatte l’ad di HT –. Ancor prima che il nostro prodotto venisse classificato come dual use, la società ha sempre monitorato la situazione geopolitca dei propri clienti, arrivando ad interromperne la fornitura ove ritenuto necessario. Poi, con l’entrata in vigore della normativa (che disciplina la circolazione dei beni a duplice uso, ndr), ovviamente, la società ha venduto unicamente ai Paesi autorizzati dal ministero”. Ma a Vincenzetti il ministero rimprovera anche l’indagine avviata nei suoi confronti dalla Procura di Milano per esportazione illecita di beni a duplice uso – applicabili cioè sia in campo civile che militare – come il software Galileo. Un’inchiesta per la quale, il 18 marzo 2016, si legge nella memoria del Mise, i magistrati milanesi hanno “notificato al ministero dello Sviluppo economico un ordine di esibizione di documenti” proprio in relazione al procedimento penale aperto a carico dell’ad di Hacking Team. “Un’indagine che non mi spiego e della quale, a distanza di mesi, non so ancora nulla a parte il fatto di essere indagato – sostiene il fondatore di HT –. Come possiamo aver illecitamente esportato un bene dual use per il quale eravamo in possesso di un’autorizzazione globale all’esportazione, che ci è stata poi revocata il 31 marzo?”.
DIRITTI A INTERMITTENZA – Quel che è certo è che la revoca è scattata meno di due mesi dopo l’esplosione del caso Regeni. Un caso, si legge ancora nella memoria del Mise, “che ha scosso molto l’opinione pubblica nazionale e internazionale rendendo particolarmente critici i rapporti diplomatici con le autorità egiziane”. Al punto che “le circostanze sopravvenute e la delicatezza del conseguente dibattito politico e mediatico sul possibile uso del software in questione per fini illeciti hanno reso necessaria la revoca immediata dell’autorizzazione globale individuale” ad HT. Anche perché, argomenta ancora la difesa del Mise, “nel regime dell’autorizzazione globale la conoscenza dell’utilizzatore finale avviene solo ex post attraverso i report semestrali, quindi a cose fatte”. Nel caso dell’Egitto, l’utilizzatore finale del software Galileo – ossia il National Defense Council – era stato comunicato al Mise con un documento datato 30 giugno 2015 e aggiornato il successivo 24 dicembre, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, a firma dello stesso Vincenzetti e consegnato da HT al ministero (protocollato il 30 dicembre 2015), nel quale è riportata chiaramente l’indicazione del destinatario del software spia Rcs ‘Galileo’. E alla data del report trasmesso da HT, tre mesi prima della revoca disposta dall’Autorità ministeriale, il regime alla guida dell’Egitto era lo stesso in carica al momento dell’esplosione del caso Regeni. Ma, evidentemente, nonostante le reiterate denunce di organizzazioni come Amnesty International, al Mise la questione del rispetto dei diritti umani nessuno se l’era ancora posta.
CARA ITALIA ADDIO – Questione che sembra essere, peraltro, passata di nuovo in secondo piano visto che, dopo la revoca dell’autorizzazione globale ad HT, la Direzione generale per la politica commerciale internazionale ha ritenuto di poter concedere un’autorizzazione specifica (valida per una singola operazione) alla società Area spa ad esportare, proprio in Egitto, un “sistema di monitoraggio delle comunicazioni su rete funzionante con protocollo internet”. Un sistema diverso da Galileo ma ad esso assimilabile per funzioni. Utilizzatore finale del prodotto venduto dalla società varesina (valore 3,1 milioni di dollari), sempre il National Defense Council, lo stesso di HT. Quanto ad Hacking Team, sottolinea ancora la memoria del Mise presentata al Tar, la revoca della globale “non costituisce un blocco delle esportazioni della ricorrente che potrà continuare ad esportare il suo prodotto ricorrendo alle autorizzazioni specifiche individuali, tant’è che finora non le è mai stata negata nessuna autorizzazione specifica; dopo la revoca le ha ottenute tutte”. Un’affermazione che Vincenzetti, però, smentisce: “E’ falso: ne abbiamo richieste 17, ma finora non ce ne è stata concessa neppure una – spiega il fondatore di HT –. Anzi, abbiamo saputo una decina di giorni fa, dopo reiterate sollecitazioni, che il Comitato consultivo che doveva esprimersi sulle nostre istanze di autorizzazione specifica non ha espresso alcun parere. In pratica siamo stati congelati. Non mi spiego le ragioni di questo accanimento contro HT. Ora aspettiamo la decisione del Consiglio di Stato, ma se il ricorso dovesse andare male mi troverò di fronte ad un bivio: lasciare la mia azienda paralizzata in Italia o trasferirla all’estero”. Una decisione che, di fatto, è ora in mano ai magistrati di Palazzo Spada.
Twitter: @Antonio_Pitoni