La guerra del panino non è finita. Ora scattano le prime denunce per discriminazione nei confronti di quelle scuole che decidono di far mangiare in luoghi e momenti diversi i bambini che portano il pasto da casa. A presentarsi dai Carabinieri di Ponte a Moriano nei giorni scorsi sono state due mamme i cui figli frequentano la scuola di San Michele di Moriano (Lucca). E’ la prima volta che accade in Italia.
I genitori per settimane hanno inoltrato richieste e lettere alla dirigente dell’istituto per chiedere il rispetto della sentenza del Tribunale di Torino che ha sancito il diritto delle famiglie a scegliere per i propri figli tra la refezione scolastica e il pasto preparato a casa da consumare presso la scuola nell’orario destinato alla refezione.
Nulla da fare: “Nella nostra scuola – racconta Silvana Alterio, che nella denuncia appare come testimone oculare vista la sua presenza tra i banchi come membro della commissione mensa – i bambini che portano il cibo da casa sono stati fatti mangiare prima di quelli che aderiscono al servizio comunale. Mio figlio, insieme ad altri alunni che portano il cibo da casa, è stato persino portato in un’altra aula. Questo atteggiamento ci è sembrato una vera e propria discriminazione. Ora rimandiamo al giudice la decisione di stabilire di chi sia la responsabilità di quello che è successo a scuola. Nell’esposto abbiamo allegato le sentenze dei ricorsi vinti a Torino dove è riconosciuto il diritto di stare a mensa in coesistenza con i compagni”.
Le mamme del comitato “La scuola che vogliamo” si sono affidate all’avvocato Giorgio Vecchione, promotore della battaglia che 58 famiglie di Torino hanno portato avanti per aver riconosciuta la possibilità di far mangiare ai loro figli il pranzo preparato a casa.
Una vicenda iniziata nel 2013 che ha fatto molto discutere. In prima istanza, infatti, il tribunale amministrativo ha detto no poi la Corte d’Appello nel giugno scorso ha dato ragione ai genitori difensori del “panino free”. Comune, ministero, ufficio scolastico e Regione sono andati in tilt. Il Miur ha resistito contro l’ordinanza d’urgenza emessa ad agosto che aveva sancito la libertà di scelta della “schiscetta” ma il Tribunale ha rigettato il reclamo.
“La denuncia era pronta da tempo – osserva Marianna Ferraro, presidente del comitato – siamo arrivati al punto di presentarla dopo aver fatto tutto il possibile per evitare di dover ricorrere alla giustizia. A settembre abbiamo inviato una lettera ai capi d’istituto, al sindaco, all’assessore e al dirigente scolastico provinciale in cui chiedevamo solo di rispettare la sentenza del Tribunale di Torino. Lo scorso anno mio figlio per tutto l’anno è andato con il pasto da casa e mangiava in classe mentre gli altri pranzavano in refettorio. Ora basta. Non siamo bambine cattive, abbiamo cercato il dialogo ma alla fine è toccato agire in maniera diversa”.
Silvana Alterio non ci sta nemmeno a passare per la pasdaran del panino: “Tutto è partito dalla qualità della mensa che è bassa; molti bambini restano digiuni e imparano a sprecare il cibo. Per noi ciò è diseducativo oltre al fatto che restare senza mangiare con il tempo pieno non va bene”.