Cari amici,
eccoci di nuovo qui con la scuola di formazione “Emiliano Liuzzi”, i corsi di giornalismo organizzati dal Fatto Quotidiano nella nostra redazione.
Prima dell’estate abbiamo fatto un esperimento: incontri con i nostri giornalisti e collaboratori per raccontare, nel concreto, come si lavora al Fatto. Nessuna pretesa di essere i migliori, ma i tanti che si interessano di giornalismo finiscono spesso per strapagare lezioni di pura teoria o ascoltare i ricordi di vecchi cronisti in pensione con molto tempo libero. Noi abbiamo fatto la scommessa che, invece, ci fosse la domanda per qualcosa di più concreto, la richiesta di competenze invece che di conferenze.
La vostra risposta è stata incoraggiante.
Nei tre mesi di sperimentazione, da aprile a giugno, è nato un primo gruppo di “alumni” dei nostri corsi che ha partecipato agli incontri e ci ha dato molti preziosi suggerimenti che abbiamo deciso di seguire, anche se questo ha richiesto una pausa più lunga del previsto.
I nostri “alumni” chiedevano due cose: un percorso pensato e articolato invece che incontri indipendenti l’uno dagli altri e una chiara distinzione tra corsi introduttivi, rivolti ad aspiranti giornalisti o lettori appassionati, e quelli più operativi, utili soprattutto ai professionisti. Detto fatto.
La scuola di formazione riparte il 22 ottobre e raddoppia: ci saranno i corsi di giornalismo di base e i corsi di giornalismo di inchiesta.
Si può partecipare al singolo modulo se, per esempio, siete interessati soltanto a come si scrive un articolo di cronaca o all’utilizzo delle banche dati. Oppure si può acquistare un pacchetto di corsi (da 3 o da 6), con uno sconto, e scegliere un piano di studi. C’è anche la possibilità, con uno sconto ulteriore, di avere la tariffa “flat”: un abbonamento che vale per l’intero percorso, di base o di inchiesta.
Restano, ovviamente, le promozioni per i nostri abbonati “Partner e Soci di Fatto”.
La novità maggiore, però, è quella che riguarda la possibilità di mettere in pratica quello che si impara: chi compra il pacchetto da 6 corsi (o acquista il percorso completo) di giornalismo di inchiesta può mandare il suo curriculum a corsi@ilfattoquotidiano.it. Noi lo valuteremo poi, e se ci sono le condizioni, potrà far parte del progetto “inchiesta partecipata”: i corsisti verranno divisi in gruppi, ciascun gruppo avrà un tutor, scelto tra i giornalisti d’inchiesta del Fatto, e un tema da sviluppare nell’arco dei mesi coperti dal corso.
Al termine, le inchieste migliori verranno pubblicate sul Fatto Quotidiano.
I due percorsi, di giornalismo di base e giornalismo di inchiesta, si concluderanno con una giornata speciale in cui i corsisti dialogheranno con il fondatore del Fatto, Antonio Padellaro, e con il direttore, Marco Travaglio.
Abbiamo tante altre idee, da una comunità social degli “alumni” agli aperitivi con le nostre grandi firme. Se ci date fiducia, ci divertiremo. Insieme.
Scoprite il programma e tutti i dettagli su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/categoria-prodotto/corsi/
Vi aspetto.
Stefano Feltri
Giornalista
Media & Regime - 14 Ottobre 2016
Il Fatto Quotidiano, ecco i nuovi corsi di giornalismo. Ci divertiremo
Cari amici,
eccoci di nuovo qui con la scuola di formazione “Emiliano Liuzzi”, i corsi di giornalismo organizzati dal Fatto Quotidiano nella nostra redazione.
Prima dell’estate abbiamo fatto un esperimento: incontri con i nostri giornalisti e collaboratori per raccontare, nel concreto, come si lavora al Fatto. Nessuna pretesa di essere i migliori, ma i tanti che si interessano di giornalismo finiscono spesso per strapagare lezioni di pura teoria o ascoltare i ricordi di vecchi cronisti in pensione con molto tempo libero. Noi abbiamo fatto la scommessa che, invece, ci fosse la domanda per qualcosa di più concreto, la richiesta di competenze invece che di conferenze.
La vostra risposta è stata incoraggiante.
Nei tre mesi di sperimentazione, da aprile a giugno, è nato un primo gruppo di “alumni” dei nostri corsi che ha partecipato agli incontri e ci ha dato molti preziosi suggerimenti che abbiamo deciso di seguire, anche se questo ha richiesto una pausa più lunga del previsto.
I nostri “alumni” chiedevano due cose: un percorso pensato e articolato invece che incontri indipendenti l’uno dagli altri e una chiara distinzione tra corsi introduttivi, rivolti ad aspiranti giornalisti o lettori appassionati, e quelli più operativi, utili soprattutto ai professionisti. Detto fatto.
La scuola di formazione riparte il 22 ottobre e raddoppia: ci saranno i corsi di giornalismo di base e i corsi di giornalismo di inchiesta.
Si può partecipare al singolo modulo se, per esempio, siete interessati soltanto a come si scrive un articolo di cronaca o all’utilizzo delle banche dati. Oppure si può acquistare un pacchetto di corsi (da 3 o da 6), con uno sconto, e scegliere un piano di studi. C’è anche la possibilità, con uno sconto ulteriore, di avere la tariffa “flat”: un abbonamento che vale per l’intero percorso, di base o di inchiesta.
Restano, ovviamente, le promozioni per i nostri abbonati “Partner e Soci di Fatto”.
La novità maggiore, però, è quella che riguarda la possibilità di mettere in pratica quello che si impara: chi compra il pacchetto da 6 corsi (o acquista il percorso completo) di giornalismo di inchiesta può mandare il suo curriculum a corsi@ilfattoquotidiano.it. Noi lo valuteremo poi, e se ci sono le condizioni, potrà far parte del progetto “inchiesta partecipata”: i corsisti verranno divisi in gruppi, ciascun gruppo avrà un tutor, scelto tra i giornalisti d’inchiesta del Fatto, e un tema da sviluppare nell’arco dei mesi coperti dal corso.
Al termine, le inchieste migliori verranno pubblicate sul Fatto Quotidiano.
I due percorsi, di giornalismo di base e giornalismo di inchiesta, si concluderanno con una giornata speciale in cui i corsisti dialogheranno con il fondatore del Fatto, Antonio Padellaro, e con il direttore, Marco Travaglio.
Abbiamo tante altre idee, da una comunità social degli “alumni” agli aperitivi con le nostre grandi firme. Se ci date fiducia, ci divertiremo. Insieme.
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Ramy, i pm valutano l’omicidio volontario. I video e le differenze con i verbali. Cucchi: “Via la divisa”. Fdi-Lega in difesa dei carabinieri
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Da due o tre giorni avevamo capito che eravamo quasi arrivati alla conclusione di questa vicenda". Lo ha detto Antonio Tajani a Porta a Porta sulla liberazione di Cecilia Sala.
"Stamattina l'ambasciarice è andata al carcere per la visita consolare e le hanno detto la visita è annullata per una buona notizia, l'ambasciarice ha capito e mi ha telefonato", ha raccontato il ministro degli Esteri spiegando tra l'altro: "Anche la famiglia è stata eccezionale, la mamma e il papà ci hanno dato una mano".
"La Santa Sede non ha dato una mano in maniera operativa ma c'è sempre stato sostegno. Ma non c'è stato un intervento del Vaticano", ha spiegato Tajani.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Fermo restando che la mia posizione di condanna è assoluta per alcuni gesti apologetici, avendo conosciuto quei ragazzi, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i primi due uccisi da terroristi ai quali non si è mai dato un nome, esprimo il rammarico per il fatto che la Procura della Repubblica di Roma in 45 anni non abbia mai aperto una seria inchiesta sulla strage di Acca Larenzia". Il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, intervenendo nell’aula del Senato.
"Noi chiediamo la verità su tante vicende italiane. Nei giorni scorsi, si è saputa una possibile verità sull’omicidio di stampo mafioso di Piersanti Mattarella a Palermo. Ma sulla strage di Acca Larenzia le tracce ci sono, perché la mitraglietta Skorpion che uccise Bigonzetti e Ciavatta poi è stata utilizzata anche successivamente dalle Brigate Rosse -ha detto ancora Gasparri-. Quelli che ieri, sbagliando, hanno fatto i saluti romani non inneggiavano alle Brigate Rosse ma ricordavano, con una ritualità che io non condivido, dei militanti di un partito politico, non di terroristi".
"Mentre le Brigate Rosse sono quelle che hanno usato la mitraglietta Skorpion per uccidere Bigonzetti e Ciavatta, poi Lando Conti, ex sindaco di Firenze, e il professor Ruffilli che era un professore impegnato nella Democrazia Cristiana. Quindi quell'arma e chi l’ha usata è transitato nelle Brigate Rosse", ha proseguito l'esponente di FI.
(Adnkronos) - "Basterebbe un’inchiesta per capire quali gruppi della periferia di Roma sud e dell’estrema sinistra hanno fatto questo transito. C’è un libro di un giornalista che si chiama Nicola Rao che ha descritto queste vicende ed è una vergogna che la Procura della Repubblica di Roma non abbia mai fatto un'inchiesta seria. Io l'ho detto pubblicamente a Lo Voi e lo dico a tutti i Procuratori del passato. La magistratura evidentemente non ha voluto la verità su quella vicenda. Protesto, quindi, per le verità mancate di una pagina di storia italiana tragica", ha concluso Gasparri.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Ho voluto partecipare in collegamento all'evento 'Comunità democratica' perché il partito cattolico è anacronistico, c'è bisogno di cominciare a discutere largamente di politica, di programmi, a far partecipare le persone e soprattutto di far diminuire l'astensione". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"C'è bisogno di cominciare a discutere, sono due anni che non si fa nel Paese. Queste iniziative sono benedette, penso che Schlein lo sappia", ha aggiunto Prodi proseguendo: "Deciderà Ruffini se entrare in politica o no. E' un uomo di qualità e dipenderà dalla rete che riuscirà a costruire. E' stato talmente bravo a combattere l'evasione fiscale che il Paese gli dovrebbe essere grato".
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Trump non vuole l'Europa coesa. Tratta Paese per Paese ed esercita su ciascuno una pressione particolare. Il problema è che Meloni non può essere portavoce o simbolo dell'Europa unita, Trump non lo permetterà mai". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Trump e Musk ne dicono di tutti i colori e attaccano dall'interno i Paesi intervenendo; è il solito quadro: Trump imprevedibile. Prevedo un grande cambiamento. E' finita la globalizzazione economica e Trump tenta quella politica: l'intervento negli affari interni di tutti i Paesi", ha aggiunto.
"La cosa strana è che mentre oggi c'è stata una reazione dell'Onu sulle sue dichiarazioni, non ne ho viste da parte dell'Unione europea. Il problema è che un'UE divisa come oggi non riesce a formare una volontà politica comune; la presidente della Commissione deve mediare e non vuole rompere l'equilibrio. Non dice niente delle interferenze di Trump in Germania, in Gran Bretagna, in Italia. Il sovranismo si ferma all'obbedienza", ha detto ancora Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Starlink, l'accordo col governo gli darebbe in mano tutti i dati che riguardano il nostro Paese. E' il momento che il governo decida se dare in mano ad altri la propria vita". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Il vantaggio di Musk è che ha a disposizione una tecnologia pronta e potente. Non so se il governo firmerà, ma queste cose vanno fatte con una prudenza enorme e garanzie che non credo il nostro esecutivo sia in grado di ottenere. Così come sembrano essere le cose, io non firmerei. E l'idea che il rappresentante di uno Stato come è Musk si impadronisca di una realtà fondamentale di un altro Paese è un rischio enorme per la democrazia", ha aggiunto Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Belloni, posso dire che è proprio brava, una servitrice dello Stato leale nei confronti del Paese e con capacità personali. Non ho la minima idea se verrà eventualmente coinvolta nelle istituzioni europee. Lei ha detto di no, ma queste cose devono maturare nel tempo. Ha le energie e le capacità, vedremo". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Esprimo la mia felicità vera per il ritorno di Sala, la stessa che ho provato quando liberammo il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo in condizioni analoghe". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Queste contrattazioni sono sempre molto complesse. Certamente c'è stato da Trump una specie di permesso o di tacito consenso. A differenza della mia esperienza, noi gioimmo tutti insieme, col ministro degli Esteri, il governo e anche i servizi. C'era anche la dottoressa Belloni, che aveva organizzato la liberazione; oggi è sembrato un evento molto solitario, solo della Meloni", ha aggiunto Prodi.