Nell’ottobre del 2012 l'indagine aveva portato in carcere, tra gli altri, l'allora assessore regionale lombardoi, accusato di voto di scambio con la 'ndrangheta e corruzione e ancora a processo con rito ordinario. Per lui l'accusa ha chiesto 10 anni
La Cassazione ha confermato sette condanne, a pene comprese tra i 3 anni e i 14 anni e 8 mesi di carcere, per altrettanti imputati nel procedimento che, nell’ottobre del 2012, aveva portato in carcere, tra gli altri, l’allora assessore regionale lombardo Domenico Zambetti, accusato di voto di scambio con la ‘ndrangheta e corruzione e ancora a processo con rito ordinario in primo grado assieme ad altre persone, tra cui il regista Ambrogio Crespi.
In particolare, la Suprema Corte ha confermato anche la condanna a 9 anni e 10 mesi per Alessandro Gugliotta (avevano proposto ricorso i legali Maria Teresa Zampogna e Clara Veneto) che era ritenuto il “collettore” di voti per Zambetti per le elezioni regionali del 2010. Gugliotta, come altri 11 imputati, a seguito dell’inchiesta del pm Giuseppe D’Amico, aveva scelto il rito abbreviato, mentre l’ex assessore lombardo alla Casa e Crespi, assieme ad altri, sono ancora a dibattimento con rito ordinario (il 19 ottobre parlerà la difesa di Zambetti: per lui il pm ha chiesto 10 anni). Tra loro Celeste Costantino, l’ex sindaco di Sedriano (Milano), primo comune lombardo sciolto per infiltrazioni mafiose proprio in seguito all’inchiesta oggetto del processo.
Dopo la sentenza della Cassazione è diventata definitiva anche la pena di 10 anni e 10 mesi di reclusione per Sabatino Di Grillo, accusato di essere il capo della ‘ndrina radicata in Lombardia e legata alla cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), oltre alla condanna a 14 anni e 8 mesi per il suo braccio destro, Vincenzo Evolo. Confermata anche la condanna a 14 anni e 2 mesi per Giampiero Guerrisi. Otto anni e 10 mesi, invece, a Salvatore Etzi.
È stato annullata, invece, con rinvio per un nuovo processo d’appello in Assise a Milano, l’assoluzione di Salvatore Mancuso, accusato di aver preso parte ad un sequestro di persona a scopo di estorsione. Annullata, sempre con rinvio per un nuovo appello, la riduzione di pena, decisa in secondo grado, da 10 anni e 10 mesi a 8 anni e 8 mesi per Giuseppe D’Agostino, ritenuto il presunto “portavoce” dei clan nel loro ruolo di ‘avvicinamento’ a Zambetti. Per tre posizioni minori, infine, la Cassazione ha disposto un nuovo processo d’appello per rideterminare le pene.