Il parlamento indonesiano ha approvato all’unanimità una legge che inasprisce le pene per i colpevoli di abusi sessuali su minori: si va da un minimo di 10 anni di carcere alla pena di morte. Nel provvedimento le sanzioni per i crimini sessuali vengono inasprite anche da una serie di pene aggiuntive come la pubblicazione delle identità dei colpevoli. Viene inoltre dato il via libera a misure punitive come la castrazione chimica e l’impianto di chip elettronici per l’identificazione e il controllo dei condannati in libertà condizionata.

Il governo di Giacarta è già al lavoro – riferisce il Jakarta Post – per stilare una serie di norme a sostegno della nuova legge sulla violenza sessuale contro i bambini. Yohana Yembise, ministra per l’empowerment (consapevolezza, ndr) delle donne e la protezione dei bambini ha espresso ottimismo sull’efficacia della nuova legislazione: “Ci siamo dotati delle norme più dure contro gli assalitori”. La decisione è stata però accolta tra le proteste di gruppi per la difesa dei diritti umani e l’associazione dei medici per cui la somministrazione dei castranti viola l’etica professionale.

La proposta di emendamento della legge del 2002 è stata presentata a maggio scorso dal presidente Joko Widodo, conosciuto in patria con il nome di “Jokowi“. Il governo aveva quindi emesso un Perppu (acronimo dell’espressione che in indonesiano sta per “Decreto governativo con valore di legge”) per dare un segnale forte nella lotta contro i sempre più ricorrenti episodi di violenza sessuale ai danni di minorenni. Secondo quanto dichiarato allora da Jokowi, il documento aveva l’obiettivo di fornire ai giudici più libertà di emettere sentenze più dure contro i reati sessuali sui minori e aumentare l’effetto di deterrenza della legislazione vigente.

Poche settimane prima, ad aprile, poco lontano da un piccolo villaggio dell’isola di Sumatra, una studentessa di 14 anni, Yuyun, era stata assalita da un gruppo di quattordici persone, quasi tutti ragazzi di età inferiore ai 18 anni, mentre tornava a casa, trascinata nel bosco, stuprata e uccisa. La giovane era stata poi trovata morta in un fossato tre giorni più tardi. La stampa nazionale aveva inizialmente dato poco peso al caso. Di lì a poco però era iniziata una campagna sostenuta da gruppi di attivisti per i diritti delle donne e dei minori che aveva portato il caso all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale, lanciando un hashtag su Twitter: #NyalaUntukYuyun, una fiamma per Yuyun. I rappresentanti di 20 organizzazioni non governative avevano infine lanciato un appello al presidente perché portasse avanti un’azione decisa contro i crimini a sfondo sessuale. Secondo i dati diffusi da uno dei gruppi di attivisti, più di 40 donne, 7 delle quali minorenni, sono state uccise da uomini nei primi cinque mesi del 2016.

Alla prevenzione a livello locale si aggiunge poi la lotta del governo allo sfruttamento dei minori nell’industria del sesso locale che attira sempre più turisti stranieri. Secondo il quotidiano australiano Sydney Morning Herald, l’Indonesia, e in particolare lo hub turistico di Bali, è anche una delle mete preferite dai turisti del sesso minorile – soprattutto provenienti dall’Australia – superando Thailandia, Filippine e Malesia. A gennaio di quest’anno, Robert Andrew Fiddes Ellis, cittadino australiano 70enne, è stato arrestato dalla polizia indonesiana a Bali con l’accusa di essere parte di un circolo internazionale di prostituzione minorile. Secondo l’accusa, l’uomo attirava a sé bambini di strada con regali e donazioni in denaro per poi violentarli nel bagno della sua abitazione. L’uomo è ora in attesa di processo, ma potrebbe essere risparmiato dalle pene aggiuntive per la non retroattività del provvedimento approvato oggi dal parlamento.

Di Marco Zappa

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