Che siamo follower sciocchi di culture altrui, e che abbiamo rinunciato colpevolmente a conoscere la nostra storia e a elaborare su di essa un nostro originale modello civile e culturale, lo vediamo da moltissime cose. Perfino dalla storia del mare. Se dico la parola “pirata”, la maggior parte penserà a Jack Sparrow, o, i più colti, al Corsaro Nero, a Sandokan. Tutti, dunque, penseranno a personaggi inventati, mai esistiti, di parti del mondo dove la pirateria non c’era oppure è stata cosa breve e marginale, per nulla millenaria o epica. Roba di ladri contro ricchi, ad ogni buon conto, per di più voltagabbana e reietti. Nulla di cui vantarsi, fare epica o, eventualmente, sognare.

La storia ci racconta, invece, che gli antichi egizi furono aggrediti da un’orda che veniva dal mare. I “Popoli del Mare”, composta da marinai esperti come gli shardana, gli attuali sardi, o gli šikalayū, odierni siciliani. Poi c’erano i lukka, i peleset, arcadi bisnonni dei greci e forse fondatori della “palestina”, gli zeker o tjeker, che erano loro cugini, i cirenaici libu, che pare avessero la pelle molto chiara e una barba bionda, gli eqweš, che forse provenivano dell’Acaia, anche se erano circoncisi dunque mediorientali. E poi ancora i tereš, che parlavano un dialetto molto simile all’etrusco ma erano anatolici (Virgilio sostenne la parentela tra tirrenici e troiani), come i wešeš, anch’essi della città di Ilio. E al lungo elenco di pirati si devono aggiungere anche i marinai che scendevano lungo i fiumi d’Europa a bordo dei drakar, le nordiche navi con polena di drago.

Tutti o quasi nell’antichità sono stati pirati, per millenni. Tranne forse i romani, che sotto Pompeo Magno nel 67 a.C., stanarono e distrussero basi, cantieri e legni pirateschi baia per baia, sostituendosi di fatto ad essi. Ma dopo qualche secolo la pirateria riprese forza in modo sempre maggiore, spinta e strumentalizzata dai conflitti tra gli imperi. Il nostro passato mediterraneo è strapieno di pirati, da Maio di Monopoli, detto Madio, che nacque pirata e morì Conte di Zacinto e Cefalonia, a Ruggero da Fiore, templare, difensore di San Giovanni d’Acri, cacciato dall’Ordine, pirata e mercenario, comandante della terribile compagnia degli almogavàri. Le stesse crociate, note come nobili spedizioni per liberare Gerusalemme, furono una colossale e secolare campagna piratesca cristiana. Fino all’epoca d’oro della pirateria, tra Quattrocento e Cinquecento, quella di Dragut Rais, Kahir al-Din “Barbarossa”, i cavalieri di Malta, Andrea Doria. L’ultimo attacco pirata registrato nel Tirreno fu all’isola di Capraia e risale addirittura al 1800, anno in cui Napoleone veniva incoronato a Milano imperatore e Volta inventava la pila. Cioè la modernità. Ieri l’altro.

Quella pirateria, millenaria, era l’unica via per sfuggire ai ruoli blindati della terraferma. Nessuno, nato plebeo, poteva diventare nobile o condottiero, tranne su una galera! Possiamo sostenere che sulle galere piratesche del Mediterraneo si realizzarono sorte di comunità proto-anarchiche, in cui se valevi diventavi Rais, e coesistevano uomini di provenienze, culture, razze, credi differenti. Gente che le ingiustizie della terraferma spingevano a imbarcarsi come unica possibilità per essere liberi, per tentare di scolpire il proprio destino. Fino a costituire addirittura vere repubbliche autonome anarchiche, come quella di Sale (Rabat) descritta molto bene da Akim Bay.

Ebbene, in tutto ciò, con questa messe di milioni di marinai, avventure, eroismi, contenuti sociali e politici, per almeno seimila anni, chi ricordiamo noi quando ascoltiamo la parola pirata? Jack Sparrow e forse qualche altro personaggio mai esistito, collocato in quei Caraibi residuali e periferici dove i pirati (poche migliaia) erano semplici ladroni, buoni più coi cannoni che con gli abbordaggi, per un pugno di monete e appena due secoli. Chi li ha resi così famosi? Hollywood…

Lungo le coste di Cipro naviga un’orribile “nave” finto piratesca per turisti (vedi foto in evidenza). Si chiama la Perla Nera, e issa il Jolly Roger di Jack Sparrow. E’ orrenda, e per di più, non ha nulla a che vedere coi pirati. Quando l’ho vista sono rimasto sgomento. Come quando assisto alle farse delle feste dei pirati come quella di Ca’ di Mare, borgo marinaro in provincia di La Spezia.

Quando si dimentica la propria storia, e quando ci si appassiona solo a cose d’altri, per di più fasulle, ci si candida a dimenticare se stessi, compiendo il tragico e inevitabile destino di ogni sciocco follower: perdersi.

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