Ignazio Majolino, responsabile di un progetto italiano per la creazione di un centro per trapianti di midollo osseo: "Le centinaia di migliaia di persone che fuggiranno dalla città dovranno essere sottoposti a un triage, un interrogatorio per capire se hanno militato in gruppi affiliati all'Isis o no. Né le forze militari impegnate nella liberazione della città né le organizzazioni umanitarie si sono organizzate per questa operazione. E nessun Paese si prenderà facilmente il rischio di mettersi in casa gente che ha combattuto tra le file di Daesh"
Otto in pochi mesi. I trapianti di midollo possono essere una pratica comune o poco più di una speranza, a seconda del meridiano o del parallelo all’ombra del quale ci si trova. C’è un team di medici italiani che li effettua nel Kurdistan iracheno. Lavorano a Sulaymaniyya, li guida Ignazio Majolino. “E’ un progetto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo – spiega al telefono – lavoriamo all’Hiwa Hospital, l’ospedale oncologico. L’obiettivo è quello di creare un centro per trapianti di midollo osseo per curare, oltre alla leucemia, anche la talassemia molto diffusa in queste aree. Abbiamo un programma di trapianti che sta dando ottimi risultati, ne abbiamo effettuati 8 in pochi mesi”.
I venti di guerra di Mosul arrivano fin lì?
“Quello di Sulaymaniyya è un contesto di assoluta tranquillità, lontana 300 chilometri da Mosul, distante dai territori sotto il controllo di Daesh, in cui non si sono verificati episodi di guerra o terrorismo”.
Qual è la situazione dei profughi nell’area?
“Intorno alla città ci sono tre grossi campi profughi in cui vivono circa 15mila persone. Sono in gran parte siriani e iracheni fuggiti da diverse aree del Paese. Altre 15mila sfollati sono riusciti a integrarsi a Sulaymaniyya, città da 2 milioni di persone, che ha beneficiato dello sfruttamento dei giacimenti petroliferi ed è riuscita ad assorbirli nel proprio tessuto sociale. Alcuni sono riusciti ad aprire piccole attività economiche. Non tutti gli sfollati sono poveri, una parte di loro porta con sé nella fuga risorse da investire”.
Sulaymaniyya potrebbe essere interessata dal probabile esodo da Mosul?
“Difficilmente noi saremo in contatto con fenomeni di questo tipo. Quelli che arrivano qui sono in gran parte persone provenienti dalla Siria o da altre aree dell’Iraq. Le organizzazioni internazionali dicono che a Mosul ci sono un milioni e mezzo di potenziali profughi. A riceverne il maggior numero saranno probabilmente le aree di Dohuk e di Erbil. Il problema sarà il dopo: parliamoci chiaro, nessuno li vorrà“.
Si spieghi meglio.
“Le centinaia di migliaia di persone che probabilmente fuggiranno dalla città dovranno essere sottoposti a un triage. Non donne e bambini, ma ragazzi e uomini adulti dovranno essere interrogati per capire se hanno militato in gruppi affiliati allo Stato Islamico o no. Il problema è che nessuno si è organizzato per questa operazione, necessaria ad operare una prima scrematura. Manca un accordo tra le forze militari impegnate nella liberazione della città e le organizzazioni umanitarie. Non c’è stata alcuna pianificazione“.
In quali strutture dovrebbe avvenire questa operazione?
“Probabilmente nei campi di accoglienza presenti nei dintorni di Mosul. In ogni caso è chiaro che nessun Paese si prenderà facilmente il rischio di mettersi in casa gente che ha combattuto tra le file di Daesh”.
Sarà necessario anche un triage di tipo medico?
“Bisognerà monitorare la situazione. Tra due mesi qui sarà inverno e farà molto freddo. E’ probabile che senza un piano chiaro l’arrivo dell’inverno comporterà anche problemi sanitari”.