L'Autority di controllo giudica equilibrato lo spazio dato al sì e al no per il referendum, salvo una sanzione al Tg4 che dal 28 settembre al 16 ottobre ha dato il 75% del tempo ai favorevoli. Anche Studio aperto sbilanciato sul "Sì". Ma su gli altri temi politici intima a tutte le emittenti nazionali di ridurre l'esposizione del presidente del consiglio e dei suoi ministri e di garantire "un adeguato contradditorio tra le diverse forze politiche". Per il premier un'ora al giorno sullo schermo
Matteo Renzi che dilaga in tv in pieno regime di par condicio costa una bacchettata a Rai, Mediaset, Sky e La7. L’Agcom ha pubblicato i dati di monitoraggio della campagna referendaria nelle prime tre settimane dall’indizione dei comizi (28 settembre-16 ottobre). L’Autorità si è riunita ieri alle 16 e dopo una seduta fiume ha reso noti i dati preso decisioni che faranno discutere, non ultimo il richiamo formale al Tg4 per il divario di tempo concesso nelle sue edizioni a favore del “sì”, a riprova forse della fiacchezza della campagna di Forza Italia già oggetto di scontro nel centrodestra. L’Agcom ha riconosciuto “un comportamento sostanzialmente equilibrato da parte di quasi tutte le emittenti” nell’attribuzione di tempi di parola e tempi di notizia ai due schieramenti. Anche se Renzi – conteggiato come istituzione (Presidenza del Consiglio) – ha parlato per oltre otto ore (di cui quasi cinque in Rai, quasi tre a Mediaset) in meno di venti giorni, più di tutte le altre istituzioni messe insieme. Che sommato al tempo delle notizie a lui destinate su tutte le reti fanno 20 ore in 19 giorni, più di una una al giorno.
Si può poi sindacare che i Tg della Rai hanno dato tutti, chi più chi meno, uno spazio maggiore al “Sì”. I tempi di antenna (cioè di notizia + parola) parlano chiaro: il Tg3 ha regalato minuti preziosi ai favorevoli, in percentuale il 48,1% contro il 43,1%. Sette punti in più li regala il Tg2 mentre il Tg1 sembra più equilibrato (45,4-44,7). Anche RaiNews, la rete a maggior indice di servizio pubblico, risulta sbilanciata a favore della riforma: il suo tempo di antenna al “Sì” è stato di 5 ore 47 minuti (45%) contro poco più di cinque al “no” (44,7%).
Nell’emisfero delle emittenti private non va diversamente, salvo La7. Mediaset sembra tifare per il governo e la sua riforma. Il Tg4, come detto, viene richiamato perché il tempo di parola a favore del “Sì” tocca il 72,7% contro un misero 24,9% dedicato alle ragioni del “no”. Anche Studio Aperto tifa “Sì”: 50,1% del tempo di parola contro il 43 al “no”. Si dimostra più imparziale il Tg5 (45,1%-48,9). Cairo e La7 fanno il contrario: al no la rete dedica il 50% del suo tempo mentre al “sì” concede il 40-41%.
Le 110 pagine zeppe di tabelle di dettaglio su spazi e tempi concessi in regime di par condicio da Referendum. Il punto però è cosa succede quando l’oggetto delle trasmissioni non è il referendum e tuttavia l’ospite ne è il testimonial per eccellenza. Allora il conteggio si fa più complicato e il rischio di debordare rispetto all’imparzialità imposta per legge rilevantissimo. Non a caso Agcom ha – recita il comunicato – “ravvisato l’esigenza di limitare la presenza dei rappresentanti del Governo e del Presidente del Consiglio alla necessità di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione (ex legge 515/93) – fatta salva l’attualità della cronaca e dell’agenda politica – dall’altra, quella di garantire un adeguato contraddittorio tra le diverse forze politiche. Conseguentemente, l’Autorità ha adottato dei provvedimenti di richiamo nei confronti di Rai, Mediaset, Sky e La7”.
L’Autorità ha, inoltre, rivolto una raccomandazione generale a tutte le emittenti ad ampliare il tempo dedicato all’argomento referendario, un modo elegante per rispondere agli esposti presentati dal M5S e da Forza Italia contro la RAI, “ritenendo – si legge – il primo riassorbito dal provvedimento di richiamo sul pluralismo informativo dei soggetti politici e istituzionali e adottando un secondo provvedimento nei confronti di RAI3 finalizzato al rispetto dell’art. 8 del Regolamento della Commissione di vigilanza”.