Le frontiere chiuse hanno trasformato il transito in una sosta forzata. “Quest’anno a Milano si prevedono un migliaio di senza dimora in più”. L'apertura di due caserme possa risolvere il problema di ordine pubblico che prosegue dalla scorsa estate
668. Un record assoluto. In tanti hanno dormito ieri notte nell’hub di via Sammartini, a Milano, rischiando di mandare in tilt la struttura di accoglienza. Per far posto ai nuovi arrivati si sono aperte anche le porte dello spazio riservato alla mensa. Ma le brandine della protezione civile non sono bastate. Molti si sono dovuti arrangiare a terra con una coperta o un sacco a pelo.
Uomini con donne, bambini, ragazzini arrivati soli. Soprattutto dall’Africa subsahariana – Eritrea, Sudan, Somalia -, ma anche dal Kurdistan e dall’Iraq, dalla Siria, dall’Afganistan. Parte dell’enorme massa di sbarchi della settimana passata sulle nostre coste. Oltre 11mila persone. Le ultime traversate prima dell’arrivo del maltempo. Per molti, l’unica chance di lasciare un Paese in guerra, la fame, una dittatura.
Di prima mattina la tensione è già alta. Bisogna sgomberare le brandine per far posto ai tavoli e servire la colazione. Tutti fuori, in coda, al freddo. Piove. Un gruppo di migranti prende d’assalto gli scatoloni con i kit di prima accoglienza e le coperte, i volontari cercano di respingere la selva di mani che premono. Intervengono i vigili, volano schiaffi e spintoni. Dopo un’estate caldissima in termini di arrivi, operatori e volontari sono allo stremo. Il cosiddetto hub di via Sammartini, da luogo destinato al primo ausilio e alla registrazione di migranti in transito, si è trasformato di fatto in un centro di accoglienza permanente per le decine di profughi che ogni giorno approdano in città, senza però averne le caratteristiche. Mancano letti, bagni, spazi comuni. Il risultato è una sorta di accampamento che rischia derive anarchiche. Persone sdraiate ovunque, bambini che giocano per strada, panni stesi sugli alberi acerbi lungo i giardinetti che conducono al Naviglio della Martesana.
Di giorno molti rifugiati si sparpagliano per la città. I bambini giocano all’aperto intrattenuti dai volontari di Save the Children, i più grandi tirano qualche calcio al pallone. Ma con il brutto tempo, come oggi, tutto si complica. E il nervosismo rischia di prendere il sopravvento, nonostante un’organizzazione collaudata e gli sforzi immani dei volontari che coprono turni faticosissimi.
“Non possiamo reggere a questi ritmi”, commenta il presidente di Fondazione Progetto Arca Alberto Sinigallia. “Ormai è questione di giorni”. Anche perché la struttura, gestita da Fondazione Progetto Arca e Avsi, è in convenzione con il Comune di Milano soltanto per 75 posti letto, quelli fissi, riservati alle emergenze. Il resto è a carico delle due associazioni. Tradotto in cifre, si parla di 3-4000 euro al giorno che si polverizzano solo tra pranzi e cene. “Fanno circa 100mila euro al mese, tutti provenienti da donazioni”, dice Sinigallia. Una spesa insostenibile nel lungo periodo.
“A breve dovremo finanziare il piano freddo e offrire un ricovero ai senza tetto, la mission per cui siamo nati”, aggiunge il presidente di Arca. “E i posti dei centri di accoglienza sono tutti occupati da rifugiati e richiedenti asilo”.
Lo scorso anno i migranti sostavano a Milano in media quattro giorni. Poi riprendevano il viaggio verso il Nord Europa. Alla fine dell’autunno i posti lasciati liberi andavano ai senza tetto. Ma le frontiere chiuse hanno trasformato il transito in una sosta forzata. Ormai si varcano i confini con il contagocce e in modo sempre più avventuroso. Ahfad è arrivato dalla Grecia nascosto sotto a un camion. E’ afgano, una gamba gli è saltata via su una mina. Dopo una settimana all’hub di via Sammartini è riuscito a raggiungere la Svezia. Ma sono pochissimi quelli che ce la fanno. Chi è stato fotosegnalato in Italia o costretto a lasciare le impronte digitali viene rispedito indietro. Così vuole l’accordo di Dublino.
“Quest’anno a Milano si prevedono un migliaio di senza dimora in più”, conclude il presidente di Arca Alberto Sinigallia. “Molti saranno migranti. Perché una volta ottenuto il permesso di soggiorno vengono espulsi dai Cas (centri di accoglienza straordinaria, ndr) e finiscono per strada”. L’auspicio è che l’apertura delle caserme Montello e Mancini (la prima prevista per l’1 novembre, la seconda già operativa da sabato scorso), che dovrebbero accogliere circa 500 profughi, contribuiscano ad alleggerire i centri di accoglienza e a liberare posti per i senza tetto. Intanto sabato prossimo i milanesi sono invitati alla Notte dei senza dimora, un’iniziativa cui aderiscono numerose onlus e associazioni di volontariato per sensibilizzare i cittadini sulla questione dei senza tetto e dell’emarginazione sociale. Festa in piazza Santo Stefano con concerti, dibattiti e cena gratuita.