I pm chiederanno i verbali della deposizione della parlamentare: troppi "non ricordo" sui contatti con Buzzi. I giudici la riprendono: "Come fa a essere in commissione Giustizia se non riconosce le regole dei processi?". E poi: "E' così giovane e ha così tanti vuoti di memoria?"
I “non so”. I “non ricordo”. I racconti smentiti dalle intercettazioni. I ripetuti appelli della presidente del tribunale a “dire la verità”. Così ora, Micaela Campana, deputata del Pd e responsabile nazionale del partito per il Welfare, finirà indagata per falsa testimonianza nel processo su Mafia Capitale. Una deposizione, la sua, dicono dalla Procura di Roma all’Ansa, contraddistinta “da una serie di bugie e reticenze smentite dal contenuto degli atti processuali”. Come da prassi la trasmissione degli atti si farà durante la requisitoria dei pm, quando i magistrati che hanno condotto l’inchiesta chiederanno ai giudici del tribunale la restituzione del verbale di deposizione della parlamentare, 39anni, originaria di Mesagne ma cresciuta a Roma. La Campana è tra l’altro l’ex moglie di Daniele Ozzimo, già assessore alla Casa della giunta Marino e già condannato per corruzione a 2 anni e 2 mesi in primo grado, dopo aver scelto il rito abbreviato. Fu lei, infine, tra l’altro, a chiedere a Buzzi di finanziare le cene elettorali di Matteo Renzi, fornendogli l’iban del Partito democratico.
Una deposizione, quella della parlamentare democratica che, secondo quanto raccontano le cronache di Corriere della Sera e Repubblica, è stata praticamente un disastro. In qualità di ex moglie dell’ex assessore già condannato avrebbe potuto avvalersi della facoltà di non rispondere. Invece chiede di non essere ripresa dalle telecamere della Rai, risponde e ne viene fuori un boomerang in termini di credibilità, anche politica. La presidente del tribunale Rossana Ianniello ha dovuto riprendere la testimone Campana più volte e anche con forme energiche. “Le ripeto per la quarta volta la riprende Ianniello – mentire sotto giuramento è un reato molto grave”. Le ha dovuto perfino chiedere a che titolo la Campana sia componente della commissione Giustizia a Montecitorio se poi non riconosce le regole base del processo.
La deputata democratica ha negato una serie di circostanze emerse, soprattutto, nelle intercettazioni telefoniche. Tra queste di aver incontrato il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico per parlare di un’interrogazione parlamentare suggeritagli, e mai presentata, dal ras delle cooperative Salvatore Buzzi, considerato uno dei capi dell’associazione. Tanti “non so” anche sul ricevimento di finanziamenti dalla cooperativa “29 giugno” e una serie di traslochi chiesti alla stessa struttura di Buzzi.
Accusa e difesa si trovano unite nella difficoltà di far rispondere la teste. “Per quale motivo fissò un incontro tra Bubbico e Buzzi?” gli chiede il pm Tescaroli in udienza. “Fu lui a chiedermelo, ma non so di cosa dovessero parlare” replica la deputata. “Mi faccia capire – chiede la presidente del tribunale – lei fissa un incontro col sottosegretario Bubbico a Buzzi solo perché lui glielo aveva chiesto, senza conoscere il motivo di tale richiesta?”. “Non ricordo” ripete l’esponente democratica.
Le incertezze della Campana – racconta il Corriere della Sera – si sono ripetute in particolare durante l’esame degli avvocati di Buzzi, Alessandro Diddi e Pier Gerardo Santoro. Sono stati i legali a portare in aula i testi delle intercettazioni telefoniche. Le chiedono dei versamenti per le cene elettorali dell’allora sindaco di Firenze, ma anche sulle richieste di soldi per Ozzimo. “Daniele era mio marito – ha risposto lei in udienza – e io all’epoca non avevo incarichi pubblici”. E poi c’è una serie di messaggi e telefonate diventate pubbliche – sottolinea la cronaca del Corriere – per la prima volta nell’udienza di ieri. Ripetuti contatti tra la Campana e il suo staff da una parte e Buzzi e i suoi collaboratori dall’altra: quando la richiesta di un trasloco del cognato (a sua volta consigliere di municipio), in altri casi la proposta di assumere qualcuno. Uno scenario di fronte al quale la deputata del Pd ripete diversi “non ricordo”. Le leggono le trascrizioni degli sms. E lei risponde: “Quei favori non erano per me”.
Poi c’è la circostanza già emersa nei giorni in cui si arrivò agli arresti per Mafia Capitale, quella legata alla gara per il Cara di Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma, che si aggiudica la Eriches, ma il cui risultato viene sospeso per i ricorsi della uscente Gepsa (francese) e di un’altra concorrente, la Auxilium. Così Buzzi, all’epoca, interviene e cerca di nuovo la Campana. La trova e le chiede di intervenire sul viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. Ma ancora una volta la deputata, al processo, ha risposto di non ricordare. Invece, come emerso dall’inchiesta e come già raccontato un paio d’anni fa da ilfattoquotidiano.it, se da una parte Buzzi cercava di avviare una “campagna mediatica favorevole” attraverso il Tempo, dall’altra cercava una sponda politica in Parlamento proprio con la Campana e altri deputati romani del Partito democratico. In quei giorni Buzzi dice a Simone Barbieri, collaboratore della Campana, dice di aver già “concordato con Micaela che mi faceva un’interrogazione sul casino che è successo sul Cara”. Il presidente della coop 29 Giugno chiama il Tempo e anticipa che l’interrogazione sarà firmata oltre che dalla Campana anche dai deputati Umberto Marroni e forse anche da Fabio Melilli. Ma l’interrogazione viene bloccata una prima volta perché – dice Barbieri – il “sottosegretario” ha detto che “al momento c’è solo un articolo di stampa”. Ma Buzzi ci crede ancora. Il giorno dopo Marroni gli invia un sms: “Ho parlato con Micaela meniamo”. L’interrogazione, precisa, “la sta preparando Micaela”. Dopo qualche ora ecco proprio lei: “Parlato con segretario ministro – scrive la Campana in un sms a Buzzi – Mi ha buttato giù due righe per evitare il fatto che mi bloccano l’interrogazione perché non c’è ancora procedimento. Domani mattina ti chiamo e ti dico. Bacio grande capo”. Quindi il pm Tescaroli, in aula, al processo, chiede alla Campana: “Come mai si rivolge così a Buzzi?”. E lei risponde: “Questione di rispetto nei confronti di una persona più grande di me”.
In realtà l’interrogazione del Pd non fu mai presentata: “Io ricordo che Buzzi mi chiamò spesso per questa interrogazione che voleva facessi: analizzai le carte e decisi di non farla” scandisce in aula la parlamentare. La presentarono i Cinquestelle, ma non è neanche questo il punto. Perché la ricostruzione della Campana è banalizzata dalle carte. Era stato Bubbico a dire di prendere tempo su quell’interrogazione. “Quanto all’incontro organizzato al Viminale per far parlare Buzzi col prefetto Morcone?”. gli chiedono. “Andai anche io – risponde l’onorevole Campana – ma non ricordo di cosa, Buzzi parlò con il prefetto Manzione (Morcone non si presentò, ndr). Di qualcosa sul centro di Castelnuovo di Porto, ma nello specifico non saprei”. E qui la giudice Ianniello perde di nuovo la pazienza: “Eppure lei è giovane: come mai questi continui vuoti di memoria? Lei assiste a un incontro, è presente in una stanza e non sa di cosa hanno parlato?”.