A dicembre aveva subito il primo trapianto di pene al mondo. Ora, a dieci mesi di distanza dall’intervento, un ragazzo di 21 anni sta per diventare padre. Ad annunciare il successo dell’operazione è stato Vincenzo Mirone, segretario generale della Società italiana di urologia (Siu) durante un convegno dell’associazione a Venezia. L’intervento era stato eseguito in Sudafrica dall’urologo Andrè Van Der Merw. L’organo da trapiantare era stato prelevato da un cadavere e l’operazione di microchirurgia era durata nove ore. Al ragazzo era stato amputato il pene tre anni fa a causa di un’infezione estesa dopo una circoncisione. I medici erano riusciti a salvare solo un centimetro dell’organo. André Van Der Merwe, ospite speciale del Congresso nazionale della Società italiana di urologia, ha definito l’operazione un “miracolo”.
Dopo soli tre mesi infatti il ragazzo aveva recuperato la piena funzionalità urologica e sessuale. “Il paziente non ha ancora il massimo della sensibilità proprio perché i nervi sensoriali sono estremamente sottili e si deteriorano molto velocemente, ma è possibile che nell’arco di un paio di anni torni ad avere una sensibilità normale” ha specificato Mirone.
Sono tre le operazioni eseguite su altri pazienti dopo il trapianto portato a termine in Sudafrica. “La chirurgia ricostruttiva ha fatto un vero e proprio miracolo – ha aggiunto il segretario generale Siu – il tessuto cavernoso umano responsabile dell’erezione è estremamente delicato e complesso. Le tecniche usate da Van Der Merwe e i suoi colleghi dell’università di Stellenbosch sono molto simili a quelle impiegate per il trapianto di faccia: la vera sfida, infatti, è riuscire a unire tra loro vasi e nervi dal diametro inferiore ai 2 millimetri”. Il trapianto di pene viene applicato alle persone che soffrono di traumi genitali dovuti a circoncisioni mal condotte, ferite di varia natura o per patologie gravi come tumori o anomalie genetiche. Spesso l’intervento rappresenta una speranza per molti uomini che hanno una qualità di vita drammaticamente bassa e hanno come unica alternativa l’uso di una protesi .
Il successo dell’operazione dipende anche dall’età del paziente: “I risultati dipendono molto dalla condizione di partenza – osserva Mirone – sono ovviamente migliori su persone giovani e sane e soprattutto se il trauma è limitato. Un sessantenne iperteso difficilmente potrebbe ottenere un recupero brillante come quello del primo paziente operato.