Anche se il secondo nome non appare in copertina, gli autori sono due: Marina Morpurgo, ex giornalista (Unità, Diario), traduttrice, autrice di romanzi per adulti e ragazzi. E Blasco, cane. Che a dispetto del titolo, È solo un cane (dicono) (Astoria), è molto di più. Intanto perché è il suo (di Morpurgo) cane, e poi perché la storia che insieme raccontano è speciale. Una storia di dolore (della padrona) e malattia (del cane), che fa un po’ piangere e parecchio ridere. Il che non stupisce, essendo l’autrice una delle scrittrici più divertenti e delle persone più spiritose attualmente in circolazione. Per non tacer del cane, un meraviglioso, peloso “cao de agua” (cane portoghese da lavoro sulle barche) bianco e nero, dotato di umido nasone e simpatico culotto, arrivato otto anni fa nella vita di Marina da un luogo altamente simbolico: Gambassi, un paesino della Toscana dove la sua famiglia materna aveva trovato rifugio e salvezza in fuga dai nazisti. Una coincidenza che ha spinto l’autrice ad approfondire la storia della famiglia, soprattutto delle sue formidabili donne, nonna Irma in testa.
Da quel momento Blasco diventa un cane a tre zampe, ma non per questo meno arzillo e rubacuori. E Marina viene da lui derubricata da “pupa” (La pupa mi preoccupa, che le piglia? Queste donne sono imprevedibili. Mi guarda con certi occhi rossi…) a “infermiera” (Oggi la mia infermiera ha deciso di portarmi in montagna a camminare. C’erano dei prati così invitanti, verdi e morbidi, che mi sono dimenticato di fare il cane chic e snob e mi sono rotolato per bene. Dopo ho corso come un pazzo in salita e in discesa per dare a quella poveretta l’occasione di vantarsi con tutti i gitanti di passaggio: sono il più veloce e atletico cane chemioterapico e tripode delle Alpi).