La Thailandia è la storia più di successo in un Sud-est asiatico per decenni dilaniato da guerre che l’ex Siam si è invece risparmiato: il sovrano, nato negli Usa nel 1928, ereditò un Paese povero e agricolo, mantenendolo dalla parte vincente della storia: quella degli americani
Un anno di lutto nazionale. Così la Thailandia dice addio al suo re che se ne è andato a 88 anni. Il sovrano più longevo al mondo, Bhumibol Adulyadej, è morto nello sgomento dei suoi sudditi che lo considerano “il più grande dei re”, un semidio che ha dedicato la sua vita allo sviluppo del Paese, il virtuoso “Padre” di 67 milioni di figli riconoscenti rimasti ora senza una guida. Al trono salirà il principe Vajiralongkorn, come annunciato dal primo ministro Prayut Chan-o-cha.
La Thailandia è la storia più di successo in un Sud-est asiatico per decenni dilaniato da guerre che l’ex Siam si è invece risparmiato: Bhumibol, nato negli Usa nel 1928, ereditò un Paese povero e agricolo, mantenendolo dalla parte vincente della storia: quella degli americani. Ma il culto di Bhumibol è anche il prodotto di una sistematica propaganda agiografica che soffoca le opinioni dissenzienti.
Non è stato sempre così. Quando nel 1946 il diciottenne Bhumibol diventò re Rama IX, la monarchia thailandese veniva da un ventennio di crisi. Bhumibol e il fratello maggiore Ananda, nonostante quest’ultimo fosse re fin da bambino, vissero in Svizzera fino alla tarda adolescenza, tornando in Thailandia solo nel 1945. L’irrisolto mistero della morte di Rama VIII, ucciso a letto con un colpo di pistola alla testa, proiettò Bhumibol sul trono. Ufficialmente al di sopra della politica, il giovane e inesperto Rama IX si ritagliò con gli anni un ruolo sempre più di primo piano.
Mentre il Paese alternava colpi di stato e premier autoritari, Bhumibol – assieme all’affascinante regina Sirikit – divenne il fotogenico volto della Thailandia per un Occidente che iniziava a conoscerla, e in patria mostrò una particolare dedizione allo sviluppo delle aree rurali. In un Paese devotamente buddista, ciò gli fece guadagnare un’aura di santità. E in momenti di crisi, con il Paese dilaniato da manifestazioni di protesta, con i suoi richiami all’ordine si ritagliò anche un ruolo di pacificatore.
L’istituzione monarchica e la figura di Rama IX si sono quindi progressivamente sovrapposte. Il compleanno di Bhumibol in Thailandia è anche la “festa del papà”. L’immagine del sovrano è appesa in ogni scuola e ufficio pubblico, monopolizza banconote e calendari, adorna interi viali e palazzi. In gran parte foto ufficiali, ma anche ritratti del sovrano da giovane o impegnato negli hobby a lui cari, tra cui il jazz e la fotografia; passatempi nei quali, secondo la versione ufficiale, ovviamente eccelleva.
L’ultimo decennio ha però perforato tale bolla trionfale. L’emergere sulla scena politica del carismatico magnate Thaksin Shinawatra, che ha fatto breccia nell’elettorato rurale dando l’impressione di voler irrispettosamente “oscurare” Bhumibol, ha intaccato il tradizionale predominio sulla narrazione reale da parte dell’establishment di Bangkok. I sostenitori di Thaksin hanno iniziato a pensare che i due golpe contro il clan Shinawatra, nel 2006 e nel 2014, siano stati avallati “dall’alto”. La famiglia reale è stata così trascinata nell’arena politica in un Paese sempre più diviso, e con l’incognita di una successione a Rama IX vissuta come l’angosciante fine di un’epoca. Anche perché un’antica profezia, nota a tutti i thailandesi, prevedeva che l’attuale dinastia sarebbe durata solo nove sovrani. Da qui l’uso intensificato della legge di lesa maestà più severa al mondo, specie oggi che il Paese è di fatto una dittatura militare. Discutere di Bhumibol in Thailandia è un assoluto tabù, e chi ne mette in dubbio i meriti viene bollato come un figlio degenere, traditore della patria. Gli analisti stranieri che ci hanno provato si sono visti mettere al bando i loro libri. Ma per milioni di suoi sudditi – o figli – che ora lo piangono, non ci sono dubbi: Bhumibol rimarrà sempre “il re dei re”.