“Avrei una proposta…”. Una mano alzata e tanti occhi al cielo. Alle riunioni per l’organizzazione delle feste scolastiche ho spesso proposto di sostituire l’usa e getta in plastica con stoviglie lavabili o al limite biodegradabili. Finora con poco successo. “Impossibile, troppo scomodo, troppo costoso”, mi dicono.
Quest’anno ci riproverò, e chissà che la recente legge francese non mi dia una mano a far breccia sul fatalismo nostrano.
Già dallo scorso luglio la Francia ha messo al bando le buste in plastica, anche quelle trasparenti, che in Italia sono ancora permesse (e infatti inondano i reparti e i mercati ortofrutticoli), adesso ha deciso di mettere al bando anche coltelli, forchette, bicchieri, tazze e piatti di plastica usa e getta.
Ricordiamo l’impatto ambientale e sociale della produzione della plastica: per produrre 1 kg di plastica si consumano 4 litri di petrolio (1 litro come materia prima e 3 come fonte energetica), 200 litri di acqua, e si producono 5 kg di gas serra e altre scorie tossiche (dati del Wuppertal Institute). Quotidianamente vediamo gli effetti della nostra dipendenza dal petrolio: la guerra in Siria, così come tante altre guerre, è una “oil war”. Il traffico di armi verso le “petromonarchie” come l’Arabia Saudita, da parte dell’Italia come di altri paesi occidentali, è all’ordine del giorno.
Alcuni obiettano: “Ma se la plastica si ricicla, perché si dovrebbe estrarre nuovo petrolio?”.
Perché non tutta la plastica si ricicla, non conviene. Alla favola del Riciclandino non ci crede più nessuno, anche se Hera continua a raccontarlo ai bambini a scuola. Nella Regione Emilia Romagna solo il 19% della plastica buttata viene riciclata. Solo il 47% della plastica raccolta in maniera differenziata viene riciclata, il resto va in inceneritore o discarica, perché conviene di più economicamente. Le ripercussioni ambientali e sulla salute dell’incenerimento dei rifiuti sono gravissime.
Usare e gettare un materiale che può durare 100 anni è follia. Non farlo una volta per sbaglio, ma tante tante volte in modo compulsivo, per ogni sorso d’acqua, per ogni porzione di pasta, avrebbe fatto inorridire ogni uomo dotato di buon senso 50 anni fa. Oggi ci sembra normale. Il buon senso è stato perso, negli ultimi anni, usato e gettato insieme alla plastica.
Piatti usa e getta, bottiglie usa e getta, bicchieri usa e getta, stoviglie usa e getta, sporte usa e getta, imballaggi usa e getta, fazzoletti usa e getta, pannoli usa e getta… Quand’è che la pubblicità ci propinerà mutande e vestiti usa e getta, pentole usa e getta? Quand’è che non riusciremo più a farne a meno?
La normativa entrata in vigore lo scorso mese in Francia obbliga i produttori a produrre soltanto posate e piatti biodegradabili con materie prime vegetali e compostabili. L’industria francese avrà tempo fino al 2020 per adeguarsi alla normativa.
Purtroppo le lobby dell’imballaggio, come la Pack2Go Europe, un’associazione che tutela l’industria europea del packaging, teme l’adozione delle nuove norme restrittive anche in altri Stati membri ed ha annunciato un ricorso contro la legge.
Sicuramente anche il compostabile ha il suo impatto ambientale, si tratta sempre di materie prime che vengono consumate e sottratte all’ambiente (e all’alimentazione umana): mais, cellulosa, patate, girasole. L’usa e getta biodegradabile è un modo per risolvere il problema dei rifiuti, ma la vera alternativa, la più sostenibile, è il riuso. Piatti, bicchieri e stoviglie lavabili con detersivi ecologici, dovrebbero essere la norma in ogni sagra paesana e festa scolastica, con la collaborazione dei Comuni.
Spero che quest’anno io non sia la sola ad alzare la mano.