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Il Cesare del film dei fratelli Taviani di nuovo in carcere per narcotraffico

Giovanni Arcuri era in stato di semilibertà, ma per i pm di Roma questo status gli avrebbe consentito di continuare a commettere reati. L'uomo, che aveva fatto parte della pellicola girata in carcere con un cast formato completamente da detenuti, è stato arrestato

di F. Q.

Scelto dai fratelli Taviani per interpretare il ruolo di Cesare nel film premiato con l’Orso d’oro nel 2012 Cesare deve morire Giovanni Arcuri era in stato di semilibertà, ma per i pm di Roma questo status gli avrebbe consentito di continuare a commettere reati. L’uomo, che aveva fatto parte della pellicola girata in carcere con un cast formato completamente da detenuti, è tornato di nuovo dietro le sbarre con l’accusa di essere tra i vertici di una organizzazione di narcotrafficanti.

Nel giugno del 2012 Arcuri, grazie a un permesso speciale, insieme agli altri attori detenuti, era stato premiato con il Nastro d’argento. ”Forse siamo più bravi come attori solo perché siamo meno
distratti e riusciamo a concentraci di più – aveva detto Arcuri che all’epoca aveva ancora tre anni da scontare -, ma non è vero che siamo più bravi perché abbiamo vissuto la tragedia come dice qualcuno”. Per lui, che aveva frequentato il classico, era arrivato anche un libro “Libero dentro”. In quell’occasio l’uomo, che viene da una famiglia composta da padre avvocato e madre medico legale, aveva parlato della sua disavventura legale: ”Mi trovavo in America Latina e ho conosciuta le persone sbagliate come può capitare in quei posti”. Ed è proprio da lì che secondo gli inquirenti il pregiudicato, in contatto con un avvocato – successivamente arrestato in Olanda – insieme con un narcotrafficante belga avrebbe tentato più volte di importare droga dalla Colombia e dal Perù verso le piazze di spaccio di Roma e di Perugia.

La Guardia di finanza ha eseguito in totale 13 arresti, tra cui anche quello di Sergio Boeri, un praticante avvocato già noto alle cronache per essere stato il primo laureato all’interno del carcere di Rebibbia. Quest’ultimo manteneva i suoi contatti illeciti anche all’interno del Tribunale di Roma (dove si trovava spesso per via del praticantato), anche se non con il personale di piazzale Clodio. Anche Boeri, come Arcuri, era in stato di semilibertà, situazione che ha portato il responsabile della Dda di Roma, Michele Prestipino, a chiedere una riflessione in materia di “concessione e gestione delle misure alternative alla detenzione in carcere”.

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