Sono (anche) cittadino americano quindi tra meno di un mese sarò chiamato anch’io a esprimermi in favore di questo o quel candidato decidendo, anche col mio voto, chi assumerà il diritto di occupare per 4 anni la Casa Bianca e dal lì governare non solo gli americani ma in buona misura anche il mondo intero.
La battaglia politica delle “primarie” per conquistare la posizione di candidato ufficiale del partito repubblicano, è durata quasi due anni e si è combattuta, secondo un calendario in precedenza stabilito, in tutti i 50 Stati Usa. Oltre che costosa (hanno già speso più d’un miliardo di dollari), spesso è noiosa e lontana dai problemi reali della gente.
Talvolta riserva però spunti divertenti, come quella volta, nel 2012, quando Rick Perry, governatore del Texas e candidato repubblicano che, volendo “snellire” il governo, promise di eliminare tre ministeri ma poi, durante il dibattito televisivo si fermò a due, incapace di ricordare l’ultimo! Oppure come Jeb Bush (fratello minore dell’ex presidente George Bush) partito favoritissimo nell’attuale corsa delle primarie repubblicane, tanto favorito da dover raccomandare i suoi sponsor di non esagerare con le donazioni e non eccedere l’importo di un milione di dollari a testa. C’era la fila dei super-ricchi a donare montagne di dollari per lui. Ma lui ha deluso tutti. Specialmente il suo popolo, a cui non ha saputo dire niente di interessante come aspirante presidente, e poi i suoi stessi facoltosi fans, che ha dovuto mestamente salutare a circa metà corsa.
A quel punto è diventato chiaro che il candidato favorito dal popolo era proprio quello sul quale nessuno nel partito, ma anche nei media, aveva puntato, e cioè Donald Trump, quello stesso Trump che quattro anni prima era invece sparito subito nella corsa alla Casa Bianca, praticamente deriso da tutti.
Oggi che si è invece conquistato il titolo di sfidante ufficiale repubblicano per la Casa Bianca tutti si chiedono come può uno come Trump, capitalista sfrontato, donnaiolo, sessista, ego-centrista e narcisista, essere arrivato a vincere le primarie del suo partito dove pure erano presenti personaggi di grande esperienza e capacità politica. Ma questo se lo chiedono più fuori dall’America che in America perché fuori quasi nessuno può assistere alla martellante propaganda cui sono sottoposti gli americani, e pochissimi comunque leggono notizie complete circa i dibattiti dei candidati, quindi giudicano solo dal poco che apprendono dai media nazionali.
Trump ha conquistato i favori del popolo americano reinventandosi populista puro. Uno cioè capace di captare i desideri del popolo e impostare tutta la sua campagna su quello che il popolo vuole sentirsi dire dalla politica. Ma allora, davvero si può conquistare la Casa Bianca semplicemente vendendo promesse e qualunquismo a degli sprovveduti?
Sì, è possibile, perché il popolo americano, cioè la stragrande maggioranza degli elettori, non è quella parte che vediamo quotidianamente in televisione, cioè i numeri uno del mondo. Il popolo è al contrario in gran parte molto provinciale, nazionalista e individualista. Generalmente interessato più a quello che accade nel suo quartiere che a quello che accade, economicamente o politicamente, nel resto del mondo.
Quindi se un personaggio degno di fede (un miliardario che fa promesse allettanti in America sempre lo è) si presenta come leader politico promettendo di fare quelle cose che nessuno dopo Reagan è riuscito più a fare, ecco che proprio quello appare a loro come l’unico candidato completamente accettabile. Per loro è sempre meglio sostenere qualcuno che apre il cuore alla speranza piuttosto che i soliti politici bravi a farsi i fatti loro mentre riservano al popolo sempre maggiori sacrifici. Perché questa è la realtà anche in America: benché la crisi sia finita da quasi due anni e la disoccupazione quasi sparita, il popolo, a causa di una distribuzione dei redditi sempre più squilibrata, e di un mondo del lavoro sempre più esigente, non ne gode i vantaggi e prosegue nella decrescita, mentre quelli che hanno successo si prendono tutto. Trump promette furbescamente il cambiamento e si prende i voti.
La Clinton, che impersona troppo l’establishment di entrambe le estrazioni politiche, ha un programma certamente più credibile, ma comunque rischia davvero la sconfitta. Per ora si salva grazie a una stupidata sessista commessa da Trump molti anni fa, e alla scoperta delle sue furbate fiscali. Lei può contare sul voto di molte donne, dei “latini” e dei neri poveri, ma l’esito conclusivo della sfida potrebbe venire dai molti (circa metà) elettori di diritto che normalmente disertano le urne per sfiducia. Dovessero decidere di vendicarsi sui due partiti che da sempre si alternano al potere, potrebbe essere proprio Trump a vincere il voto popolare e così vincere la lotteria della Casa Bianca.