Rallentano le operazioni di terra, proseguono i raid aerei. Ventiquattro ore dopo l’inizio dell’offensiva per strappare Mosul al controllo dello Stato Islamico, l’azione di terra condotta dall’esercito iracheno da sud e quella dei miliziani Peshmerga curdi da est sembra aver subito un rallentamento. Se lunedì gli stessi soldati curdi avevano detto di essere arrivati ad una quindicina di chilometri dalla città, una inviata della tv panaraba Al Arabiya racconta che i Peshmerga si sono praticamente fermati, dopo aver affermato di avere preso il controllo ieri di 8-10 villaggi ad est della città roccaforte dello Stato islamico.
La stessa giornalista sottolinea che da alcuni insediamenti si vedono ancora alzarsi colonne di fumo causate dagli incendi appiccati dai jihadisti, che quindi sembrano ancora presenti. In particolare, i curdi non sono ancora riusciti a prendere il controllo del principale villaggio cristiano della regione, quello di Bartella. La tv curda Rudaw sottolinea, invece, che a sud le forze dell’esercito di Baghdad sono costrette ad avanzare lentamente, villaggio dopo villaggio, per bonificare gli abitati dagli esplosivi lasciati dai jihadisti in ritirata, per la presenza di cecchini e per il pericolo di attacchi suicidi. “Questa offensiva non è una passeggiata verso Mosul, ma una lenta avanzata”, sottolinea l’emittente. Le forze curde, le principali sul fronte di Al Jazer, 17 chilometri a nord-est di Mosul, starebbero attaccando l’Isis proprio a Bartella. Nel fronte del sud, le truppe irachene hanno ora circondato la città di Al Zawiya, in vista dell’attacco della regione di Al Shura, bastione dell’Isis.
Di fatto il punto della prima giornata di operazioni non è ancora chiaro. Amin Shekhani, maggiore dell’esercito iracheno, ha confermato che nelle ultime ore un soldato è morto e altri due sono rimasti feriti in un’operazione a sud in cui sono stati uccisi 10 jihadisti. Ieri, secondo la tv satellitare Al Jazeera, sono morti nei combattimenti anche cinque Peshmerga, mentre per Rudaw i combattenti curdi che hanno perso la vita sono 11.
Proseguono, invece, i bombardamenti aerei della coalizione internazionale e dell’aviazione irachena sul fronte di Al Jazer. Il primo ministro turco Binali Yildirim ha riferito che le forze dell’aviazione turca sono coinvolte nei raid. Un appoggio che, se fosse confermato, potrebbe alimentare ulteriori tensioni. Haidar Al Abadi è tornato a chiedere ad Ankara di ritirare le sue truppe da Bashiqa, città nel nord del Paese dove vengono addestrati migliaia di miliziani iracheni sunniti, affermando che “l’Iraq non è assoggettato da Ankara”. Il primo ministro iracheno ha parlato durante un incontro con i diplomatici accreditati a Baghdad per riferire loro dell’offensiva lanciata lunedì dalle forze lealiste. Offensiva alla quale, ha ribadito il premier, la Turchia non deve partecipare.
Intanto il portavoce del governo, Saad Al Hadithi, ha sottolineato che sono falliti i colloqui svoltisi ieri a Baghdad con una delegazione di Ankara per cercare una soluzione alla crisi. Oggi migliaia di persone hanno inscenato una manifestazione ostile davanti all’ambasciata turca a Baghdad rispondendo a un appello del leader sciita radicale Moqtada al Sadr.