In un'intervista al Corriere della Sera, l'ex presidente del Consiglio si schiera contro la riforma della Costituzione nonostante lui nel 2014 abbia votato a favore: "Da tre anni opinione pubblica lubrificata con bonus fiscali, elargizioni mirate o altra spesa pubblica perché accettasse questo"
Ha votato Sì in Parlamento (una volta sola nel 2014, poi le altre due era assente “per impegni europei”) alla riforma della Costituzione, ma voterà No al referendum del 4 dicembre. L’ex commissario Ue e presidente del Consiglio Mario Monti intervistato dal Corriere della Sera ha spiegato i motivi per cui si esprimerà contro la legge Boschi, pur condividendone alcune parti come “la modifica del rapporto tra Stato e Regioni, l’abolizione del Cnel e la fine del bicameralismo perfetto”. “Dirò No alla riforma”, ha detto, “perché il vero costo della politica non è quello dei senatori, ma risiede nel combinato disposto fra la Costituzione, attuale o futura, e metodo di governo con il quale si è lubrificata da tre anni l’opinione pubblica con bonus fiscali, elargizioni mirate o altra spesa pubblica perché accettasse questo”. Quindi, “votare Sì al referendum significherebbe votare Sì al tenere gli italiani dipendenti da questo tipo di provvidenza dello Stato. Sarebbe un Sì a non mantenere con loro un rapporto da cittadini adulti o maturi nei confronti dello Stato”. E “non avrebbe senso darsi una Costituzione nuova se essa deve segnare il trionfo di tecniche di generazione del consenso che più vecchie non si può”.
L’ex leader di Scelta civica ha anche parlato degli scenari del dopo referendum: “Non vedo ragioni per cui Matteo Renzi“, ha detto, “dovrebbe lasciare in caso di una vittoria del No. Se tuttavia dovesse lasciare, non vedo particolari sconvolgimenti”. A quel punto “toccherà al capo dello Stato decidere, ma sarebbe facilmente immaginabile una sostanziale continuazione dell’assetto di governo attuale con un altro premier parte della maggioranza”. Quindi ha invitato gli italiani a votare secondo coscienza: “Se vincesse il No non sparirebbero gli investitori esteri. Se vincesse il Sì non sparirebbe ogni democrazia. E la Ue può stare tranquilla: l’Italia non rischia di cadere e di travolgere l’euro”.
Quando al contenuto della riforma Monti ha aggiunto che sarebbe stato meglio prevedere l’abolizione totale di Palazzo Madama: “Un Senato così ambiguamente snaturato, nella composizione e nelle funzioni. Meglio sarebbe stato abolirlo”. Per questo, ha continuato, “a me risulta impossibile dare il mio voto a una Costituzione che contiene alcune cose positive e altre negative, ma che – per essere varata – sembra avere richiesto una ripresa in grande stile di quel metodo di governo che a mio giudizio è il vero responsabile dei mali più gravi dell’Italia: evasione fiscale, corruzione, altissimo debito pubblico“. Infine, Monti si è anche espresso in maniera critica sulla legge elettorale fatta dal governo Renzi: “A sentire alcuni ormai sembra improponibile qualunque sistema in cui non si conosce il vincitore la sera stessa”. E ha concluso: “Per quanto mi riguarda mi sono gradualmente convinto sempre più che i problemi dell’Italia non dipendono tanto dalla forma costituzionale e dalla legge elettorale, ma da alcuni connotati fondamentali: l’evasione, la corruzione e una classe politica che usa il denaro degli italiani di domani come una barriera contro la propria impopolarità”.
Silenzio di Monti sul caos nel suo ex partito, Scelta civica. Nei giorni scorsi l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha deciso, nonostante la lettera ufficiale di protesta dell’ex presidente del Consiglio, di lasciare simbolo e nome ai “scissionisti” guidati dal sottosegretario Enrico Zanetti che hanno scelto di allaersi con i verdiniani di Ala. Monti ha abbandonato la presidenza del partito da mesi, ma ha duramente condannato la scelta e annunciato che, in qualità di fondatore, si riserverà di far valere le sue ragioni”.