“Dio... era meravigliosa: bellissima, affascinante, spiritosa”. Così il premio Nobel, giusto pochi mesi fa in occasione del suo novantesimo compleanno, in un'intervista a Silvia Truzzi per Il Fatto Quotidiano. Ogni volta che parlava di Franca Rame, si illuminava di una luce abbagliante e nostalgica. Sentiva la mancanza della moglie in modo lancinante, perché per oltre sessant'anni erano stati insieme
Altro che Brangelina, altro che coppie da rotocalco! Quella tra Dario Fo e Franca Rame è stata, forse, una tra le storie d’amore più belle del Novecento italiano. Non è stata una storia perfetta, non è stato un amore tranquillo. Ma un rapporto così intenso, carnale, simbiotico, viscerale, forse dalle nostre parti non si è mai visto. Soprattutto perché è sempre stato un rapporto alla pari, tra un grande uomo e una grande donna, un amore moderno fino all’ultimo, lontano dalle banalità del sentimento cheap da Bacio Perugina eppure fiabesco, però di quelle fiabe scandalose che raccontavano loro.
“Dio… era meravigliosa: bellissima, affascinante, spiritosa”. Così Fo, giusto pochi mesi fa in occasione del suo novantesimo compleanno, in un’intervista a Silvia Truzzi per Il Fatto Quotidiano. Ogni volta che parlava di Franca Rame, il premio Nobel si illuminava di una luce abbagliante e nostalgica. Sentiva la mancanza della moglie in modo lancinante, perché per oltre sessant’anni erano stati insieme. E pazienza se avevano attraversato lunghe crisi, tradimenti, ripicche, incomprensioni. Anzi, forse era proprio per questo che il loro amore era durato così tanto. Lui, genio eccelso e irrequieto, diventava mansueto di fronte al vigore inarrestabile di una donna forte, anzi di una donna e basta. Una donna vera, indipendente e volitiva, che aveva attraversato non indenne tragedie incredibili, come la violenza sessuale di gruppo del 1973, poi raccontata con ineguagliabile intensità in teatro.
È sempre Dario Fo, nella citata intervista a Silvia Truzzi, a raccontare quell’episodio: “Un professore nostro amico le disse: Non basta che ne parli con i tuoi familiari o con qualche amico. Devi liberarti, devi raccontare. Fallo in teatro, è il tuo mestiere’. Lei, scuotendo la testa, rispose: ‘No, questo non posso farlo’. Un sera, mentre recitavamo uno spettacolo, lei aveva la scena dopo la mia, un monologo. Io ero dietro le quinte e improvvisamente capisco che non è il pezzo previsto, ma che Franca sta raccontando il suo dramma. La gente era sconvolta. Un coraggio da leonessa. E che esempio è stato per le donne! Quelli erano ancora tempi in cui le ragazze non potevano denunciare le violenze”. E lui, il marito, l’uomo che la amava follemente, in quell’occasione si era sentito impotente di fronte a una tragedia del genere, quasi inutile al fianco di una donna che stava affrontando una sfida immane: “Non ci sono le parole per dire la rabbia, il dolore, il senso d’impotenza. La cosa più terribile è stata quando sono venuti fuori i particolari, il coinvolgimento dello Stato e dei carabinieri, il brindisi alla notizia dello stupro. Il processo andato prescritto…”.
Erano anni balordi, difficili, pieni di odio, ideologie distorte, vergogne di State. E Dario Fo e Franca Rame li vivevano da protagonisti, mettendoci la faccia come sempre, schierandosi in battaglie discusse, a volte discutibili, ma sempre con un trasporto viscerale che è stato la cifra stilistica della loro lunga vita insieme. Il privato è pubblico, si diceva allora. E a distanza di anni, dopo la morte della moglie, Fo era tornato anche sui momenti di crisi, sui tradimenti, sulle ripicche. Sui risvolti umanissimi, dunque, di un rapporto che è stato speciale proprio perché è stato normale: “Ci siamo lasciati almeno un paio di volte. – aveva detto a Silvia Truzzi – Sempre lei. E aveva ragione, io ero sballato. Avevamo un successo incredibile, io ero circondato da ragazze bellissime che mi si offrivano. Allora lei disse basta. Qualcuna tra queste ragazze si innamorava di me e io anche ero coinvolto. Ma Franca è sempre stata il centro del mio universo. Quando lei se ne andava e mi chiamava l’avvocato dicendomi ‘sua moglie si vuole dividere’, allora era un dramma”.
Un amore “assoluto, sconfinato, traboccante”: così lo definiva Dario Fo. Così lo ha sempre definito anche Franca Rame, che da donna emancipata quale era non aveva avuto remore nel fare a volte un passo indietro, nel lavorare sempre al fianco del marito, sacrificando progetti personali che pure esistevano, senza temere di vedere sminuita la propria indipendenza di donna. Perché erano diventati tutt’uno, perché a un certo punto della loro esistenza, dopo aver attraversato insieme burrasche e tempeste di ogni tipo, non riuscivano a distinguere dove finisse l’uno e cominciasse l’altra. Ed ecco perché, quando Franca Rame morì nel 2013, a Dario Fo sembrò crollare il mondo addosso. E non contavano più gli estri da artista, le bizzarrie, i successi, l’impegno politico, le polemiche, gli onori. Si concludeva la vicenda terrena di un amore forse irripetibile. Imperfetto, beninteso, perché a loro piaceva così, perché loro erano fieramente umani, ma irripetibile. E adesso chi crede in una vita dopo la morte, non fa altro che ripetere che “almeno adesso saranno di nuovo insieme”. Forse. O forse no. Ma la verità è che lo sono sempre sempre stati, anche negli ultimi anni, quando Franca Rame se n’era andata e lui non aveva mai smesso di parlare di lei, di ripetere al mondo che fortuna aveva avuto a incontrare e ad amare una donna di straordinaria bellezza e di enorme talento.