Gli imputati erano 53, ma 5 posizioni sono state stralciate e verranno giudicate in un dibattimento separato per i fatti del 2011. Procuratore Saluzzo in Aula a Torino difende l'operato delle forze dell'ordine: "Intervento legittimo, non si sono superati i limiti"
Al maxi processo in Corte d’Appello a Torino per gli scontri in Valle di Susa del 2011, il pg Francesco Saluzzo ha chiesto 47 condanne, per un totale di 140 anni di carcere. Gli imputati erano 53, ma 5 posizioni sono state stralciate e verranno giudicate in un dibattimento separato. L’accusa ha anche chiesto ai giudici la condanna di quegli imputati che in primo grado erano stati assolti.
“Nessuno di loro – è un passaggio dell’intervento del magistrato – ha preso le distanze dai gravissimi fatti del 27 giugno 2011, durante lo sgombero del presidio No Tav alla Maddalena di Chiomonte, e del 3 luglio 2011, quando attivisti giunti da tutta Italia si lanciarono all’assalto delle recinzioni appena installate. In quest’ultima occasione c’è stata una vera e propria chiamata internazionale alle armi”.
L’intervento delle forze di polizia in quell’occasione “è stato legittimo e non si sono superati i limiti”, secondo il procuratore generale. “Tra i poliziotti i feriti sono stati circa 200, colpiti da lanci di pietre, di tronchi e di altri oggetti pericolosi”, ha ricordato Saluzzo, che ha sostenuto la non sussistenza delle attenuanti richieste dalle difese perché “non ci furono atti illegittimi da parte delle autorità”. “Non ci sono differenze di posizioni tra i vari imputati – ha ancora detto Saluzzo – Si è trattata di una vera e propria azione militare“.
A difesa dell’operato delle forze dell’ordine anche l’avvocato Mauro Prinzivalli, parte civile per conto dei ministeri dell’Interno, dell’Economia e della Difesa. “Hanno seguito le disposizioni previste dalla legge. Non hanno mai perso la calma e non hanno mai risposto alle provocazioni, nonostante le continue cariche di alcuni attivisti”. “Le forze dell’ordine – ha detto il legale – hanno mantenuto un comportamento legittimo anche durante il sequestro di un loro collega. La situazione era particolarmente critica, ma non si è cercato lo scontro e si è cercato di mediare”. Il riferimento è al vice brigadiere Luigi De Matteo che il 3 luglio a Chiomonte, durante gli scontri, venne portato in un bosco da un gruppo di manifestanti e picchiato. Un fatto già definito in passato da Prinzivalli “di una gravità inaudita”.