Raggiunto l'accordo con le difese del legale rappresentante e ad della filiale italiana, del direttore finanziario e di un dirigente della irlandese Apple Sales International, tutti accusati di omessa dichiarazione in Italia. Sul fronte fiscale il caso si è chiuso lo scorso dicembre con il pagamento all’erario di 318 milioni di euro
La Procura di Milano ha presentato all’ufficio del gip due richieste di archiviazione e una richiesta di patteggiamento al gip per i tre manager di Apple coinvolti nell’indagine per presunta evasione fiscale per il mancato pagamento di 879 milioni di Ires da parte del gruppo di Cupertino tra 2008 e 2013. Il caso, sul fronte fiscale, si è chiuso lo scorso dicembre con il pagamento all’erario di 318 milioni di euro, la cifra richiesta nei verbali di accertamento presentati dalle Entrate. L’accordo non ha però sanato la posizione di Enzo Biagini, legale rappresentante e ad di Apple Italia, del direttore finanziario Mauro Cardaio e del manager della società irlandese Apple Sales International Michael Thomas O’Sullivan, tutti accusati di omessa dichiarazione dei redditi nell’ambito dell’indagine coordinata dal procuratore della Repubblica Francesco Greco, ancora a capo del dipartimento reati economico-finanziari, e dal pm Adriano Scudieri.
I pm Greco e Scudieri nel marzo del 2015 avevano chiuso le indagini, con il deposito degli atti. I difensori degli indagati (sono assistiti dallo studio Severino) e gli inquirenti si sono confrontati su un eventuale patteggiamento delle pene. Scaduto il termine del primo aprile scorso dato dalla Procura per raggiungere un accordo sull’entità della pena, le difese hanno presentato una memoria per chiedere di archiviare il procedimento ritenendo l’assenza di profili penalmente rilevanti. Nei mesi scorsi, però, inquirenti e difese sono tornati a confrontarsi e a valutare l’ipotesi di arrivare davanti al gip con una o più istanze di patteggiamento. E nei giorni scorsi, infine, pm e legali hanno raggiunto l’intesa: un’istanza di patteggiamento (non si sa per quale delle tre posizioni) e due di archiviazione. Istanze che dovranno essere valutate dal gip.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, condotta dall’Agenzia delle Dogane, i profitti realizzati in Italia dalla società fondata da Steve Jobs sono stati contabilizzati dalla filiale della società con sede in Irlanda, dove la pressione fiscale è più favorevole. Modus operandi che lo scorso agosto ha portato l’Antitrust europeo a concludere che il gruppo dovrà restituire a Dublino fino a 13 miliardi di euro di benefici fiscali illegali che, in base alle regole Ue, rappresentano indebiti aiuti di Stato. Inchieste simili a quella di Apple, sempre a Milano, riguardano anche Google, Amazon (anche in questo caso ci sono degli indagati) e Facebook.