Il 46,9% del totale deriva dall'evasione fiscale, il 36,5% dall’impiego di lavoro irregolare. Sfuggono al fisco attività per un valore di 194,4 miliardi: in prevalenza servizi, commercio,trasporti, alloggio e ristorazione . Da contrabbando di tabacco, prostituzione e traffico di stupefacenti, inseriti nel calcolo dal 2014, arrivano 17 miliardi
Oltre 3 milioni e mezzo di lavoratori in nero, 180mila in più rispetto al 2013. E 17 miliardi di pil (l’1% del totale) frutto di traffico di droga, prostituzione e contrabbando di tabacco. Sommando alle attività illecite anche il nero, nel 2014 la cosiddetta “economia non osservata” è arrivata a valere in Italia 211 miliardi, il 13% del prodotto interno lordo. È il quadro che emerge dal rapporto Istat sul peso di sommerso e illegalità sulla crescita. Sui 211 miliardi complessivi, il 46,9% è frutto di evasione fiscale, contro il 47,9% del 2013. La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (era il 34,7% nel 2013), per l’8,6% alle altre componenti (affitti in nero, mance e paghe fuori busta) e per l’8% alle attività illegali.
I nuovi dati superano di quasi cinque miliardi i valori registrati nel 2013, quando l’economia non osservata pesava il 12,9% per un totale di circa 206 miliardi. Nel 2011, primo anno per il quale l’istituto di statistica ha effettuato il ricalcolo considerando anche delle attività illegali come prevede il nuovo sistema di contabilità pubblica Esa 2010, il peso sul pil si fermava al 12,4%, pari a circa 203 miliardi. Quindi nel giro di tre anni il valore è aumentato dello 0,6%.
Il valore aggiunto generato dalla sola economia sommersa, cioè tutto ciò che sfugge al fisco, ammonta a 194,4 miliardi di euro (12% del pil). L’economia non osservata, scrive comunque l’Istat, fornisce “apporti molto limitati alla dinamica complessiva”: il valore aggiunto del sommerso ha contribuito per 0,15 punti percentuali alla variazione totale nel 2012, per 0,05 punti nel 2013 e per 0,31 punti nel 2014. L’apporto delle attività illegali è stato di 0,06 punti percentuali nel 2012 e pressoché nullo nel 2013 e nel 2014.
Il sommerso pesa soprattutto su servizi, commercio, trasporti, alloggio e ristorazione – L’incidenza sul valore aggiunto dei flussi generati dall’economia sommersa è particolarmente elevata nei settori delle altre attività dei servizi (33,6% nel 2014), del commercio, trasporti, attività di alloggio e ristorazione (25,9%) e delle costruzioni (23,5%). Il peso della sottodichiarazione sul valore aggiunto prodotto in ogni settore assume dimensioni importanti nei servizi professionali (17,5% nel 2014) e ancora una volta nel commercio, nei trasporti, alloggio e ristorazione e costruzioni. All’interno dell’industria, l’incidenza risulta marcata nelle attività economiche connesse alla produzione di beni alimentari e di consumo (8,3%) e contenuta in quelle di produzione di beni di investimento (2,7%).
Irregolari 3,6 milioni di lavoratori tra cui 2,6 milioni di dipendenti – La componente di valore aggiunto che nasce dall’impiego di lavoro irregolare è particolarmente rilevante nel settore degli altri servizi alle persone (23,3% nel 2014), dove è principalmente connessa al lavoro domestico, e nell’agricoltura e pesca (16,3%). Nel 2014 le unità di lavoro irregolari sono state 3,6 milioni, in prevalenza dipendenti (2,59 milioni), in significativo aumento sull’anno precedente (rispettivamente +180mila e +157mila). In pratica si tratta del totale dei posti irregolari considerati a tempo pieno. Il tasso di irregolarità è pari al 15,7% (+0,7 punti percentuali rispetto al 2013). Scomponendo il valore aggiunto generato dall’economia non osservata nel 2014, pari a 211 miliardi, per il 46,9% (47,9% nel 2013) deriva dalla componente relativa alla sotto-dichiarazione da parte degli operatori economici. La restante parte è attribuibile per il 36,5% all’impiego di lavoro irregolare (34,7% nel 2013), per l’8,6% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8% alle attività illegali.
Il tasso di irregolarità, calcolato come incidenza delle unità di lavoro (ula) non regolari sul totale, è pari al 15,7% (+ 0,7 punti percentuali rispetto al 2013). Il tasso di irregolarità dell’occupazione risulta particolarmente elevato nel settore dei servizi alla persona (47,4% nel 2014, 2,4 punti percentuali in più del 2013), seguono a grande distanza l’agricoltura (17,5%), il commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (16,5%) e le costruzioni (15,9%).